Case in balle di paglia: il parere dell’esperto di costruzioni in paglia

L'intervista all'esperto di case in balle di paglia

Da alcuni anni sentiamo parlare di case costruite in balle di paglia e per informare i nostri lettori, addetti e non ai lavori, ci siamo posti alcuni quesiti sui vantaggi e svantaggi, curiosità e prospettive di questa tecnologia costruttiva, tra tradizione e innovazione. Abbiamo posto le domande ad un professionista del settore, l’architetto piemontese Antonio Salvatore, fondatore del laboratorio torinese di autocostruzione “Terra Terra”, si occupa di progettazione architettonica sostenibile (energeticamente e socialmente) e ha partecipato ad Arcosanti, progetto di Paolo Soleri, una città “esperimento” in cui architettura ed ecologia si fondono in un tutt’uno. 

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Pietra di Luserna: la raffinatezza di un materiale naturale della tradizione

La Pietra di Luserna è un materiale naturale impiegato da secoli come elemento di finitura per pavimentazioni, murature e coperture grazie alla sua riconosciuta bellezza e alla raffinatezza della sua superficie. Piemontese di origine, la pietra viene ricavata da cave presenti nelle Prealpi Cozie del Piemonte fin dal XVII secolo e rappresenta per quel territorio un’importante risorsa economica oltre che la cifra stilistica dei più bei palazzi reali di Torino, Racconigi e Venearia Reale.

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Le case con i tetti di alghe nell’architettura vernacolare e moderna

Paul Olivier, storico dell’architettura inglese ed autore del libro “The Encyclopedia of Vernacular Architecture of the World” scrive: “L’architettura vernacolare si può definire come il linguaggio architettonico delle persone, composto da dialetti etnici, regionali e locali.”  Questo è perfettamente dimostrato dalla tradizione costruttiva dell’isola di Læsø, dove le alghe raccolte sulla spiaggia vengono impiegate sui tetti.

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Le case con i tetti di alghe nell’architettura vernacolare e moderna

Paul Olivier, storico dell’architettura inglese ed autore del libro “The Encyclopedia of Vernacular Architecture of the World” scrive: “L’architettura vernacolare si può definire come il linguaggio architettonico delle persone, composto da dialetti etnici, regionali e locali.”  Questo è perfettamente dimostrato dalla tradizione costruttiva dell’isola di Læsø, dove le alghe raccolte sulla spiaggia vengono impiegate sui tetti.

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A Venezia l’ESBG2017, l’evento dedicato all’architettura in paglia

Appassionati delle costruzioni in paglia, segnate in agenda queste date! Dal 15 al 19 giugno 2017 Venezia ospiterà l’ESBG2017, il più importante incontro internazionale dedicato ai professionisti dell’architettura in paglia. A curare il convegno sarà PromoPaglia, associazione italiana che promuove l’impiego di questo materiale naturale in edilizia.

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7 possibili usi della canapa

La canapa si presta a molteplici usi. Se caratteristiche e proprietà di questo materiale sono già piuttosto note nel settore della bioedilizia, non si può dire lo stesso per tutti i campi di impiego in cui la canapa si sta affermando come materiale innovativo. In questo articolo abbiamo individuato ben 7 usi diversi della canapa.

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L’arte della tessitura italiana

L’industria tessile italiana ha una storia che affonda le proprie radici nel Medioevo. Già nel tardo Medioevo infatti, la supremazia dell’Italia nell’arte della tessitura era riconosciuta in tutta Europa. Tra il 15° e il 19° secolo la crescita dell’industria tessile di Francia, Inghilterra ed altri paesi europei ha fatto perdere mercato alla produzione italiana, che si è risollevata, dando nuova ricchezza al comparto, nel 20° secolo quando soprattutto l’industria del cotone ha conosciuto la sua massima prosperità.

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Progetti in paglia per un’edilizia più sostenibile

I progetti in paglia si stanno configurando come la nuova frontiera delle costruzioni sostenibili. Attualmente l’industria edilizia è una grande fonte di inquinamento. I ricercatori del Centre for Innovative Construction Materials (BRE CICM – University of Bath) sono alla ricerca di alternative a basse emissioni di carbonio per sostituire in maniera sempre più efficiente i materiali da costruzione attualmente utilizzati nei progetti di edilizia e bioedilizia.

TUTTI I VANTAGGI DELLE COSTRUZIONI IN PAGLIA

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Ad esempio si stima che, in tutto il mondo, la produzione del cemento contribuisca al 10% di tutte le emissioni di CO2. Molte industrie stanno cercando una serie di materiali da costruzione, tra cui la paglia e i materiali vegetali come alternative base per la costruzione e nuovi impieghi innovativi, che utilizzino un basso tenore di anidride carbonica, rispetto ai cementi, per ridurre l’impatto ambientale.

Edifici commerciali, residenziali ed industriali sono responsabili del 49% del consumo energetico mondiale. La maggior parte di questa energia utilizzata per il loro funzionamento può essere ridotta con l’ausilio di sistemi e tecnologie ad alta efficienza. Secondo Navigant Research, che redige il Global Building Stock Database, il patrimonio immobiliare mondiale è destinato a passare da poco più di 150 miliardi di metri quadrati, a oltre 170 miliardi di metri quadrati entro il 2024. Gli stati trainanti saranno la Cina (nonostante il fenomeno di forte rallentamento dell’ultimo periodo) gli Stati Uniti e l’Europa Occidentale.

Con il continuo depauperamento delle risorse, aumenterà però la richiesta di progetti di edifici più piccoli e a basso costo, ma soprattutto ad alta efficienza energetica.

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La paglia per un’edilizia più sostenibile

Oltre ad avere una bassa impronta ambientale, un materiale come la paglia offre alcuni vantaggi come un migliore livello di isolamento termico, una migliore regolamentazione del livello di umidità, un miglior livello di comfort acustico…

Lo scopo principale di una costruzione in balle di paglia è l’efficienza; più è piccolo e tanto è più comodo e facile da costruire. Il tempo dedicato al progetto è fondamentale, più sono grandi gli edifici, maggiore è il tempo da impiegare per curare i disegni e i particolari che lo rendano efficiente.

La compattezza dello spazio racchiuso dai muri in paglia, permette di concentrare in un luogo tutte le funzioni utili, anche per aumentare la facilità di costruzione.

caption: Felix Jerusalem Stroh Haus, Zurigo.

Come in una casa passiva, per un buon rendimento, conviene progettare l’edificio esponendolo lungo l’asse Est-Ovest, fornendo una buona esposizione per il basso sole invernale con una percentuale finestrata maggiore a Sud cercando di moderare la dimensione delle aperture verso le altre esposizioni. Un maggior numero di vetrate a Sud richiede una maggiore massa termica all’interno del fabbricato per riuscire ad accumulare un quantitativo adeguato di calore.

Gli edifici in paglia non dipendono da materiali ad alto dispendio energetico e non richiedono lavoro specializzato o complessi meccanismi industriali di realizzazione; questo fattore è incisivo perché rende questa tecnologia accessibile a molte persone.

Gli edifici in paglia in Italia

Molte delle moderne strutture in paglia, soprattutto in Italia, come indicato dalle Norme Tecniche per le Costruzioni, devono essere realizzate con sistema Non loadbearing, il sistema Post and Beam (trave e pilastro). Tutte le costruzioni in paglia (che dalle stesse norme non viene considerato come materiale da costruzione), sul suolo nazionale, devono prevedere uno scheletro strutturale che trasferisca i carichi di esercizio e i carichi permanenti alle fondazioni. Questo scheletro può essere realizzato in legno, acciaio o calcestruzzo. La paglia però viene considerata un materiale caldo, e a contatto con i cosiddetti materiali freddi porterebbe inevitabilmente a marcescenza e al deperimento dell’apparecchio murario.

Negli Stati Uniti, la paglia può essere utilizzata come materiale con funzione strutturale (metodo loadbearing). Nonostante il sistema Post and Beam fornisca alcuni vantaggi come la maggiore flessibilità, la possibilità di usare ballette meno dense o di inserire aperture più frequenti all’interno della superficie opaca di tamponamento, questo risulta più dispendioso, in termini economici, di materiali e di forza lavoro per la costruzione rispetto al metodo con balle di paglia portanti (loadbearing)

Il progetto di un Pod in paglia

A Coazze (Torino), lo staff di Naturalmente Paglia ha realizzato un Modulo Abitativo Ecologico in paglia. In questo piccolo Pod sono stati applicati i principi di economia e modularità, abbinati all’uso di materiali naturali come il legno (per la struttura), la paglia (per il tamponamento) e l’argilla (per i rivestimenti interni). Pensato inizialmente come struttura mobile, realizzato su un vecchio carrello di trattore, il Pod si poggia su gabbioni metallici riempiti da pietrisco. Questi elementi sono un forte esempio di come si possano coniugare efficienza, economia e salubrità. Punto di forza di questo Pod è il reperimento dei materiali che lo compongono.

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Il team di progetto, costituito da giovani professionisti che lavorano con grande passione sui temi della progettazione biocompatibile ed ecologica, incentrano la loro attenzione sulla salute delle persone, cercando, ove possibile, di fare largo uso di materiali naturali. Ogni elemento utilizzato per la sua costruzione proviene da una zona immediatamente vicina al sito di progetto/realizzazione. Grande punto di forza per progetti in paglia, risulta essere l’autocostruzione. Molti edifici infatti sono concepiti per essere realizzati da persone non specializzate, sotto la supervisione di almeno un professionista che abbia presenziato ad almeno due cantieri costruiti attraverso autocostruzione.

Prima di spendere tempo per sviluppare un progetto dettagliato, bisogna considerare le caratteristiche rilevanti del progetto. Bisogna in primo luogo informarsi sul reperimento delle balle di paglia (vicinanza dal sito di progetto, produzione, dimensione), allo stesso tempo bisogna esplorare la situazione normativa del sito di intervento. Una parte di questa fase preliminare è atta a considerare la possibile opzione di fondazione che coniuga dati geologici, climatici, stabilità del terreno, dati idrogeologici e proprietà dell’edificio che si vuole progettare.

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Pulizia dei pavimenti in pietra naturale

Le pietre naturali, seppure molto resistenti agli agenti atmosferici, possono risultare attaccabili dallo sporco. Si tratta di una caratteristica che varia in funzione della porosità della pietra (pietre più porose si sporcano con più facilità mentre quelle meno porose sono più sensibili allo sporco), e a cui si fa fronte detergendo la superficie con regolarità.

L’operazione di pulizia dei pavimenti e delle superfici in pietra non è affatto complessa ma va eseguita con cura per evitare di danneggiare il materiale. Detergenti troppo aggressivi o poco adatti rischiano di rendere il pavimento opaco.

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I NEMICI DEI PAVIMENTI IN PIETRA NATURALE

I prodotti acidi sono sicuramente i peggiori nemici delle superfici di pietra naturale: rischiano di corroderla, rovinandola. Tra i prodotti acidi da evitare sono inclusi l’alcool, il limone e l’aceto, spesso utilizzati per le pulizie domestiche ed erroneamente impiegati per smacchiare le superfici in pietra: il loro PH acido ne mina la brillantezza e ne danneggia la lucidatura.

L’acido fluoridrico è un’altra sostanza da evitare: non è adatto per molti tipi di pietre poiché è capace di sciogliere il quarzo che compone i silicati (contenuto in alcune pietre). La capacità dell’acido fluoridrico di sciogliere il quarzo è tale che viene utilizzato in oreficeria per evidenziare l’oro nascosto in formazioni di quarzo.

I prodotti anti-calcare sono altri nemici delle pietre. Il motivo è semplice ed è da riscontrare nalla composizione di marmi, travertini, ardesie, onici, quasi interamente costituiti da calcare. L’utilizzo dei prodotti anti-calcare su questo tipo di pietre causerebbe la formazione di cavità dovute allo scioglimento della calcite in esse contenuta.

LE CARATTERISTICHE DEI DETERGENTI PER LE PIETRE NATURALI

Chiarite quali sono le sostanze bandite, con l’aiuto degli esperti di EuroPietre, abbiamo analizzato le caratteristiche dei prodotti più idonei per la pulizia dei pavimenti in pietra naturale.

Detergenti neutri: sono i migliori da utilizzare perché non macchiano la pietra e riescono a pulirla ugualmente in profondità. Per detergenti neutri si intendono quelli con PH 7.

Prodotti a base alcalina, come ammoniaca e candeggina: seppure solo in casi estremi, di macchie particolarmente persistenti, è possibile utilizzare ammoniaca e candeggina, che sono basiche, per smacchiare marmi e le rocce calcaree. Meglio applicarle diluite in abbondante acqua e a spruzzo o pennello sulla superficie da pulire.

Avvertenze particolari:

  • Il test del prodotto: nonostante si sia sicuri di aver selezionato il prodotto per la pulizia più idoneo, è sempre importante, prima dell’utilizzo sull’intero pavimento, su una piccola superficie per accertarsi che non la danneggi.
  • Il risciacquo: dopo aver utilizzato qualsiasi tipo di prodotto su una superficie in pietra naturale, è importante pulirla con abbondante acqua.
  • La manutenzione: è sicuramente la difesa più efficace contro il deterioramento delle pietre. Quella di detergere quotidianamente con acqua (a pressione per gli esterni) i pavimenti, è l’operazione che più ne preserva la bellezza e resistenza.
  • La protezione: cere, prodotti antigraffi e resine ecologiche applicate con le dovute accortezze sono in grado di preservare il pavimento in pietra dallo sporco e dall’usura del tempo.

N.B.: Si tratta di indicazioni valida ma da affiancare sempre dal consiglio del fornitore. 

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Costruire con la paglia: vantaggi e costi

La crisi delle costruzioni e l’avvento delle più moderne forme di architettura sostenibile ed ecocompatibile hanno portato a riscoprire antichi materiali ritenuti erroneamente poco validi e di conseguenza dimenticati, tra cui la paglia.

La paglia è un materiale naturale il cui utilizzo contribuisce ad ottenere ambienti salutari e naturali, privi di inquinanti abitualmente presenti tra le mura domestiche. La tendenza a realizzare edifici sempre più sigillati con lo scopo di limitare le dispersioni termiche, limita la ventilazione degli ambienti ed impedisce ai Composti Organici Volatili (VOC), elementi tossici presenti tra l’altro nelle finiture e nei prodotti usati per la cura della casa (detersivi, spray, vernici, colle dei mobili, solventi ecc.) di disperdersi.

CASE IN PAGLIA A KM 0: UN ESEMPIO IN UMBRIA

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Bisogna anche considerare però che come diceva Paracelso, medico svizzero del Rinascimento: “tutte le sostanze sono tossiche; solo la dose fa la differenza tra un veleno ed un medicamento”.  Nessun allarmismo quindi, ma uno studio condotto dall’Indoor Environment Management Branch, teso a determinare il rapporto indoor/outdoor tra le concentrazioni e le esposizioni relativamente a diversi inquinanti dell’aria, ha supportato l’ipotesi che l’esposizione indoor alla maggior parte degli inquinanti considerati supera notevolmente quella outdoor; le concentrazioni indoor riscontrate sono generalmente da 1 a 5 volte maggiori e l’esposizione indoor è da 10 a 50 volte superiore all’esposizione outdoor.

Ecco che quindi, tra le principali fonti di inquinamento indoor compaiono anche i materiali da costruzione, gli arredi  (es. mobili fabbricati con legno truciolare o trattati con antiparassitari, moquettes, rivestimenti), colle, adesivi e solventi e la cattiva manutenzione dei sistemi di condizionamento, che possono divenire terreni di coltura per muffe ed altri agenti biologici, diffondendoli nell’intero edificio.

Le case di paglia si configurano quindi come la potenziale “nuova” frontiera del costruire sostenibile e “salutare”.

Già negli Stati Uniti furono realizzate nella seconda metà del 1800 le prime case di paglia con balle al posto dei mattoni dai coloni bianchi che pensarono di utilizzare il materiale di scarto delle loro coltivazioni di grano non avendo a disposizione altri materiali per realizzare le loro case. La paglia li isolava sia termicamente che acusticamente ed essendo compressa nonché ulteriormente rivestita con intonaco, non prendeva fuoco. La copertura era in terra cruda evitando così infiltrazioni e umidità all’interno.

I costi di una costruzione in paglia

La materia prima è piuttosto economica: in genere la singola balletta di paglia pesa circa 17 kg e costa tra € 1,50 e € 3, molto meno di qualunque altro isolante. Si impiegano circa 2 ballette per costruire 1mq di muro, quindi il costo è quasi 5 €/mq di parete (intonaco escluso), a cui va aggiunta l’incidenza della struttura portante. Inoltre, nelle regioni in cui la paglia è facilmente reperibile, si risparmia sui costi di trasporto, spesso quasi azzerati. I costi per i materiali da costruzione si mantengono quindi piuttosto bassi.

Anche i costi per la manodopera per la costruzione non sono elevatissimi, anche considerando che la paglia si presta molto all’autocostruzione (la posa in opera è molto veloce ed è necessaria manodopera istruita ma non specializzata).

Anche il costo di gestione di un edificio in balle di paglia è molto più basso rispetto a un edificio tradizionale. Il vantaggio economico si nota nel tempo, risparmiando quasi il 75% dei costi energetici per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti. Nel caso poi che l’edificio sia progettato secondo i principi di bioclimatica è persino possibile portare a zero le spese eliminando gli impianti.

Piccolo esempio di questa nuova tendenza, che sta prendendo piede da qualche anno, è una casa per le vacanze di 70 metri quadri realizzata in Puglia nel territorio di Conversano in provincia di Bari.

caption: foto da specialistaenergiaverde.com

caption: barinedita.it

In questa villa non esistono spigoli, ma solo forme tondeggianti e curve. Le pareti perimetrali, con una struttura portante in legno, sono state realizzate con un tamponamento in 120 balle di paglia di 40 centimetri per 40 rivestite dall’esterno con cinque centimetri di terra cruda sabbia e calce posati a strati alternati ed all’interno da terra cruda e calce.  I vani (cucina, due camere da letto ed un bagno) seppur piccoli, sono ariosi e ben illuminati. Rami di ulivo intrecciati e riempiti di paglia con rivestimento in terra cruda e calce fungono inoltre da protezione sulle finestre.

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Tessuti sostenibili e naturali per l’arredamento

Un tessuto è un manufatto a superficie piana, sottile e flessibile ed è il risultato finale delle diverse combinazioni di materie prime (fibre tessili naturali, artificiali o sintetiche) e armature (Tela, Panama, Saia, Batavia, Raso ). I principali tipi di tessuto sono: Batista, Bisso, Broccatello, Broccato classico, Chintz, Cretonne, Damasco, Damascato, Floccato, Denim, Drill, Fiandra, Gabardine, Garza, Gobelin, Goffrato, Lampasso, Madras, Moirè, Metelassè.

I TESSUTI PIÙ NATURALI ED ECOLOGICI

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In generale, le principali sostanze chimiche problematiche per la salute nell’industria tessile sono: carrier alogenati, coloranti azoici (che possono liberare ammine aromatiche cancerogene) e allergenici, candeggianti ottici, agenti di finissaggio, idrorepellenti, antimacchia, ritardanti di fiamma (tra questi i migliori sono i sali di boro che sono innocui per l’uomo e problematici solo in fase di smaltimento), antimicrobici, ammorbidenti, formaldeide, metalli pesanti, antiparassitari, pentacloro e tetraclorofenoli. Questi ultimi, conosciuti come pcp e tcp, hanno proprietà antibatteriche e antimuffa nei trattamenti di fibre naturali o per protezione di manufatti tessili durante il magazzinaggio ed il trasporto. Essi sono vietati o soggetti a limiti molto restrittivi, andrebbero sostituiti con prodotti simili ma non tossici; pericoli provengono dai prodotti provenienti da paesi extraeuropei, in cui non sono vietate queste sostanze, o da materiali tessili riciclati. Per difenderci, dobbiamo leggere attentamente l’etichetta, diffidare dai prodotti che ne sono sprovvisti, lavare e ventilare i tessuti prima di utilizzarli eliminando così alcune delle sostanze chimiche presenti (se lavandoli perdono colore, rilavarli fino a che si stabilizzano). Va anche detto che molte di queste sostanze sono pericolose soprattutto in fase di lavorazione e di fronte al prodotto finito il rischio di tossicità o allergia dipende dalla predisposizione della singola persona e dalla facilità di cessione.

Per valutare un tessuto dal punto di vista eco-bio, bisogna anche andare ad esaminare le materie prime utilizzate.

  • Fibre tessili naturali: le fibre naturali possono essere animali (lana, seta, peli diversi, bisso), vegetali (cotone, lino, canapa, juta, cocco, paglia, ramiè, sisal, ginestra, ibisco, manila, bamboo, kapok)e minerali (amianto, lana di vetro, fili metallici). 

  • Tecnofibre: racchiudono fibre tessili artificiali, se prodotte a partire da polimeri organici di origine naturale (cellulosiche come rayon, modal, cupro, acetato, triacetato, Lyocell, gomma o caucciù, viscosa; proteiche come merinova, vicara, ardil), fibre tessili sintetiche, se prodotte da polimeri di sintesi (acrilico, modacrilico, poliammide, poliestere, polipropilene, polietilene, clorovinile, poliuretano, teflon, aramidiche) e fibre tessili inorganiche, se prodotte da minerali o sostanze inorganiche (vetro tessile, fibra di carbonio, basalto,metalliche, metallizzate).

LE FIBRE NATURALI 

Lana di pecora

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Materia prima rinnovabile e riciclabile con un bassissimo bilancio energetico, la lana di pecora presenta alta igroscopicità e traspirabilità. Si presenta come materiale morbido, caldo e difficilmente sgualcibile. Può essere filata con il processo cardato o pettinato (più fine e costoso del primo). La qualità della fibra (lunghezza, finezza, elasticità) dipende dalla razza e dalla provenienza della pecora, nonché dal periodo in cui viene tosata. La lana deve essere trattata con insetticidi. È possibile l’uso di sali e prodotti antitarme a base di urea e sali di boro per incrementare la resistenza al fuoco che in genere è di classe 2. L’uso di sostanze antitarma a base di cloro può dare dei problemi in caso di incendio ed in fase di smaltimento. Esiste inoltre la possibilità di allergie sia durante la lavorazione che con l’utilizzo del prodotto finito. Il costo ambientale in termini di trasporto è alto dal momento che la maggior produzione di lana vergine si trova in Nuova Zelanda. Il costo di lavorazione è modesto ma l’offerta mondiale di lana supera la domanda, quindi il sovrappiù viene incendiato o interrato come concime. Questa fibra, oltre che come coibente naturale, può essere utilizzata negli interni, spesso in abbinamento ad altri materiali sintetici, per coperte, divani, cuscini, tende, tappeti, moquette. Quest’ultima è poco consigliabile dal punto di vista biocompatibile dal momento che raccoglie molta polvere ed è difficilmente pulibile, contribuendo così ad incrementare l’inquinamento indoor.

Seta

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Fibra proteica di origine animale che dà luogo a tessuti pregiati, lucenti, morbidi. La seta è ideale per tende, cuscini, sofà, rivestimenti di pareti. Si tratta di un materiale robusto ed elastico, nonostante l’apparente delicatezza. Per valutarne la qualità dobbiamo studiarne la composizione dal momento che spesso viene mischiata a lana o a fibre sintetiche per migliorarne la resistenza. Altre caratteristiche sono rappresentate dal minimo spessore, che le conferisce leggerezza e comodità, dalla resistenza alle deformazioni e dalla qualità di buon isolante (caldo d’inverno e fresco d’estate). Non resiste alla luce solare e si macchia con il sudore. È anallergica. Nel campo dell’arredamento, esistono vari tipi di questo materiale:

  • Seta Cotta (o Sgommata) significa che ha subito un profondo lavaggio con acqua calda per eliminare una sostanza chiamata sericina, divenendo maggiormente lucente, flessibile e morbida rispetto alla seta cruda.
  • Seta Bourette: deriva dagli scarti della lavorazione di pettinatura delle fibre più lunghe ed ha un aspetto opaco, filato grosso e irregolare.
  • Seta Shappe: si produce con i bozzoli danneggiati ed è ottenuta dalla lavorazione dei cascami più lunghi. Finitura opaca e morbida consistenza.
  • Seta Tratta: prodotto bianco opaco, ruvido. Presenta difficoltà nell’ottenere colori uniti.
  • Seta Tussah: è un tessuto selvatico, ottenuto con un filato grezzo  struttura irregolare. È di colore marrone ma può subire un processo di sbiancamento fino al colore ecrù o crema. Questo tipo di seta è più spesso e meno lucente ed i colori producono un effetto frammentato.
  • Seta Shantung: originariamente era un tessuto rarissimo di seta selvaggia (tussah) derivante dalla bava doppia, prodotta da due bachi che formano il bozzolo insieme. Dall’aspetto rustico, pesante, opaco, ruvido, fiammato e irregolare. Colore unito, spesso in tonalità sgargianti. Oggi con questo nome si indicano tessuti di peso vario in seta, cotone o altre fibre (anche sintetiche) che ne riproducono artificialmente l’aspetto rustico con filati che inglobano cascami per imitare la fiammatura e la bottonatura.

Cotone

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si tratta di una fibra naturale vegetale che viene ricavata dal fiocco di fibre che emergono dalle capsule del fiore quando giungono a maturazione. Composto per il 95% di cellulosa, è difficilmente attaccabile da insetti, è leggero, morbido ed assorbente. La fibra di cotone, meno robusta del lino, non si usura ma si strappa; è poco elastica e pertanto si sgualcisce. I lavaggi frequenti e l’esposizione al sole tendono a scolorire i tessuti di cotone. Si tratta di un tessuto generalmente anallergico e non presenta sostanziali problemi per la salute. Si può escludere l’inquinamento in fase di utilizzo. La coltivazione di cotone assorbe il 20% del consumo mondiale di prodotti chimici per l’agricoltura. Il riciclaggio è senza dubbio possibile. Dal momento che brucia facilmente, spesso per aumentare le sue caratteristiche di resistenza al fuoco viene trattato con sostanze ignifughe come borace. Questo rende problematici il compostaggio e lo smaltimento in discarica. Il cotone viene utilizzato per la biancheria da casa ma anche per  divani e tendaggi, spesso si trova in abbinamento ad altri tessuti per migliorarne elasticità e resistenza. A livello biocompatibile bisognerebbe fare attenzione ai materiali riportati sull’etichetta e privilegiare i prodotti con la più bassa percentuale di tecnofibre, meglio se al 100% naturali. I principali produttori di cotone nel mondo sono: Cina, America, India, Pakista, Uzbekistan. Il cotone biologico, ancora molto caro, viene ricavato da piante coltivate senza l’uso di pesticidi e le tinte utilizzate sono ricavate da prodotti vegetali al 100%.

Lino

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È una fibra naturale del regno vegetale che si ricava, attraverso la macerazione degli steli (grazie alla quale avviene la separazione delle fibre tessili dai residui legnosi e quindi la pettinatura che elimina le impurità), dalla pianta omonima; quest’ultima è una panta erbacea annua composta essenzialmente di cellulosa. Dai semi si ricava l’olio, con cui si preparano molte vernici ecologiche tramite cottura a 100°C e insufflaggio d’aria.  I problemi per la salute non ci sono se non durante l’uso degli insetticidi sulle coltivazioni. Si tratta di un materiale rinnovabile e riciclabile. Il trasporto comporta dispendio energetico solo se il lino proviene da lontano, ma attualmente esiste una raccolta di cascami anche in Europa. Il lino presenta buone caratteristiche isolanti, non si deteriora e, attraverso il trattamento con sali di boro, aumenta la propria resistenza al fuoco. Inoltre, non provoca allergie, assorbe l’umidità e lascia traspirare la pelle: pertanto è indicato, in arredamento, per lenzuola, tovaglie, asciugamani e fazzoletti, nonché per divani e tendaggi, dove però è difficile trovarlo al 100%. Le fibre di lino infatti si mescolano spesso a cotone, lana, seta, viscosa e poliestere e questi filati di mischia permettono di ottenere molti tipi di tessuto. La combinazione di due fibre consente di avere una “mano” diversa, cioè una consistenza ed un aspetto diversi rispetto a quelli ottenuti con filati semplici. Molto resistente, soprattutto se bagnato, può essere lavato moltissime volte senza alterarsi, anzi diventa sempre più morbido. Ha bassissima elasticità, pertanto i tessuti in lino non si deformano. Molto utile in cucina usato come canovaccio in quanto, non essendo peloso, non lascia peli su piatti e bicchieri. Il lino di migliore qualità, sia per morbidezza che per resistenza, è quello biancastro.

Canapa

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Fibra tratta dal fusto della pianta omonima, risulta essere un ottimo prodotto dal punto di vista ecosostenibile e biocompatibile. Presenta notevoli caratteristiche di isolamento termico e acustico, risulta avere buona stabilità nel tempo e resistenza all’umidità e non viene attaccata da insetti. Fin da epoche preistoriche viene utilizzata per la realizzazione di tessuti (oltre che per vele, carta,corde). La canapa ha uno dei più alti tassi di crescita di tutta la zona temperata, la ricrescita è annua e la pianta è coltivabile per anni sullo stesso terreno ed è resistente agli infestanti. In fase di lavorazione non presenta particolari rischi per la salute e l’impatto sull’ecosistema è migliore rispetto a quello del cotone; inoltre, viene utilizzata l’intera pianta, evitando così sprechi. Spesso si trova combinata con fibre di poliestere. Il fabbisogno energetico complessivo è estremamente ridotto, il riciclaggio è sempre possibile ed il compostaggio solo per la canapa pura. Questo tessuto è inoltre molto resistente allo sporco, in grado di respingere il 95% dei raggi ultravioletti. Lo possiamo utilizzare per ambientazioni rustiche o etniche, ma anche molto moderne in ambienti domestici o negozi e temporary shop. Gli utilizzi spaziano da tende e tappeti fino a cesti e biancheria per la casa.

Cocco

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Si tratta di fibre altamente traspiranti, resistenti all’umidità e inattaccabili da muffe, insetti, batteri. La resistenza al fuoco è di solito aumentata passando da facilmente a normalmente infiammabile, come per le altre fibre naturali, grazie all’utilizzo di sali di boro. Il dispendio per il trasporto è elevato ma la catena di lavorazione è corta e la fibra di cocco è il sottoprodotto della lavorazione del frutto. Il riciclaggio è possibile. In arredamento si usa per stuoie e tappeti ma anche per divani, poltrone, tendaggi e rivestimenti.

Iuta

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Come per il lino e la canapa, la materia tessile per la produzione si ricava dal fusto della pianta. Il suo colore varia dal bianco al giallognolo al marrone. La lucentezza determina la sua qualità; le fibre migliori sono quelle più fini, lucenti e brillanti (dette fibre d’oro) e  possono essere usate anche per fare un tessuto ad imitazione della seta. La Iuta è una fibra dura, pertanto i tessuti che ne derivano sono ruvidi e grossolani, resistenti ma meno del lino e della canapa. È altamente igroscopica e questo ne consente la miscelazione con altri elementi al fine di migliorarne alcune caratteristiche (aggiungendo ammoniaca, ad esempio, diviene soffice e simile alla lana). La iuta si può lavorare all’uncinetto da sola o mescolata con altri filati, per realizzare, in arredamento tessile, tende, tappeti e tovaglie.

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È un materiale al 100% biodegradabile e riciclabile. È la seconda fibra vegetale più importante dopo il cotone, in termini di utilizzo, consumo globale, produzione e disponibilità. Ha un elevato carico di rottura, una bassa estensibilità, e garantisce un’alta traspirazione del tessuto. Le varietà della iuta sono la Corchorus olitorius (riflessi dorati) e la Corchorus capsularis (riflessi argentei).La migliore area produttiva mondiale per la iuta è la pianura del Bengala. Questa fibra naturale, usata da sempre per la produzione di sacchi da imballaggio, di corde e per la tessitura di tappeti, è stata gradualmente sostituita dall’uso di tessuti sintetici. Usualmente, nell’arredamento (e anche nell’abbigliamento), le sue fibre sono miscelate con altre fibre tessili, come il nylon, la lana, il cotone, il polipropilene,il rayon, che ne migliorano alcune caratteristiche come l’aspetto estetico e la versatilità. Nel campo della tappezzeria, per la casa o per gli interni di auto, viene impiegato come struttura di supporto per il linoleum. Utile anche per recuperare vecchie poltrone o divani.

Ramiè

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 È una fibra vegetale usata da migliaia di anni nell’estremo oriente, ricavata da una pianta simile all’ortica. Il suo aspetto è bianco, fine e lucente. I cinesi la utilizzavano molto tempo prima che il cotone fosse introdotto in oriente. Alla fine del XX secolo si è diffuso l’utilizzo anche in Occidente, soprattutto mista al cotone; la limitata diffusione in Occidente è da imputare principalmente ai suoi costi di lavorazione. La fibra tessile è molto lunga, è morbida, lucente, uniforme, elastica e presenta una buona resistenza alla torsione. Le fibre grezze hanno un colore bianco grigio o verdastro, le digrezzate bianco sericeo. La ramia contiene circa il 60% di cellulosa, il resto sono sostanze gommose e incrostanti; dopo il trattamento di sgommatura, il contenuto di cellulosa può arrivare sino al 95%. Resiste all’attacco di vermi, batteri e muffe; è estremamente assorbente e facilmente smacchiabile; resiste a temperature molto elevate; non restringe. Di negativo, oltre a stropicciarsi facilmente, ha la scarsa elasticità, la ridotta resistenza all’abrasione, la rigidità e la fragilità. Come le altre fibre naturali, per acquistare maggiore resistenza, in genere viene mescolata ad altre fibre naturali o sintetiche (cotone, canapa, lana, seta, viscosa, acrilico). L’utilizzo del Ramiè si concentra soprattutto su fazzoletti, tovaglie, tovaglioli.

FIBRE ARTIFICIALI

Il Rayon, chiamato inizialmente “seta artificiale” o “seta del legno” è una fibra trasparente che si ottiene dalla cellulosa. Esso assorbe l’acqua, a differenza del nylon, il che contribuisce a rendere i tessuti più confortevoli.

Il modal, fibra ottenibile sia lucida che opaca, cerca di accostarsi alle caratteristiche del cotone relative alla mano morbida e alla stabilità dimensionale. Ha una buona resistenza ai lavaggi.

Le fibre artificiali in generale non sono molto resistenti, si stropicciano facilmente, si possono restringere o allentare e necessitano perciò di trattamenti specifici. Inoltre presentano una certa facilità di tintura ma scoloriscono facilmente. Sono facilmente modellabili.

FIBRE SINTETICHE

Acrilico, poliestere, polietinene e le altre fibre sintetiche vengono mescolate con quelle naturali ottenendo tessuti morbidi, ingualcibili, molto resistenti e flessibili. A differenza di quelle artificiali non si restringono e non si stropicciano. Si ricavano quasi sempre tessuti che non hanno bisogno di essere stirati e si tingono bene. Non assorbono l’umidità e trattengono il calore del corpo, non sono indicate quindi per tessuti estivi: il sudore e il calore favoriscono l’assorbimento delle sostanze chimiche. Si possono creare prodotti dalle mille proprietà “apparenti”, in grado di soddisfare qualsiasi esigenza di estetica e versatilità a discapito però degli aspetti biocompatibili. 

Acrilico

Molto morbido e resistente ma poco elastico. Tra quelle sintetiche, l’acrilico è una fibra di qualità che non viene attaccata da tarme e muffe.

Poliestere

Prodotto leggero, ingualcibile e irrestringibile. Il poliestere si asciuga facilmente e non ha bisogno di stiratura. È una delle fibre più diffuse e sviluppate tecnologicamente. Nell’arredamento tessile lo troviamo soprattutto in tende (specialmente in quelle a pacchetto) e rivestimenti di mobili imbottiti. I tessuti di poliestere, grazie al basso coefficiente di assorbimento dei liquidi, non assorbono l’umidità, il che li rende impermeabili e resistenti allo sporco, ma non fanno respirare la pelle a causa della scarsa traspirabilità.

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Polietilene

È un prodotto del tutto idrorepellente ed è impiegato per la produzione di pettinati o per un utilizzo a fibra continua. Vengono aggiuni antiossidanti, pigmenti, antistatici, ritardanti di fiamma. Il processo di produzione è molto complesso ed energivoro. Si può riciclare e si deve smaltire attraverso incenerimento ad elevate temperature

TESSUTI INNOVATIVI

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Tra le tante novità ecologiche in termini di arredamento tessile, troviamo: fibre di banano, per biancheria da casa, letti e divani; fibre di ortica, per tappeti e rivestimenti interni; alghe, per asciugamani, tappeti e imbottiture; cheratina estratta da piume di pollo e gallina, per tessuti resistenti e leggeri; fibre di soia, per realizzare, ad esempio, coperte in cachemire vegetale e tessuti soffici, brillanti, resistenti, antibatterici, traspiranti ; tessuti in canna da zucchero e mais; caseina per tessuti morbidi, lavabili e biodegradabili, sughero, per prodotti durevoli e caldi.

Sono tanti i nuovi tessuti che cercano sempre più di raggiungere l’ecosostenibilità; a volte però si tratta di prodotti che rispettano l’ambiente ma non rispettano per forza la salute contrastando quindi l’aspetto biocompatibile. Ad esempio, bisogna fare attenzione quando ricicliamo un prodotto che originariamente era stato creato con materiali nocivi o creato prima che certe leggi venissero emanate, oppure quando ricicliamo un prodotto proveniente da un paese estero che non ha le nostre stesse norme. Le cose da sapere sono tante e spesso si deve scendere a compromessi se non si vuole impazzire tra le mille informazioni.

Altro suggerimento in tema di tessuti eco-bio è quello di scegliere tinture naturali derivanti da piante tintorie e di selezionare attentamente anche l’imbottitura di divani, cuscini e materassi.

Per progettazioni di interni ecosostenibili e biocompatibili, online o in loco, e assistenza nella scelta dei tessuti per l’arredamento potete contattarmi a info@chiarabellini.bio e visitare il mio sito:  www.chiarabellini.bio (consulenze, progettazioni complete di disegni 2d e 3d, personal shopper, home relooking).

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