Miglior padiglione dell’Expo 2015: il Regno Unito vince il premio della giuria

IN/ARCH, ANCE, CNAPPC, Federcostruzioni e OICE sotto il coordinamento di PPAN hanno lanciato il premio per “Le Architetture dei Padiglioni di Expo Milano 2015”, articolato in premio della giuria e premio del pubblico.

Sul sito è possibile votare il proprio padiglione preferito con un semplice click, tempo fino al 20 Ottobre 2015, l’esito sarà annunciato entro il 31 Ottobre. Ad oggi sembra essere in testa il Padiglione Italia progettato dallo studio Nemesi.

LA STORIA DELL’EXPO

{loadposition google1}

IL PREMIO DELLA GIURIA AL PADIGLIONE UK

Il premio della giuria, composta da Adolfo Guzzini (Presidente IN/ARCH), Claudio De Albertis (Presidente ANCE), Leopoldo Freyrie (Presidente CNAPPC), Rodolfo Girardi (Presidente Federcostruzioni), Alfredo Ingletti (Vice Presidente OICE), Gabriele Del Mese (Fondatore Arup Italia), Alessandro Cambi (SCAPE-Vincitore del Premio CNAPPC “Giovane Talento dell’Architettura Italiana 2014”) e Maria Claudia Clemente (Labics), è stato svelato il 29 settembre ed è risultato vincitore il padiglione del Regno Unito, ritenuto il più attinente al tema di Expo 2015, sia per l’interdisciplinarietà che per il risultato architettonico. Menzioni di onore sono state assegnate ai Padiglioni del Brasile, Cile e Marocco, mentre i Cluster, fuori concorso, sono stati segnalati in quanto hanno dato possibilità anche ai Paesi meno abbienti di partecipare ad una esposizione così importante.

Ma quali sono stati i punti di forza del Padiglione britannico? Scopriamolo insieme

Padiglione UK: un grande alveare

Progettato dall’artista Wolfgang Buttress insieme a BDP e costruito da Stage One e Rise, “BE HIVE” il padiglione britannico per Expo Milano 2015 si ispira alla vita delle api, tema peraltro ricorrente anche in altri spazi espositivi, ad esempio nel padiglione della Germania

Perché le api sono un tema così ricorrente? Questi piccoli insetti svolgono un ruolo fondamentale nell’ecosistema in quanto impollinatori, permettono alle essenze arboree e alle erbe di riprodursi, pertanto giocano un ruolo chiave nella produzione globale di cibo. Inoltre, un aspetto interessante è il modo in cui collaborano tra di loro, ed è questo un altro tema ripreso più volte in Expo, l’importanza della collaborazione, ognuno di noi nel suo piccolo deve impegnarsi per il pianeta, solo così potremo rispondere alle grandi sfide mondiali a livello energetico ed alimentare.

Nel caso UK, è l’intero padiglione, sia nell’allestimento che nell’architettura, ad ispirarsi alla vita ed al mondo di questi piccoli insetti. Il visitatore si trova a vivere un’esperienza sensoriale con gli occhi di un’ape: si accede attraverso un percorso che ricorda un frutteto, con pareti microforate attraverso le quali, avvicinando gli occhi ai fori, sono visibili dei mini filmati che spiegano il lavoro delle api e la loro importanza a livello ambientale.

Si passa poi in un prato fiorito, dalle forme volutamente esagonali, in cui l’erba e le piante sono all’altezza della visuale umana, infine si giunge al grande alveare costituito da una struttura in acciaio a traliccio sorretta da pilastri.

Padiglione-regno-unito-expo2015-b

Padiglione-regno unito-expo2015-c1

Padiglione-regno-unito-expo2015-d

Salendo ed accedendo all’interno di questa struttura, ci si ritrova in un ambiente suggestivo. Il grande alveare è infatti collegato con un vero alveare monitorato dalla Nottingham Trent University, di notte il movimento delle api viene utilizzato per illuminare il padiglione. Il risultato è un fantastico gioco di luci che si accendono e si spengo a seconda della quantità di moto registrata a Nottingham.

Inoltre nel piano inferiore è possibile ascoltare il rumore di queste api grazie ad un allestimento composto da colonnine nelle quali si deve porre un bastoncino e tenerlo con la bocca, le vibrazioni si trasmettono così dal bastoncino alla bocca e permettono di sentire l’attività delle api monitorate in Gran Bretagna. 

Padiglione-regno-unito-expo2015-e

Padiglione-regno-unito-expo2015-f

{youtube}RM8IHnfnP54{/youtube}

Un aspetto notevole nell’architettura del padiglione è la possibilità di essere smontato e poter essere rimontato altrove una volta che l’Esposizione Universale del 2015 sarà finita.

Read more

La casa intorno all’albero a Londra

A Londra in un tipico quartiere residenziale, nascosta dietro la cortina di case ottocentesche che si affacciano sulla via dall’aspetto austero e ordinato, sorge una costruzione insolita: un maestoso albero di sommacco è abbracciato da un basso e curvo edificio in legno. Si tratta dell’ampliamento dell’abitazione ottocentesca di un noto critico d’arte realizzato dallo studio di progettazione 6a Architecture all’interno del rigoglioso giardino della casa di famiglia.

UN ASILO INTORNO ALL’ALBERO CENTENARIO

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA CASA CHE ABBRACCIA L’ALBERO

La storia dell’edificio inizia nel 1830 quando vengono edificate le due case gemelle in mattoni che saranno poi unite negli anni ’70. Con il passare del tempo le esigenze della famiglia mutano e per permettere alla padrona di casa, che ormai si muove solo sulla sedia a rotelle, di passare il tempo con i propri cari e di fruire della zona giorno è stato realizzato l’ampliamento verso il giardino. I progettisti hanno ristudiato i collegamenti verticali, hanno realizzato una passerella in modo da mettere in comunicazione diretta soggiorno e cucina senza la necessità di percorre scale e hanno posizionato nel nuovo volume una camera da letto e un bagno.

casa-intorno-albero-londra-b

casa-intorno-albero-londra-c

L’ampliamento ha preso in considerazione la presenza di un albero ad alto fusto che è diventato l’elemento generatore del progetto. La facciata curva svolge un duplice compito: da un lato risolve il problema del mantenimento della pianta e dall’altro permette la creazione di un piccolo terrazzo leggermente rialzato rispetto al giardino. Ampie finestrature permettono inoltre di godere della vista del verde anche quando le temperature esterne sono rigide e non è possibile stare all’aperto.

Il volume aggiunto è interamente smontabile: fondazioni, struttura e rivestimenti sono in legno. Le pareti esterne sono rivestite con listelli di parquet rigenerato e opportunamente trattato, mentre gli interni sono in pannelli tinteggiati di colore bianco. Il risultato finale è una casa che si adatta alle esigenze della committenza senza sacrificare piante e fiori e che favorisce un rapporto diretto con il giardino.

Read more

La casa intorno all’albero a Londra

A Londra in un tipico quartiere residenziale, nascosta dietro la cortina di case ottocentesche che si affacciano sulla via dall’aspetto austero e ordinato, sorge una costruzione insolita: un maestoso albero di sommacco è abbracciato da un basso e curvo edificio in legno. Si tratta dell’ampliamento dell’abitazione ottocentesca di un noto critico d’arte realizzato dallo studio di progettazione 6a Architecture all’interno del rigoglioso giardino della casa di famiglia.

L’ASILO INTORNO ALL’ALBERO CENTENARIO

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA CASA CHE ABBRACCIA L’ALBERO

La storia dell’edificio inizia nel 1830 quando vengono edificate le due case gemelle in mattoni che saranno poi unite negli anni ’70. Con il passare del tempo le esigenze della famiglia mutano e per permettere alla padrona di casa, che ormai si muove solo sulla sedia a rotelle, di passare il tempo con i propri cari e di fruire della zona giorno è stato realizzato l’ampliamento verso il giardino. I progettisti hanno ristudiato i collegamenti verticali, hanno realizzato una passerella in modo da mettere in comunicazione diretta soggiorno e cucina senza la necessità di percorre scale e hanno posizionato nel nuovo volume una camera da letto e un bagno.

casa-intorno-albero-londra-b

casa-intorno-albero-londra-c

L’ampliamento ha preso in considerazione la presenza di un albero ad alto fusto che è diventato l’elemento generatore del progetto. La facciata curva svolge un duplice compito: da un lato risolve il problema del mantenimento della pianta e dall’altro permette la creazione di un piccolo terrazzo leggermente rialzato rispetto al giardino. Ampie finestrature permettono inoltre di godere della vista del verde anche quando le temperature esterne sono rigide e non è possibile stare all’aperto.

Il volume aggiunto è interamente smontabile: fondazioni, struttura e rivestimenti sono in legno. Le pareti esterne sono rivestite con listelli di parquet rigenerato e opportunamente trattato, mentre gli interni sono in pannelli tinteggiati di colore bianco. Il risultato finale è una casa che si adatta alle esigenze della committenza senza sacrificare piante e fiori e che favorisce un rapporto diretto con il giardino.

Read more

Lo studio di architettura galleggiante nei vecchi hangar per le barche

Lo studio di architettura 3xn ha deciso di trasferirsi in una dimora del tutto particolare: i vecchi hangar per le barche, sul canale di Copenaghen. Le grandi dimensioni delle strutture ha permesso ai progettisti di ospitare nel medesimo locale tutti i suoi collaboratori, fino a 150 persone, che nella vecchia sede dello studio, nel quartiere del centro storico di Copenaghen, Christianshavn, erano stati distribuiti in tre piani di un palazzo. L’ufficio galleggiante, di 2000 mq, nella zona di Holmen, permette di interagire simultaneamente tra i diversi componenti dello studio: sullo stesso livello, è possibile concentrare tutte le attività, tenendo monitorato lo sviluppo del progetto, creando una sezione per la fabbricazione di modelli e plastici.

L’UFFICIO GALLEGGIANTE IN LEGNO, CANNE E PAGLIA

{loadposition google1}

Lo storico capannone risale al 1800 e fu edificato per alloggiare e riparare imbarcazioni militari. Il piano della struttura degrada verso il canale, progettato perché le navi potessero agevolmente scivolare sul pelo dell’acqua. La facciata orientale, verso il canale è stata schermata attraverso grandi vetrate e porte che, insieme ai lucernari permettono l’ingresso della luce naturale nell’ambiente.

studio-galleggiante-3xn-b

studio-galleggiante-3xn-c

studio-galleggiante-3xn-d

studio-galleggiante-3xn-e

studio-galleggiante-3xn-f

studio-galleggiante-3xn-g

studio-galleggiante-3xn-h

studio-galleggiante-3xn-i

studio-galleggiante-3xn-l

La conservazione dell’edificio esterno, vincolato, ha permesso di mantenere un carattere originario. All’interno sono stati rimossi i divisori per realizzare la grande sala lavoro. Sono state create delle sale conferenza in vetro, “delle scatole dentro la scatola”, in modo che fosse possibile fare riunioni senza fermare il “flusso di lavoro” con barriere materiche più schermanti. Gli interni, che mostrano la struttura in legno, pareti bianche, scrivanie bianche e vetro, rivendicano il vero focus dell’ambiente: fotografie, rendering e modelli, il “prodotto” dello studio.

Kim Herforth Nielsen, il fondatore di 3XN, ritiene che tutti, dai progettisti fondatori fino all’ultimo degli stagisti, siano portatori di idee preziose per migliorare i progetti che escono dal suo studio e che ambiscono a migliorare la vita della società. Per questo ha voluto fortemente questo trasferimento, impegnandosi in un progetto open space che facilitasse la comunicazione; ha poi diviso i collaboratori in squadre, in modo che si creassero delle micro aree di lavoro. Tutti possono vedere tutti ed essere ispirati da ciò che stanno facendo gli altri. Stravolgendo la cultura gerarchica del lavoro a cui siamo abituati, tutti i partner che dirigono lo studio si siedono insieme al personale, condividendo le decisioni e i progetti. Ad oggi ci sono 80 persone che, ogni giorno, progettano, disegnano e comunicano. Uno spazio così flessibile ne può ospitare altrettante. 

Che dire..che invidia!

Read more

Il lookout delle Dolomiti ed il piano per 20 terrazze panoramiche

Unire Architettura e natura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, è lo scopo dello studio MESSNER Architects per il loro “Lookout”. Il Lookout, ovvero terrazza panoramica, è situato a 2.307 metri sul Monte Specie, nel cuore del parco naturale di Fanes-Senes-Braies nelle Dolomiti. La terrazza sul Monte Specie è il progetto pilota e funge da primo passo per i successivi interventi. Alla base del progetto c’è un piano generale di terrazze panoramiche, 20 complessivamente, di cui sette in Alto Adige.

L’obiettivo finale è di mettere in comunicazione tutte le nove aree delle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’umanità.

{loadposition google1}

lookout-dolomiti-b

Il progetto ha inizio nel 2012, quando, la Fondazione Dolomiti UNESCO commissiona a Messner Architects e allo scultore Franz Messner il progetto architettonico, paesaggistico e grafico della realizzazione di punti panoramici con cui valorizzare il patrimonio naturale delle Dolomiti, al fine di incrementarne la popolarità.Visto il contesto altamente sensibile, l’idea principale è quella di creare una struttura strettamente legata al luogo: anzichè aggiungere corpi e masse al paesaggio, pensa di trasformare lo stesso tramite un ipotetico taglio nel terreno e il suo sollevamento.

Lo scopo rimane quello di unire natura e struttura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, ma lasciando al contempo un dialogo tra i due, grazie ad una nuova interpretazione della topografia. In modo particolare, questa idea si realizza in un involucro esterno, dalla forma ad anello su cui sono incisi i nomi delle cime visibili, realizzato in acciaio e riempito con terreno e sassi locali, ciò fa sì che il limite tra artefatto e contesto naturale venga quasi del tutto eliminato.

L’attenzione per il territorio e la diffusione della sua conoscenza sono ulteriormente promossi da alcune informazioni che il visitatore può leggere sul perimetro dell’involucro, relative al paesaggio e alla sua geologia. Mentre, al centro la struttura è dotata di una bussola di orientamento, dove sono indicate le cime visibili. 

lookout-dolomiti-c

I vari “terrazzi” panoramici assumono forme e dimensioni differenti, adattandosi pienamente alla morfologia del territorio in cui sono inserite. La Terrazza panoramica Monte Specie, in particolare, non è soltanto un belvedere nel parco naturale, ma vuole anche contribuire a sensibilizzare la popolazione sul tema Dolomiti e quindi rafforzare in modo sostenibile il senso di appartenenza e la responsabilità per la tutela del bene paesaggistico.

Il progetto è sicuramente il risultato della creazione di una struttura strettamente intrecciata con il contesto alpino, dove non vi è l’inserimento di corpi o masse esterne, privilegiando invece solo lievi modifiche del paesaggio. Un intervento che pone alla sua base una grande passione per il paesaggio, che grazie all’uso di materiali reperiti in loco affiancati da un attento studio topografico, permette di valorizzare ed enfatizzare la maestosità e l’importanza della catena montuosa dolomitica.

Read more

Il lookout delle Dolomiti ed il piano per 20 terrazze panoramiche

Unire Architettura e natura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, è lo scopo dello studio MESSNER Architects per il loro “Lookout”. Il Lookout, ovvero terrazza panoramica, è situato a 2.307 metri sul Monte Specie, nel cuore del parco naturale di Fanes-Senes-Braies nelle Dolomiti. La terrazza sul Monte Specie è il progetto pilota e funge da primo passo per i successivi interventi. Alla base del progetto c’è un piano generale di terrazze panoramiche, 20 complessivamente, di cui sette in Alto Adige.

L’obiettivo finale è di mettere in comunicazione tutte le nove aree delle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’umanità.

{loadposition google1}

lookout-dolomiti-b

Il progetto ha inizio nel 2012, quando, la Fondazione Dolomiti UNESCO commissiona a Messner Architects e allo scultore Franz Messner il progetto architettonico, paesaggistico e grafico della realizzazione di punti panoramici con cui valorizzare il patrimonio naturale delle Dolomiti, al fine di incrementarne la popolarità.Visto il contesto altamente sensibile, l’idea principale è quella di creare una struttura strettamente legata al luogo: anzichè aggiungere corpi e masse al paesaggio, pensa di trasformare lo stesso tramite un ipotetico taglio nel terreno e il suo sollevamento.

Lo scopo rimane quello di unire natura e struttura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, ma lasciando al contempo un dialogo tra i due, grazie ad una nuova interpretazione della topografia. In modo particolare, questa idea si realizza in un involucro esterno, dalla forma ad anello su cui sono incisi i nomi delle cime visibili, realizzato in acciaio e riempito con terreno e sassi locali, ciò fa sì che il limite tra artefatto e contesto naturale venga quasi del tutto eliminato.

L’attenzione per il territorio e la diffusione della sua conoscenza sono ulteriormente promossi da alcune informazioni che il visitatore può leggere sul perimetro dell’involucro, relative al paesaggio e alla sua geologia. Mentre, al centro la struttura è dotata di una bussola di orientamento, dove sono indicate le cime visibili. 

lookout-dolomiti-c

I vari “terrazzi” panoramici assumono forme e dimensioni differenti, adattandosi pienamente alla morfologia del territorio in cui sono inserite. La Terrazza panoramica Monte Specie, in particolare, non è soltanto un belvedere nel parco naturale, ma vuole anche contribuire a sensibilizzare la popolazione sul tema Dolomiti e quindi rafforzare in modo sostenibile il senso di appartenenza e la responsabilità per la tutela del bene paesaggistico.

Il progetto è sicuramente il risultato della creazione di una struttura strettamente intrecciata con il contesto alpino, dove non vi è l’inserimento di corpi o masse esterne, privilegiando invece solo lievi modifiche del paesaggio. Un intervento che pone alla sua base una grande passione per il paesaggio, che grazie all’uso di materiali reperiti in loco affiancati da un attento studio topografico, permette di valorizzare ed enfatizzare la maestosità e l’importanza della catena montuosa dolomitica.

Read more

Due edifici in uno: quando ristrutturare significa unire

Lo studio Delvendahl Martin Architects ha deciso di accogliere la sfida della ristrutturazione di due vecchi edifici vittoriani nel centro di Oxford, dando la possibilità ai proprietari di ripensare all’orientamento dei due tipiche “semi-detached houses” e poter disporre di ampie superfici ad ogni piano.

Il progetto, denominato dagli architetti “la bifamiliare”, si trova nel centro della città universitaria storica nel sud dell’Inghilterra. Planimetricamente l’abitazione si compone di 350 mq, in cui si può notare l’ampio soggiorno a pianta aperta: al piano primo si affaccia sia sulla strada principale tramite le tipiche bow windows, che sul giardino sul retro, dove è possibile osservare la parte posteriore della proprietà tramite ampie vetrate.

ristrutturazione-due-edifici-b

{loadposition google1}

ristrutturazione-due-edifici-c

ristrutturazione-due-edifici-d

SemiDetached Oxford DelvendahlMartinArchitects17

L’acceso contrasto materico tra pieni e vuoti, mattone e vetro, è ritmicamente riproposto, dissolvendo la vecchia simmetria dei due corpi, originariamente separati, dando l’impressione di un solo blocco. A collegare le due unità è la scala in legno, volutamente differenziata con una tinta scura dalle travi originali, unisce ai piani alti le camere da letto e l’ufficio e ai primi piani la cucina e soggiorno. I mattoni recuperati nelle demolizioni sono stati sapientemente conservati per ricreare il selciato che introduce alla casa dal giardino sul retro. Il seminterrato ospita corridoio, cucina e una zona pranzo, che può essere collegata al giardino posteriore aprendo l’ampia vetrata.

I telai in alluminio anodizzato, di ampia sezione, sono stati pensati per schermare l’interno della casa alle proprietà vicine confinanti, creando l’effetto di una terrazza sopraelevata. La distinzione tra i due edifici è stata mantenuta nel giardino, dove si può ancora vedere il muro originale. L’ampia vetrata sul retro, quasi una “architrave luminosa” è sostenute da due “piedritti” di mattoni, che si differenziano anche cromaticamente, dal resto dell’edificio. Questo dettaglio, unito agli arredi su misura, luci, maniglie e corrimano dichiaratamente in contrasto con l’epoca vittoriana è una precisa scelta stilistica. L’utilizzo di materiali contemporanei imprime una personalità al recupero, sovrapponendo allo scientifico ripristino delle strutture una doverosa distinzione dovuta alle nuove esigenze di oggi.

ristrutturazione-due-edfici-e

ristrutturazione-due-edifici-f

ristrutturazione-due-edifici-g

Read more

Un centro di accoglienza sostenibile per le donne vittime di violenza

Ci troviamo in Tanzania e precisamente a Moshi, nella regione del Kilimanjaro, tristemente famosa per i numerosi casi di violenza sulle donne che, purtroppo, non hanno gli strumenti giuridici e culturali per opporsi a questo stato di cose e non sono abbastanza tutelate dalla legge.

Qui opera l’organizzazione Kilimanjaro Women Information Exchange and Consultancy Organization (KWIECO), fondata nel 1987 per offrire un servizio di consulenza alle donne bisognose di risposte su questioni legali, economiche, sociali e di salute.

E’ proprio in questo contesto che, grazie al supporto della ONG Ukumbi e allo stanziamento di fondi del Ministero degli Affari Esteri finlandese, KWIECO ha affidato allo studio di architettura Hollmèn Reuter Sandman Architects la progettazione di una struttura comunitaria, un centro di accoglienza sostenibile per le donne che hanno subito violenze domestiche e hanno il diritto di vivere e studiare insieme ai propri bambini.

centro-accoglienza-donne-b

centro-accoglienza-donne-c

IL PROGETTO DEL CENTRO DI ACCOGLIENZA

La prima fase del progetto si è conclusa a maggio 2015 con il completamento di Shelter House, la parte dedicata agli alloggi; per la seconda fase, cioè la realizzazione di una scuola adiacente, Ukumbi e KWIECO stanno cercando di raccogliere fondi.

L’abitazione ecosostenibile abbraccia tre cortili esterni che favoriscono l’illuminazione naturale e la ventilazione degli ambienti. Le pareti, dentro cui sono inserite bottiglie di vetro attraverso le quali permea la luce naturale creando particolari effetti, sono ricavate dalla trasformazione dei rifiuti in materiali da costruzione. Tutti i passaggi sono coperti da portici realizzati in metallo, mentre le coperture sono rivestite con pannelli solari e fotovoltaici che forniscono acqua calda ed energia pulita a ogni abitazione.

I materiali sono stati reperiti sul posto, si sono scelti colori brillanti ed è stata rispettata la cultura locale per rendere il centro di accoglienza una casa allegra e confortevole, capace di ospitare venti donne con i loro bambini in modo sicuro, oltre agli uffici.

Si tratta di un progetto partecipato, che ha coinvolto le donne che hanno collaborato con gli architetti, aiutandoli a realizzare una casa in grado di soddifare le loro necessità e aumentare il loro senso di appartenenza al luogo.

centro-accoglienza-donne-d

Read more

Eco villaggio in Sardegna: materiali e cibi bio. Bannati fumo e smartphones

Sardinna Antiga è un bio-villaggio ecosostenibile situato sulla costa nord-orientale della Sardegna, in una vallata solitaria, tra la campagna e il mare di Santa Lucia di Siniscola, in località Sa Petra e S’Ape. Stupefacente esempio di albergo diffuso, recupera un antico villaggio abbandonato dagli anni ’50, trasformandolo in un posto accogliente e rilassante, dove gustare cibo biologico e sono banditi smartphone e sigarette.

ARCHITETTURA TRADIZIONALE DELLA SARDEGNA: LE BARACCAS

{loadposition google1}

LA STORIA DELL’ECO VILLAGGIO

Successivamente all’acquisto del terreno, durante le operazioni di pulizia, i proprietari di Sardinna Antiga hanno rinvenuto all’interno di cespugli e piante arbustive, diversi muretti a secco circolari, con all’interno dei tronchi d’albero disposti a raggiera. Pulendo a fondo ed estirpando le erbacce hanno iniziato a comprendere che forse quel che avevano trovato durante le operazioni di pulizia non erano dei semplici recinti, ma un vero e proprio villaggio di pastori, abitato fino agli anni Quaranta e in seguito abbandonato.
Con l’aiuto degli organi territoriali del MiBACT e la memoria storica e le testimonianze degli anziani, si è così iniziato a ricostruire questo antico villaggio, fino ad arrivare ad un vero e proprio ripristino tipologico.

eco-villaggio-sardegna-b

LE COSTRUZIONI TIPICHE SARDE

Il villaggio di “pinnattoso” (plurale di “pinnattu” in dialetto locale) che era abitato fino a circa settanta anni fa viene così recuperato, rispettando la collocazione originale delle costruzioni e riscoprendo la tradizione e la cultura locale: le tecniche ecosostenibili artigianali tradizionali vengono integrate alle tecniche moderne – per la soddisfazione dei requisiti della normativa vigente – adoperando materiali, assolutamente naturali e reperiti in loco, reimpiegando anche quelli utilizzati dagli antichi abitanti. 

Le sue abitazioni uniche si rifanno per forma e materiali utilizzati all’architettura vernacolare delle capanne nuragiche: queste antiche costruzioni pastorali, tipiche della Sardegna centro-orientale, sono costruite con la base, che può essere circolare o rettangolare, in pietra a secco e la copertura in rami di legno, canne e frasche. Tradizionalmente venivano utilizzate in terre selvagge o poco accessibili per il pernottamento o per il deposito di vivande o materiali utili all’allevamento del bestiame.

eco-villaggio-sardegna-c

eco-villaggio-sardegna-d

eco-villaggio-sardegna-e

Le capanne non hanno fondazioni ed il terreno su cui insiste la struttura, essenzialmente semplice, è stato spianato con strumenti tradizionali. Dal punto di vista strutturale, gli edifici sono sostenuti da pilastri e travi realizzati con tronchi e rami d’albero non lavorati. I pilastri di circa 15 cm di diametro, sono infissi nel terreno e disposti circolarmente ad una distanza di circa 150 cm: ogni pilastro è collegato al successivo mediante tavole in legno, in modo da renderli collaboranti nell’assorbimento del peso della copertura. Da ognuno di essi, alto circa 150 cm, parte una trave, con una sezione media di 10 cm e una pendenza di circa il 60% (circa 30°): tutte le travi confluiscono in un tronco d’albero che funge da chiave di volta e permette alla copertura di non collassare.

A rivestimento esterno della struttura è stato poi ricomposto il muro a secco di pietra, con uno spessore medio di 40 cm, che collabora dal punto di vista statico con il sistema travi-pilastri. Le travi sono unite da canne, che diventano un vero e proprio rivestimento interno mentre all’esterno è posto uno strato di tavolato, lasciando un’intercapedine per la ventilazione di spessore variabile. Sopra il tavolato viene disposto un telo impermeabile, sul quale vengono poggiate ulteriori canne e paglia come rivestimento esterno. Il rivestimento interno è anch’esso composto da uno strato di canne su cui viene spruzzato un intonaco di terra cruda. La pavimentazione, in tavole di legno è sopraelevata rispetto a un sistema di areazione sottopavimento che poggia direttamente sul terreno roccioso del villaggio.

CRITERI BIOCLIMATICI E RISPARMIO DELLE RISORSE

Nonostante gli alloggi siano privi di impianti di climatizzazione e il clima sia estremamente caldo nel periodo estivo, la temperatura all’interno degli alloggi rimane vicina alle condizioni di comfort: a ciò contribuiscono l’elevata inerzia termica relativa alla massa del muro in pietra, la ventilazione della copertura e del pavimento oltre a quella garantita dall’effetto camino dovuto sia alla forma della copertura che a una certa permeabilità delle frontiere perimetrali.

Le aperture, di metratura minima in rispetto dei canoni originali, disposte in posizioni diametralmente opposte garantiscono una buona ventilazione incrociata: l’apporto di luce e il ricambio d’aria sono garantiti inoltre dalla porta di ingresso. Il villaggio sfrutta un sistema di fitodepurazione per recuperare buona parte delle acque utilizzate per gli scarichi e in modo da eliminare la necessità di realizzare il sistema di fognature che per essere condotto fino a questo luogo, piuttosto isolato, sarebbe stato economicamente poco sostenibile avrebbe deturpato il territorio.

eco-villaggio-sardegna-f

Con la rigenerazione, l’ambiente circostante è stato lasciato intatto e sono state piantumate circa 4000 piante. Il villaggio è circondato da un laghetto e da 7 ettari di macchia mediterranea: un vigneto bio, un oliveto bio, un orto bio e uno sinergico procurano gran parte delle materie prime necessarie. Le abitazioni vengono fornite quotidianamente di acqua di fonte servita in anfore di terracotta, di cibi, di prodotti per la cura del corpo prodotti da un’azienda locale, di un emanatore di essenze per l’aromaterapia e di una lampada al sale: il tutto rigorosamente di origine biologica o locale. Gli arredi interni sono totalmente fatti a mano con materiali di risulta, principalmente legno e gli unici arredi non riutilizzati sono i sanitari.

eco-villaggio-sardegna-g

Ogni cosa è prodotta artigianalmente: persino la biancheria è tessuta utilizzando filati naturali e trame preziose, arricchite da disegni eseguiti sull’impronta di quelli arcaici, tinti con colori essenziali e derivanti da erbe. All’interno del villaggio è bandito il fumo mentre l’uso di smartphone, tablet e pc è vietato negli spazi comuni. La sensazione è quella di essere tornati indietro nel tempo di qualche secolo: il silenzio surreale del luogo è spezzato solo dai rumori della natura, dal canto degli uccelli e dai versi degli animali selvatici, mentre la sera, solo le stelle e la luna illuminano l’intera vallata.

Read more

Padiglione della Germania ad Expo 2015: “Fields of ideas”

Fields of ideas” che tradotto vuol dire i “Campi delle idee” ben sintetizza il contenuto del Padiglione della Germania per Expo Milano 2015. L’architettura ed il masterplan sono stati progettati dallo studio tedesco Schmidhuber, l’allestimento è opera di Milla und Partners mentre la gestione del progetto e della realizzazione sono stati curati dallo studio Nussli.

Alcuni di loro avevano già curato il padiglione della Germania ad Expo Shangai 2010, Milla und Partners sarà probabilmente coinvolto per il padiglione tedesco dell’Esposizione di Astana 2017.

IL PADIGLIONE DELLA SPAGNA AD EXPO 2015

{loadposition google1}

FIELDS OF IDEAS: I CAMPI DELLE IDEE

Il pragmatismo tedesco ha portato anche questa volta ad un grande risultato, centrando appieno il tema di Expo 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. 

padiglione-germania-expo2015-b

L’architettura del padiglione vuole richiamare i campi ed i paesaggi rurali tedeschi, come elemento della sua cultura, ma allo stesso tempo il concetto di Campo viene esteso alle idee, alla creatività e alle professionalità che ogni giorno si impegnano per costruire un mondo ed un futuro migliore. L’idea stilizzata del campo si estende all’uso dei materiali, i diversi tipi di legno utilizzati, con la varietà dei loro colori e del loro aspetto, contribuiscono a caratterizzare il design degli spazi.

GLI ALBERI SOLARI 

padiglione-germania-expo2015-c

Così all’esterno una rampa in legno invita i passanti a risalirla arrivando alla terrazza dalla quale è possibile ammirare l’esposizione universale, e dove grandi alberi composti da acciaio e moduli fotovoltaici, crescono creando zone di relax ombreggiate. Gli alberi prendono vita dal suolo, creando pozzi di luce all’interno del padiglione e zone d’ombra all’esterno, permettono di creare una connessione visiva tra i visitatori tra un piano e l’altro ed esattamente come gli alberi attraverso la fotosintesi trasformano l’energia solare, i moduli fotovoltaici OPV utilizzano la radiazione solare per generare energia elettrica che viene immagazzinata in un sistema posto alla base di ciascun albero, e riutilizzata di notte per l’illuminazione led degli alberi stessi. È come un circuito chiuso che provvede a se stesso autonomamente. I moduli, una volta terminata l’esposizione universale, verranno smontati e riutilizzati.

padiglione-germania-expo2015-d

La Germania, patria di grandi filosofi, non poteva non creare un nesso tra l’esposizione, gli spazi ed i contenuti conferendo un significato ad ogni singolo elemento. È come se questi alberi nascessero da un terreno fertile, il terreno delle idee, la loro forma organica vuole essere un richiamo al mondo delle innovazioni che sempre più prende spunto dalla natura. Ci troviamo quindi nel percorso interno del padiglione, in cui la Germania ci racconta come si è mossa e come si sta muovendo per migliorare e rispettare l’ambiente. Ci parla dei suoi eroi quotidiani: allevatori, agricoltori, agronomi, ingegner,i ecc. ogni professionalità contribuisce ai progressi che la Germania fa per coltivare ed allevare rispettando l’ambiente e per ideare e produrre risorse rinnovabili.

SPAZI ED ALLESTIMENTI INTERATTIVI

padiglione-germania-expo2015-e

Architettura ed allestimento si fondono in un connubio perfetto, ogni spazio è pensato per ricevere un’esposizione precisa e il risultato sono tanto divertimento ed apprendimento. La curiosità dei visitatori è stimolata di continuo, dai più piccoli ai più grandi. Tutti giocano ed interagiscono attivamente con il padiglione. Ebbene sì, “attivamente” è proprio questo il messaggio che la Germania vuole mandare, ognuno di noi deve essere attivo e deve dare il suo apporto con le proprie competenze e possibilità per migliorare il mondo in cui viviamo.

LA SEADBOARD LA TAVOLETTA IN CARTA PER INTERAGIRE CON L’ESPOSIZIONE

padiglione-germania-expo2015-f

All’ingresso viene fornita la “SeedBoard”, una tavoletta composta da un foglio di carta bianca su cartoncino. Il foglio di carta diventa lo strumento di interazione tra i visitatori e le sale espositive, il campo delle idee su cui ogni persona è invitata a riflettere e con il quale può interagire.

Nella prima parte dell’allestimento vi sono quattro aree tematiche: terra, acqua, clima e biodiversità. Grazie alla tavoletta è possibile conoscere i paesaggi tedeschi, gli studi che stanno portando avanti e molto altro ancora. Un gioco virtuale molto simpatico, posto vicino ai grandi alberi, ci fa capire quanto sia importante rispettare i tempi propri della natura e quanto sia importante collaborare insieme: al piano superiore i visitatori accostandosi alla piattaforma, aumentano l’allevamento fittizio di api che può essere utilizzato al piano inferiore dai visitatori che devono usare le stesse per impollinare e far crescere le piante. Mentre questa prima parte è legata molto anche alla tecnologia, il “mio giardino delle idee” è invece uno spazio in cui è possibile interagire direttamente con l’ambiente, ci si ritrova immersi dal verde, piante, fiori, piccole curiosità e consigli per la coltivazione personale sono posti vicino alle diverse piante.

{vimeo}131778380{/vimeo}

Ed infine lo spettacolo BEeActive, in cui la SeadBoard si trasforma in strumento musicale.

Il titolo dello spettacolo vuole suggerirci di essere attivi (Be active), esattamente come fanno le api (dall’inglese bee = ape), tema per altro ricorrente anche nel padiglione inglese, bisogna giorno dopo giorno impegnarsi tutti insieme e collaborare per costruire un mondo migliore, in cui si rispetta la terra e le sue risorse, in cui la creatività e l’inventiva siano alla base di sistemi innovativi per il risparmio energetico e la tutela dell’ambiente. Vivere in un mondo green, coltivando con tecniche non nocive per i terreni, allevando in modo naturale ed investendo sulle energie rinnovabili.

Read more

Casa semi-ipogea a Marostica

Nel comune di Marostica (VI), addossata al crinale della collina, sorge un’abitazione dall’aspetto non convenzionale. A un primo rapido sguardo il manufatto non sembra una casa, ma un muro di contenimento per il terreno scosceso. Infatti, il progetto semi-ipogeo dell’architetto Dario Scanavacca prende vita dalla rielaborazione del tema della “masiera”, il tipico muretto a secco per terrazzamenti di questa zona montana, in modo da creare una sinergia tra il contesto, il rispetto della tradizione e l’evoluzione tecnologica.

CASE IPOGEE: COME E PERCHÈ

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA CASA SEMI IPOGEA

La casa cerca di sfruttare al meglio le potenzialità del lotto fortemente inclinato esposto a Sud. La costruzione risulta semi-ipogea e i tre livelli, su cui sono distribuite la zona giorno e la zona notte, sono sfalsati in modo da creare una serie di giardini pensili.  In questo modo, la collina, che accoglie la casa, contribuisce, durante tutte le stagioni, al mantenimento del comfort ambientale interno: durante i mesi invernali le dispersioni sono ridotte e l’unico fronte esposto a Sud cattura il calore del sole, mentre durante l’estate il terreno e i tetti giardino non assorbono calore e contribuiscono a non surriscaldare gli spazi abitati. Inoltre, sono stati installati sia pannelli fotovoltaici sia pannelli solari: l’energia elettrica totale prodotta è pari a 6,0 kWp, mentre un accumulatore permette di stoccare 600 litri di acqua calda utilizzabile sia per usi domestici sia per il riscaldamento. 

casa-ipogea-marostica-b

casa-ipogea-marostica-c

Grandi aperture vetrate protette da frangisole caratterizzano l’unico prospetto della casa aperto verso la vallata in prossimità del quale sono stati posizionati il soggiorno, la cucina e le camere, mentre gli ambienti di servizio e i collegamenti verticali sono stati collocati nella parte ipogea areata e illuminata da alcuni lucernari. Il risultato così ottenuto è un muro “abitato”.

casa-ipogea-marostica-d

Read more

Solar Info Center di Friburgo: il centro servizi certificato LEED Platinum

Il Solar Info Center (SIC) di Friburgo, in Germania, nasce dall’idea di racchiudere sotto un unico tetto figure professionali legate da un comune denominatore: operare nel campo delle energie rinnovabili.

In copertina: foto © Ingo Schneider

IL PRIMO EDIFICIO PER IL TERZIARIO CERTIFICATO LEED IN ITALIA

{loadposition google1}

Di proprietà di un investitore privato, il Solar Info Center si finanzia grazie all’affitto delle compagnie che vi hanno sede: unità indipendenti tra loro ma che potrebbero essere potenziali partners in un centro che offre consulenza sulla sostenibilità a 360 gradi.

Le sempre più restrittive normative comunitarie volte alla mitigazione dei cambiamenti climatici e la conseguente crescita del mercato delle energie rinnovabili hanno portato, agli inizi del 2000, all’idea di un centro di informazioni del settore in un luogo che fungesse da modello per aziende e potenziali clienti.

Il risultato è stato un edificio con un fabbisogno energetico del 30% inferiore rispetto ai limiti imposti dalla German Energy Saving Ordinance del 2007, ovvero il secondo edificio (in termini di punteggio) certificato LEED PLATINUM in Germania.

Il progetto del Solar Info Center di Friburgo

caption: © SIC GmbH

Collocato in una posizione strategica nella parte settentrionale della città, a completamento di un’area libera in adiacenza dell’aeroporto, tra la zona fieristica e l’università, il Solar Info Center fa della reputazione internazionale di Friburgo come Green City il suo prestigioso biglietto da visita.

Una struttura di cemento armato si innalza per 5 piani e racchiude un’area complessiva di circa 14.000 mq con spazi funzionali e flessibili che possono essere riprogettati per specifiche esigenze: 9.000 mq di uffici di varie dimensioni (dagli smart offices di 35 mq agli open space di 1.500 mq); 700 mq riservati allo svolgimento di workshops, congressi e meeting; 450 mq di area espositiva; 2.600 mq di laboratori con attrezzature all’avanguardia a disposizione sia delle aziende interne al Centro che di Istituti esterni per ricerche, produzione di prototipi, costruzione di modelli e simulazioni tecniche.

Scopri la città con Study Visit Friburgo

L’edificio dal punto di vista energetico

caption: foto da www.partyraum-freiburg.de

Volumetricamente compatto (rapporto S/V pari a 0,22) e dalla pianta ad U, l’edificio gode di un’esposizione ottimale con le “ali” orientate a sud-est.

Il sistema composito utilizzato per l’isolamento termico della facciata si alterna a vetrate continue strutturali (a montanti e traversi) mentre la copertura è del tipo “tetto caldo” con l’isolante nello strato più esterno. 

Le ottime prestazioni dell’involucro e l’introduzione di sistemi solari passivi fanno sì che il fabbisogno di riscaldamento, soddisfatto tramite una rete di teleriscaldamento proveniente dal vicino Ospedale Universitario, sia inferiore a 30 KWh/mq p.a.

Grazie ad interventi di efficientamento dell’impianto e all’inserimento di un moderno sistema di recupero di calore, per l’approvvigionamento termico del Centro Servizi non è necessario ulteriore utilizzo di combustibili fossili, così come certificato dal Centro di Ricerca dell’Università di Stoccarda: l’obiettivo di fornire calore all’edificio senza produrre emissioni è stato così raggiunto.

caption: a sinistra © Hochschule Offenburg; a destra © SIC GmbH

Un impianto fotovoltaico di 65 KW di picco è posizionato sulla copertura dell’edificio mentre sulla facciata inclinata, in corrispondenza del foyer, pannelli fotovoltaici e termici garantiscono un’adeguata schermatura dai raggi solari oltre che la produzione di energia pulita. 

Una grande quantità di luce naturale permea negli ambienti consentendo un notevole risparmio di energia elettrica. Le aperture, studiate in modo da garantire condizioni di lavoro ottimali, presentano una percentuale di superficie vetrata tale da evitare il surriscaldamento interno coadiuvate dalle schermature solari. Un sistema di controllo consente infatti la regolazione delle veneziane in funzione dell’irraggiamento e della temperatura della stanza.

caption: a sinistra © SIC GmbH; a destra foto da www.agsn.de

La qualità dell’aria durante il periodo invernale è assicurata da un sistema di ventilazione a flusso semplice che viene utilizzato anche in estate per la ventilazione notturna degli ambienti.

La climatizzazione estiva del foyer e della sala riunioni al piano terra avviene tramite 5 sonde geotermiche che vengono sfruttate anche nel periodo invernale per preriscaldare l’aria nei medesimi ambienti. 

Monitoraggio e interventi di ottimizzazione

caption: foto da www.enob.info

Il Solar Info Center di Friburgo, dopo il suo completamento alla fine del 2003, è stato sottoposto a monitoraggio allo scopo di verificare se l’edificio reale soddisfacesse le aspettative progettuali.

I risultati, sottoposti ad una lettura critica, non solo hanno dimostrato che il Solar Info Center è un ottimo esempio di edificio a basso consumo energetico con valori inferiori rispetto ai risultati attesi, ma hanno anche permesso di ottimizzare ulteriormente il complesso sistema impiantistico. 

Nei periodi più freddi dell’anno e successivamente ad un periodo di spegnimento dell’impianto (durante il fine settimana), i dati sul riscaldamento hanno mostrato un notevole abbassamento della temperatura interna con fatica a tornare a regime (3 giorni).

Per far fronte al maggiore fabbisogno di energia, la temperatura interna, inizialmente costante, è stata innalzata di 15 K nelle le prime due ore della mattina e il tempo di funzionamento dell’impianto è stato incrementato di un’ora: le stanze hanno così raggiunto la temperatura interna desiderata all’inizio della settimana. 

Importanti misure di ottimizzazione sono state introdotte nel sistema di ventilazione con lo scopo di ridurre al minimo i ricambi di aria quando la temperatura esterna è bassa senza però compromettere la salubrità degli ambienti. Nel periodo estivo invece, l’inserimento di un sistema di gestione dinamico sviluppato dall’Università di Scienze Applicate di Offenburg consente di modulare l’intensità della ventilazione notturna con un risparmio di energia del 38%. 

Il monitoraggio ha consentito inoltre di allineare i sensori di radiazione delle veneziane in maniera ottimale mentre un impulso inverso regola l’apertura quando la persiana è completamente chiusa facendo sì che l’ambiente non sia completamente al buio. 

Al fine di evitare il surriscaldamento a lungo termine del terreno, correzioni sono state apportate al settaggio dell’impianto di raffrescamento a pavimento nella zona del foyer. Il sistema, con onde geotermiche che arrivano fino a 80 m di profondità, si attiva solamente quando la temperatura delle stanze supera i 24°C e la temperatura esterna è oltre i 26°C; nelle facciate sud e ovest inoltre, l’irraggiamento deve superare i 150 W/mq. 

La Certificazione LEED Platinum

friburgo-sic-g1

Nel settembre del 2013 il Solar Info Center di Friburgo ha ottenuto la certificazione LEED Platinum. Con un punteggio di 92 punti su 110 totali è il secondo edificio tedesco più alto in classifica nella categoria “LEED Existing Buildings: Operations and Maintenance”. 

Oltre alle alte performances garantite da involucro ed impianti, ha fatto la differenza “l’efficienza delle acque”, categoria in cui il SIC ha ottenuto pieno punteggio. L’acqua piovana che penetra nel terreno, viene drenata mediante canali e raccolta in apposite cisterne. Utilizzata per l’irrigazione del terreno, riesce a coprire il 100% del fabbisogno senza l’utilizzo di acqua potabile.

Grazie al processo di certificazione e alle procedure di accompagnamento, le tecniche ed i sistemi di ottimizzazione di energia consentono un elevato risparmio nei consumi e quindi di denaro. La certificazione LEED ha comportato dunque un aumento del valore economico dell’edificio oltre che della sua affidabilità a livello internazionale.

Il Centro Servizi rappresenta un esempio tangibile che progettisti e aziende che vi hanno sede possono mostrare ai potenziali clienti a dimostrazione di come sia possibile operare nel campo delle energie rinnovabili con successo: perché “un grammo di buon esempio vale più di quintali di parole”.

Read more

Il padiglione della Spagna ad Expo 2015

Un’enorme serra a doppia navata è il progetto dello studio B720 Fermín Vázquez Arquitectos, di Barcelona, per il padiglione della Spagna ad Expo Milano 2015: l’ente promotore e coordinatore dello spazio, di circa 2500 metri quadrati, è Acción Cultural Española (AC-E) che si occupa della partecipazione della Spagna alle Esposizioni Universali e ai grandi eventi globali. Partendo dal tema dell’esposizione “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, la doppia anima della struttura rappresenta il dualismo tra cucina tradizionale spagnola e gastronomia innovativa, cogliendo perfettamente l’occasione offerta dall’Expo per avvicinare il pubblico all’immenso patrimonio culinario e culturale spagnolo. L’equilibrio tra creatività/innovazione e tradizione è una delle chiavi del successo dell’arte culinaria spagnola, così come l’uso di agricoltura e allevamento sostenibile per la conservazione del paesaggio e per lo sviluppo di modelli di turismo alternativo.

{loadposition google1}

padiglione-spagna-expo-b

IL PROGETTO DEL PADIGLIONE DELLA SPAGNA

Queste due anime contrapposte sono rappresentate da due strutture assimilabili ma con trattamenti materici ben distinti, simbolo dell’incontro tra “vecchio” e “nuovo”: la gastronomia tradizionale è rappresentata da una galleria in legno dalla quale si distaccano una serie di spazi esterni, in cui vengono utilizzati materiali non consueti come tappi per vino o botti in rovere e ceste di vimini riutilizzate da un precedente impiego nella produzione dell’olio d’oliva; l’innovazione gastronomica è invece rappresentata da uno spazio racchiuso in una seconda struttura in acciaio con pareti intonacate colorate.

padiglione-spagna-expo-a

La forma riprende gli hórreo – tipiche costruzioni in cui si conservavano i frutti del campo, in particolare il grano – che possono trovarsi in Galizia, regione nord-occidentale della Spagna, o l’archetipo delle tradizionali abitazioni dell’Almeria, a sud. Gli spazi delle due serre, dotati di grande fascino e flessibilità, sono affiancati da un tipico porticato della tradizione iberica, che ospita una gran quantità di alberi di arancio, uno dei numerosi simboli della cultura spagnola qui esposti: all’interno vengono presentati al visitatore i cardini della produzione enogastronomica spagnola, ponendo l’accento sulle eccellenze in fatto di qualità, sicurezza e sostenibilità dei prodotti.

Le esposizioni all’interno del padiglione spagnolo sono differenziate tra i due piani. Al piano terra il visitatore potrà esplorare un’installazione realizzata dall’artista catalano Antoni Miralda intitolata “Il Viaggio del Cibo”: una serie di valigie di diverse dimensioni proiettano nomi dei cibi tradizionali della cultura spagnola – baccalà, patate, pomodori – mentre sul pavimento vengono proiettate parole legate all’esperienza del mangiare.

Proseguendo la visita si accede ad una sala semibuia che ospita sulle pareti una serie di schermi che mostrano video, immagini e informazioni sulle tecniche e tipologie di coltivazione oltre alle proposte sostenibili offerte dalla Spagna come soluzione alla scarsa disponibilità di risorse e cibo: in questa sala l’attrazione principale è un vetro satinato su cui scorre dell’acqua e che viene illuminato con effetti di luce variabili e sul quale compaiono parole che vengono “lavate” via dall’acqua.

padiglione-spagna-expo-d

Più avanti si accede in un’altra sala che senza dubbio è quella con il maggiore impatto visivo: un ampio spazio vuoto con le pareti ricoperte da migliaia di piatti rotondi su cui vengono proiettate immagini di fantastici paesaggi iberici e cibi tradizionali. Al piano superiore, una seconda mostra denominata “Il Linguaggio del Sapore” è un viaggio all’interno della mente di un cuoco spagnolo, con la volontà di trasmettere al visitatore la sua arte culinaria e le ricette gastronomiche migliori. Oltre alle due esposizioni, il padiglione ospiterà una serie di spazi pubblici tra cui un ristorante, un “bar de tapas”, una piazza pubblica ed uno spazio polifunzionale che ospiterà workshop, cooking class, conferenze e concerti, un orto didattico e una serie di giardini idroponici.

padiglione-spagna-expo-e

La sostenibilità del padiglione

Il padiglione, come già specificato in precedenza, è dedicato ai cibi e ai sapori della terra spagnola caratterizzata da terreni esposti costantemente a un sole intenso e perciò spesso aridi e improduttivi, che i sapienti agricoltori ispanici hanno però saputo trasformare in giardini verdi e fertili. La sostenibilità e l’alta efficienza energetica-ambientale sono stati obiettivi primari anche del progettista stesso: è di facile comprensione la volontà di trasmettere una sensazione di moderazione e di gestione delle risorse, considerando il presente periodo storico di crisi globale, a differenza della volontà di stupire il visitatore che ha caratterizzato le precedenti versioni del padiglione spagnolo alle esposizioni universali

padiglione-spagna-expo-f

Gran parte della struttura è caratterizzata da spazi semi aperti e da una copertura costituita da ampie lamelle vetrate mobili, che hanno la capacità di facilitare la ventilazione naturale lasciando uscire il calore dall’alto per effetto-camino. Forma e dimensione dei portici – che riprendono una lunga tradizione iberica – sono anch’essi pensati in posizione strategica, in modo da limitare il surriscaldamento, sempre mirando al risparmio energetico. L’edificio è realizzato con materiali riciclati o naturali ed è stato costruito interamente a secco: il legno di abete e di pino impiegato proviene da foreste certificate e tutte le componenti del padiglione possono essere riutilizzate in seguito allo smontaggio.

Read more

Il centro benessere nella natura: verde in facciata, sul tetto e all’interno

Una Spa è un luogo in cui ritrovare il benessere psicofisico, rilassarsi ed eliminare lo stress, facendo percorsi termali, trattamenti e attività a contatto con l’acqua. È dunque un luogo artificiale, ideato dall’uomo, che prendendo spunto dalla natura cerca di ricreare vasche termali, fiumiciattoli di acqua fredda con ghiaia per stimolare i sensi e rilassarsi. L’architettura che ospita questi centri benessere è sovente pensata giocando con la luce e con la suggestività degli ambienti, spesso si possono ascoltare riproduzioni di suoni naturali, ci sono stanze di cromoterapia, proiezioni di luoghi naturali meravigliosi… ma cosa veramente rilassa di più se non il contatto con la natura stessa?

Partendo da questa riflessione il MIA Design Studio ha progettato il Naman Pure Spa, realizzato nel 2015 a Da Nang in Vietnam.

LA SPA IN NUOVA ZELANDA PER RIFUGIARSI NEL BENESSERE

{loadposition google1}

spa-verde-vietnam-b

Il progetto di Naman spa

L’edificio si estende su una superficie di 1600 metri quadri, ha un impianto di forma rettangolare e si sviluppa su due livelli: al piano terra si trovano gli ambienti Spa, la palestra, gli spogliatoio uomo e donna, la stanza per lo Yoga, l’area Jacuzzi, l’area relax e le stanze per gli addetti; al secondo piano si trovano invece una libreria, una sala espositiva, ambienti spa e camere per trattamenti personalizzati. Sono state progettate e pensate anche delle suites in cui oltre a fruire di ambienti spa è possibile soggiornare per brevi periodi all’interno dell’edificio.

spa-verde-vietnam-c

Il patio e il raffrescamento passivo

spa-verde-vietnam-d

Tutti questi ambienti affacciano su un patio centrale nel quale aree relax si alternano a vasche di acqua collegate a quelle esterne attraverso dei piccoli canali, simili a fiumiciattoli, il tutto grazie ad un impianto di riutilizzo dell’acqua. L’immagine è quella di tanti piccoli laghetti e fiumiciattoli artificiali, ad evocare le fonti termali naturali che è possibile trovare in diversi posti del mondo. Le proprietà rilassanti dell’acqua, così come il rumore dello scorrere sono fondamentali in un centro benessere ed inoltre è utile per raffrescare gli spazi. In Vietnam il clima è tropicale pertanto prevedere sistemi naturali di raffrescamento è importante per fronteggiare i periodi di grande caldo. Il patio oltre a creare un ambiente verde ritirato, in cui è garantita privacy e relax, garantisce la ventilazione naturale di tutti gli ambienti in modo passivo.

Involucro in pannelli di lattice e moduli verdi

spa-verde-vietnam-e

Ma l’aspetto più interessante di questo edificio è il modo in cui il verde è integrato e parte integrante dell’involucro. La pelle esterna e quella interna al patio sono costituite dall’alternarsi di moduli verdi, caratterizzati da piante rampicanti di diverse specie, e pannelli in lattice bianco che vanno a scandire l’andamento verticale. Il verde si estende anche in copertura con il tetto giardino, come prosecuzione dei moduli di facciata.

spa-verde-vietnam-f

All’interno, i moduli verdi diventano dei quadri, le pareti sono composte da una varietà di specie arboree locali che con i loro fiori e profumi rendono suggestivo ogni ambiente. Le piante oltre a regolare il microclima interno alle stanze e nel patio, servono come schermatura naturale per filtrare il forte soleggiamento tropicale, andando a creare un gioco di luci ed ombre in facciata, negli spazi e nei percorsi interni. Per gli arredi interni lo stile minimal e i colori neutri lasciano spazio al verde, come unico elemento colorato e di decoro. La vegetazione prende il possesso dell’edificio, caratterizzandolo e conferendogli dinamicità. Gli spazi diventano micro oasi di pace, spazi vibranti sotto i riflessi delle foglioline. Al piano terra le piattaforme per la meditazione all’aperto e per il relax si alternano tra laghetti con ninfee e giardini pensili, i sensi vengono stimolati e pace e serenità sono assicurati!

Read more

La facciata dinamica di una delle università più sostenibili d’Europa

L’università di Kolding, in Danimarca, può essere eletta a tutti gli effetti la più green d’Europa grazie alla sua facciata dinamica composta da 1600 moduli mobili in acciaio forato. Tecnologia e principi di bioclimatica rendono l’edificio progettato da Henning Larsen Architects una gioiello dell’architettura.

FACCIATE DINAMICHE: GLI ESEMPI PIÙ BELLI DAL MONDO

{loadposition google1}

Henning Larsen Architects vince il suo primo premio nel 1961 per la progettazione dell’Università di Stoccolma, da allora si è cimentato di frequente nell’ambito della progettazione e realizzazione di complessi scolastici ed universitari.

Nel 2008 vince il primo premio per il progetto della sede delle facoltà di Comunicazione, Design, Cultura e Lingue della University of Southern Denmark nel Campus di Kolding. L’edificio realizzato nel 2014 è situato a Grønborg nel centro della città di Kolding , e gode di una posizione privilegiata sulle rive del fiume a poca distanza dal porto e dalla stazione. La volontà è di creare una piazza che interconnetta il fiume e le sedi delle varie istituzioni universitarie generando un legame tra la vita universitaria e la vita della città, tra interno ed esterno.

facciata-universita-kolding-b

RICERCA TECNOLOGICA E PROGETTUALE

L’edificio è frutto di un attento periodo di ricerca sia a livello tecnologico che progettuale. È un ottimo connubio tra innovazione e architettura, caratterizzato da un design moderno e una particolare attenzione e riflessioni sulla vita all’interno dell’Università che hanno portato lo studio danese a generare un spazio interno vibrante e dinamico.

I piani sono accessibili da un atrio di forma triangolare che muta ad ogni livello sia in forma che in posizione generando uno spazio suggestivo e vivo, varia pertanto l’ubicazione delle scale piano per piano, conferendo movimento alla hall e agli spazi comuni. Si genera un gioco di sfalsamenti che permette di creare delle connessioni visive tra i pianerottoli di accesso ai diversi piani, oltre a creare un ambiente architettonico dinamico, è volto ad enfatizzare gli aspetti fondamentali dell’ambiente universitario: la comunicazione e la conoscenza, nonché la ricerca e la sperimentazione. L’obiettivo è quello di generare ambienti di interconnessione e scambio, in prossimità dell’atrio, tra studenti, professori e ricercatori, allo stesso tempo vengono garantiti alcuni luoghi più privati per la contemplazione, la riflessione o la lettura nelle zone più periferiche dell’edificio.

facciata-universita-kolding-c 

LA FACCIATA DINAMICA DELL’EDIFICIO

In tutto questo un ruolo fondamentale è svolto dalla luce e dall’illuminazione naturale

“La luce del giorno è un parametro importante – afferma lo studio Henning Larsen Architects – per assicurare un ottimo microclima interno e il benessere dei fruitori”.

Grandi vetrate permettono di far entrare molta luce all’interno, ma richiedono anche una schermatura per evitare un eccessivo surriscaldamento degli ambienti. La luce varia nel corso della giornata e dell’anno, è da qui che nasce l’idea di un involucro dinamico, perfettamente integrato nell’edificio, che permette di controllare e gestire luce e calore garantendo un clima ottimale e conferendo un’immagine architettonica significativa unica e variabile.

facciata-universita-kolding-d

Le facciate sono caratterizzate da vetrate continue e da 1600 moduli di forma triangolare in acciaio perforato. Gli schermi solari sono montanti su telai mobili che permettono il movimento al fine di regolare la quantità di luce desiderata all’interno degli ambienti, il sistema è dotato di sensori che misurano di continuo il livello di luce e calore regolando e muovendo meccanicamente i brises soleil attraverso un piccolo motore. Quando i moduli sono chiusi aderiscono perfettamente alla facciata creando una superficie continua, mentre quando sono aperti creano una facciata dinamica, sporgendo con le loro punte e trasformando l’edificio in un vero e proprio monumento.

Anche i fori circolari presenti sui pannelli sono il risultato di ricerche e calcoli di ingegneri e architetti che hanno stabilito il 30% come angolo di apertura ottimale sia per la schermatura che per la visuale dall’interno verso l’esterno. Durante il giorno la luce naturale filtra attraverso i fori creando giochi di luce sempre variabili all’interno, mentre la sera il gioco si inverte, quando il sole è tramontato la luce artificiale dall’interno passa attraverso i fori rendendo più trasparente la facciata proiettando le ombre verso gli spazi esterni antistanti la facoltà, portando all’esterno il mondo interno dell’Università e andando a rafforzare il concetto che è alla base del progetto: creare un’interazione e un dialogo forte tra la vita universitaria e la città.

La forma triangolare dei moduli è dovuta ad una scelta progettuale legata all’inserimento nel contesto urbano, alla forma dell’edificio e al voler creare un vero e proprio monumento per la città piuttosto che una semplice sede universitaria, diventando un simbolo ed interagendo attivamente con l’intorno.

COLORI E SOSTENIBILITÀ

facciata-universita-kolding-e

Per quanto riguarda gli aspetti legati alla sostenibilità e al risparmio energetico, lo studio Henning Larsen Architects non si è limitato solamente ad integrare questi sistemi in facciata, ma ha progettato l’intero edificio secondo principi sostenibili, garantendo un’ottima ventilazione e illuminazione naturale. L’atrio di notte viene raffrescato utilizzando l’aria esterna e di giorno viene illuminato naturalmente dal lucernario posto a sommità, inoltre un impianto di raffrescamento e riscaldamento a soffitto, che utilizza la raccolta delle acque piovane, permette di regolare le temperatura all’interno dell’edificio, mentre celle solari in copertura provvedono alla produzione di energia elettrica ed infine una serie di altre accortezze come l’uso di illuminazione led o di apparecchiature energetiche a basso consumo, fanno del Campus di Kolding una delle sedi universitarie più sostenibili di Europa.

facciata-universita-kolding-f

Un’ulteriore osservazione può essere posta sull’uso del colore. Sia all’interno che all’esterno predominano colori neutri, per le parti strutturali e per la pavimentazione così come per la maggior parte dei moduli in facciata. Tuttavia gli elementi di arredo e di design degli spazi comuni interni sono caratterizzati da colori come l’arancione, il giallo, il rosso, mentre alcuni moduli triangolari della facciata dinamica sono colorati di arancione, rosa o verde, conferendo vivacità alla facciata, la stessa vivacità che contraddistingue un ambiente universitario.

Read more

Il padiglione dell’Estonia ad Expo 2015: “Gallery of”

Il nome del progetto dello studio Kadarik Tüür Arhitektid – gruppo estone con sede a Tallinn – per il padiglione dell’Estonia a Expo Milano 2015 è la chiara sintesi della natura della costruzione così come la dinamicità e creatività del popolo nordeuropeo si riflette perfettamente nella flessibilità e multifunzionalità dello spazio progettato.

L’edificio, con una superficie di circa 1200 metri quadrati, non è un contenitore statico ma fa da cornice alla vita che si svolge al suo interno: l’architettura è stata pensata in modo da adattarsi alle diverse esigenze di mostre, rappresentazioni e concerti.

EXPO 2015: IL PADIGLIONE DEL BRASILE IN SUGHERO

{loadposition google1}

All’interno della galleria dell’Estonia si fondono elementi tradizionali e rivoluzioni high-tech rappresentativi dei caratteri tipici del popolo baltico e del proprio territorio naturale incontaminato che si uniscono con l’innovazione tecnologica del paese, definita dalla BBC come la ”Next Silicon Valley”. Il padiglione ospita più di trenta aziende e la sua permeabilità, ovvero il continuum spaziale tra l’interno e lo spazio aperto esterno, rappresentano l’apertura e la trasparenza al livello economico e commerciale del paese nei confronti del visitatore e, quindi, del mondo e delle dinamiche globali.

LA STRUTTURA DEL PADIGLIONE ESTONE

padiglione-estonia-expo-b

L’edificio è facilmente comprensibile sul piano compositivo e costruttivo. La struttura è composta da cinquantadue box modulari e impilabili in legno lamellare, alternati ritmicamente a spazi aperti: l’alternanza dei pieni e dei vuoti è così assimilabile al disegno di una scacchiera. Il design delle scatole è variabile in modo da poter creare molteplici moduli adattabili alle diverse funzioni: c’è un modulo altalena, un modulo per le presentazioni su schermi LED, moduli con pareti mobili per le mostre e moduli appositi per la sala conferenze e meeting. Questo sistema è stato scelto sia per la semplicità di costruzione e di smontaggio al termine della manifestazione che per la flessibilità degli spazi interni, così come la monomatericità del padiglione è intesa come fondale neutro per tutti gli eventi ospitati e per le diverse immagini proiettate dagli schermi a LED installati.

{youtube}ntM1tbibYgs{/youtube}

L’ORGANIZZAZIONE INTERNA

padiglione-estonia-expo-c

Al piano terra, ai lati di un ampio open space flessibile che ospita gli eventi più disparati, oltre all’alternanza ritmica di box espositivi e dei tradizionali kiik, troviamo un punto informazioni, un ristorante che propone street food tradizionale e un negozio di souvenir.

Per mezzo della scala centrale si raggiunge il primo piano, che ospita uno spazio espositivo in cui vengono esaltate le punte di diamante della produzione estone – imprese innovative, soluzioni di e-State, turismo rurale e imprese green, elementi del settore creativo e delle belle arti – oltre a un ulteriore bar tematico, dedicato ai prodotti tipici della nazione baltica a base di segale, dal pane alla birra e ai distillati.

Al secondo piano viene invece messo in evidenza il grande rapporto dell’Estonia con la natura. Qui è riprodotto un piccolo bosco con le specie arboree più tipiche del paese – le betulle – animato dal suono del canto degli uccelli: le registrazioni vengono attivate grazie a delle fotocellule e il volume si alza in base a quanti più visitatori vengono percepiti dai sensori. Una serie di schermi trasmettono live la vita degli uccelli estoni e, più in generale, di alcuni animali presenti sul territorio nazionale, filmati attraverso telecamere nascoste.

padiglione-estonia-expo-d

SOSTENIBILITÀ E RISPARMIO ENERGETICO

Così come molti altri stati in Expo Milano 2015, anche l’Estonia ha scelto il legno come materiale dominante della costruzione, utilizzando le sue caratteristiche come espressione della sostenibilità e dello stretto vincolo tra società e natura.

L’impianto di illuminazione, che regola automaticamente le lampade in base alla variazione delle condizioni di luce naturale esterna, sottolinea l’attenzione al risparmio energetico. Uno degli elementi più interessanti del padiglione, da questo punto di vista, è costituito dal tradizionale kiiking, sport di cui gli estoni sono inventori: per mezzo dei kiik, delle altalene, anche biposto, inserite nei vuoti lasciati dalla struttura e collegate a dei generatori, i visitatori sono in grado di convertire l’energia cinetica dell’oscillazione dei dondoli in energia elettrica, auto-producendo così energia. Superate le cinque oscillazioni infatti, il sistema alimenta dei caricatori per cellulare messi a disposizione degli utenti, mentre delle macchine fotografiche immortalano il kiiker ignaro, quando meno se lo aspetta: al momento di abbandonare l’altalena il visitatore può ritirare la propria fotografia, stampata assieme ai dati sulla quantità di energia prodotta con le oscillazioni, in modo da comprendere quanta energia sia necessaria per le comuni azioni quotidiane.

TECNOLOGIA

L’avanzata produzione tecnologica del paese baltico non poteva non caratterizzare il padiglione estone con tecnologie e software innovativi: una grande quantità di schermi a LED rivestono le pareti delle stanze, soffitto compreso, proiettando scene in live streaming direttamente dall’Estonia – addirittura dalle cucine di un ristorante noto in tutto il mondo. All’interno del padiglione, una rete wi-fi libera e una serie di supporti predisposti permetteranno agli ospiti di condividere immagini e comunicare via Skype, software diffusissimo sviluppato da un gruppo di giovani estoni.

Read more

Shigeru Ban: rifugi autocostruiti per le vittime del terremoto del Nepal

Lo studio Shigeru Ban Architects ha rilasciato le immagini del suo primo prototipo di un rifugio di emergenza progettato dopo il disastro in Nepal della scorsa primavera. 

Il prototipo è pronto per essere costruito entro la fine del mese di agosto ed è stato progettato per essere facilmente montato anche da persone non esperte in montaggio di strutture. 

RICOSTRUZIONI POST CALAMITÀ: NEW ORLEANS DOPO L’URAGANO KATRINA

{loadposition google1}

Utilizzando dei semplici collegamenti tra i moduli dei rifugi,  vengono realizzate le strutture di base (cornici in legno di 90 cm x 210 cm), i mattoni e le macerie recuperate vengono utilizzate per il tamponamento delle murature, mentre con i tubi di cartone (tipici dei progetti dell’architetto giapponese) viene creata una struttura reticolare che sostiene il tetto. Questo tipo di struttura, per come è stata concepita, come afferma Shigeru Ban, permetterà un “montaggio rapido e insediamento quasi immediata”.

Shigeru Ban è un architetto infaticabile che vive tra New York, Tokyo e Parigi, e il cui lavoro ha da sempre espresso fiducia verso la rigenerazione e la ricostruzione di siti devastati. Di recente, nel 2014, ha vinto il Pritzker: si tratta del più prestigioso premio d’architettura internazionale, conferitogli per le sue opere costruite in materiali riciclati, destinate a ospitare i profughi delle guerre civili e le vittime dei disastri naturali. La sua tecnica usa materiali naturali rigenerabili come il bambù, oppure riciclati come le stoffe e i sottoprodotti di carta e plastica, o ancora adoperando materiali locali, per costruire colonne, muri e travi portanti.

La logica di Ban è semplice: realizzare qualcosa che sia facile da smontare e rimontare e nello stesso tempo resistente all’acqua e al fuoco. 

Per Shigeru Ban, la sostenibilità è un valore appartenente alla stessa architettura. Le sue opere si sforzano di utilizzare prodotti e sistemi adeguati, in sintonia con l’ambiente e il contesto specifico, nonché materiali rinnovabili e, quando possibile, di produzione locale.

shigeru-ban-nepal-b

Il progetto del rifugio è stato concepito in collaborazione con l’organizzazione umanitaria di Ban, Voluntary Architects Network (VAN). A partire da quando si avvierà la realizzazione, la previsione è di fornire in pochi mesi case temporanee utilizzando materiali locali disponibili in Nepal. Partner del progetto e della realizzazione saranno anche le Università locali, gli studenti e molti architetti nepalesi. 

Intanto l’azienda di Ban e la sua organizzazione di soccorso volontario distribuiranno semplici tende-integrate con fogli di plastica donate dagli appaltatori locali che serviranno da pareti divisorie per essere montate temporaneamente in loco come rifugio temporaneo e stazioni per aiuto medico.

shigeru-ban-nepal-cshigeru-ban-nepal-d 

Read more

Recupero di una torre difensiva in Grecia

In Grecia, nel Peloponneso, dove prima risiedevano uomini dalla vista aguzza, che scrutavano il mare in cerca di velieri nemici, ora le persone trovano ristoro per la mente e per lo spirito ammirando il paesaggio mozzafiato che si gode oltre lo strapiombo. Infatti, gli architetti Kostas Zouvelos e Kassiani Theodorakakou sono riusciti a trasformare una torre difensiva di avvistamento, che sovrasta Capo Tainaron in località Asiata, in luogo di contemplazione

IL PROGETTO DI RESTAURO DEL CASTELLO DI ASTLEY

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DEL RECUPERO DELLA TORRE

Il volume esterno della torre sembra non aver subito alcuna modifica: dalla costa e dall’entroterra si staglia verso il cielo un parallelepipedo in pietra locale con copertura piana saldamente accorato alla roccia del monte. Infatti, gli spazi necessari alla nuova destinazione d’uso sono stati sapientemente ricavati all’interno del perimetro murario esistente, le lacune sono state riempite utilizzando il medesimo materiale reperibile in loco e la piscina a sfioro inserita ex novo non interferisce visivamente con l’unitarietà di stile della costruzione. Inoltre, al fine di aumentare la coesione tra le pietre, le superfici interne ed esterne sono state stuccate in “kourasani”: una malta costituita da terra di Theraic, che si trova nelle vicinanze, polvere di ceramica, calce, sabbia di fiume e una piccola quantità di cemento.

All’interno gli ambienti sono disposti su quattro livelli: tre camere da letto, due bagni e una cucina si articolano negli stretti spazi dove in alcuni punti le pareti sono costituite direttamente dalla pietra viva. Una serie di scalette interne ed esterne collegano i vari ambienti della torre arredati in stile contemporaneo. Le piccole aperture, che incorniciano il mare, non sono state ampliate: in questo modo pochi raggi di sole penetrano all’interno rischiarando gli ambienti bui in pieno contrasto con la luce accecante dell’esterno tipica della Grecia.

recupero-torre-grecia-b

recupero-torre-grecia-c

recupero-torre-grecia-d

recupero-torre-grecia-e

Read more

Edifici giardino: la natura nell’ospedale aiuta la guarigione

Heatherwick Studio ha presentato il progetto per la costruzione di un nuovo padiglione ospedaliero universitario a Leeds. La struttura ospiterà il centro Maggie, associazione che si impegna per il supporto pratico, emotivo e sociale gratuita per le persone con il cancro e loro familiari e amici.

SALUTE, BELLEZZA E PACE: IL CENTRO SALAM DI EMERGENCY IN SUDAN

{loadposition google1}

Dedicato ai malati oncologici, i progettisti hanno sviluppato un progetto con l’obiettivo dichiarato di sfruttare l’effetto terapeutico delle piante a beneficio dei malati di cancro. L’edificio è stato progettato come una serie di percorsi verdi,  tra gradini e”fioriere” , che si intrecciano a formare ambienti interni poco convenzionali per una struttura medica, creando una sensazione di continuità tra spazio interno, esterno, privato e pubblico. 

L’edificio-giardino, che nasce sul sedime di una precedente area verde, non ha snaturato l’idea di oasi di pace, ma l’ha amplificata, dotandola di servizi necessari per la cura. Con l’aiuto di paesaggisti Balston Agius saranno progettati i vuoti circostanti la struttura.

ospedale-giardino-maggie-b

ospedale-giardino-maggie-c

ospedale-giardino-maggie-d

ospedale-giardino-maggie-e

I progettisti di Heatherwick Studio saranno gli interpreti dell’edificio che porterà un Centro Maggie nello Yorkshire. “La creazione di un ambiente tranquillo per permettere agli operatori di svolgere il programma di sostegno per le persone che vivono con il cancro è incredibilmente importante”, ha detto Laura Lee, Chief Executive di Maggie.

Il Centro Maggie di Leeds è programmato per essere completato nel 2017, quando si unirà  alle 18 altre cliniche Maggie in tutto il Regno Unito e in tutto il mondo. Esperimenti di questo tipo non sono i primi che incontriamo.

IN CHE MISURA UN GIARDINO PUÒ AIUTARE A GUARIRE? 

In America, esperimenti come gli “healing gardens “ (verde progettato appositamente a scopo curativo) sono una realtà da vent’anni.  

Le teorie che supportano la grande importanza del verde per un recupero curativo si debbono al dottor Roger Ulrich, fondatore del primo centro interdisciplinare tra medicina e architettura all’Università del Texas e pioniere della ricerca sui giardini curativi. Attualmente insegna architettura terapeutica nelle università di Chalmers, in Svezia, e di Aalborg, in Danimarca. Tutto parte dalla sua esperienza personale. Affetto da nefrite, da bambino ha vissuto lunghi periodi di degenza in differenti ospedali. Ulrich ha passato tanto tempo ad osservare il mondo fuori dalla finestra: se vedevo un albero, mi sentivo meglio. Quando si è immersi in un ambiente freddo, funzionale e spaventoso come un ospedale, la mente cerca una via di uscita verso la normalità. Solo più tardi mi sono chiesto se esisteva un rapporto preciso tra quella sensazione che avvertivo da bambino e un effettivo miglioramento fisico nelle condizioni dei pazienti”. Per dieci anni, Ulrich ha “sconvolto” il rigido ordine competitivo delle camere d’ospedale, spostato letti per garantire una vista sull’esterno, allestito pareti con immagini naturalistiche, portando piante. Dopo la raccolta di un folto quantitativo di dati, ha potuto provare che i pazienti che avevano la possibilità di avere contatti con la natura guarivano più velocemente rispetto agli altri.

Altro esempio dell’importanza di una approfondita ricerca su questi temi è la nascita, nel 2007, dell’associazione americana Hope in Bloom che realizza giardini e allestisce terrazzi e balconi nelle case per le donne in cura per il cancro al seno. “Ci sono molti studi che provano come l’esposizione al verde aumenti il livello di serotonina nel corpo umano: significa una carica di energia in più e un antidoto contro la depressione”, dice la fondatrice, Roberta Dehman Hershon. Anche per lei l’esperienza ha contribuito in modo fondamentale a dar vita all’associazione. “Quando la mia migliore amica Beverly si è ammalata gravemente di tumore al seno, abbiamo deciso di dare un senso a quello che stava succedendo e abbiamo costruito un giardino: una scusa per vedersi ogni giorno e lavorare a un progetto comune, senza parlare della malattia, rilassandosi e vivendo la vita con un ritmo diverso”.

Giulio Senes, ricercatore alla Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano puntualizza: “in un momento di grandi tagli di spesa per la sanità, si potrebbe pensare che realizzare un giardino sia un lusso da evitare. Ma esiste una legge del 1939 che impone uno spazio libero di 15-20 metri quadrati per ogni posto letto da adibire a giardino. Il verde, insomma, deve esserci per legge; il vero spreco, semmai, è progettarlo male. Senza contare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ridefinito nel 1998 la salute come “uno stato dinamico di complessivo benessere fisico, mentale, spirituale e sociale e non solo assenza di malattia o infermità”.

OSPEDALI COME PARCHI IN ITALIA

E in Italia? Qualcosa sta cambiando.Il progetto di Renzo Piano per la “fabbrica della salute”, che sorgerà nell’area ex Falck di Sesto San Giovanni, Milano, ha osservato e posto l’accento sulla “fragilità dell’uomo nel momento della malattia“. Lo scopo dell’architettura è di offrire “alla sofferenza quella dignità della persona troppo spesso sacrificata da strutture afflitte da gigantismo”

Nei padiglioni ancora in fase progettuale, che potremo vedere nel 2017, laboratori e sale chirurgiche saranno sottoterra e ogni camera avrà “una piccola finestra sporgente sul parco”, spiega Piano. Anche dal letto si godrà la vista sul verde: sugli alberi d’alto fusto ma anche sugli orti, che oggi sappiamo essere parte integrante del processo di cura”.

Progettare in modo terapeutico migliora la vita di tutti: malati, familiari, personale medico. In modo naturale, economico e sostenibile.

Read more

Rifugi per i senzatetto: sperimentazione abitativa

Nel Regno Unito è stato indetto un concorso “Spazio per nuove visioni”, giunto alla sesta edizione, organizzato dal magazine di architettura europea A10. I concorrenti dovevano creare un progetto visionario, presentando elaborati architettonici, di qualsiasi edificio. Vincitore del contest è il progetto sperimentale di un rifugio per senzatetto.

CASE PER SENZATETTO dal riciclo di rifiuti

{loadposition google1}

I progettisti avevano il mandato di puntare l’attenzione su temi quali la luce naturale, il comfort, la funzionalità, la facilità dell’utilizzo e il rispetto dell’ambiente.

Il concorso ha ricevuto quasi 60 progetti provenienti da diverse parti del mondo, come la Bielorussia, Spagna, Repubblica Ceca, Polonia, Italia e Thailandia, Stati Uniti, Messico e Gran Bretagna.

La giuria ha proclamato da pochi giorni il suo vincitore, dopo aver vagliato proposte di altissimo livello: l’originalità della destinazione ha inciso sull’esito del concorso. Il tema della gara prevedeva la creazione di uno spazio che spingesse la mente a una nuova visione di spazio. I vincitori, rappresentati da James Furzer  di  Spatial Design Architects, hanno proposto “ Le case per i senzatetto”. 

Il problema degli homeless in UK è molto sentito: le persone senza fissa dimora sono oltre 750 nella sola Londra. Questa interessante “casa baccello” temporanea, arroccata su edifici esistenti, potrebbe essere un soluzione interessante per dare un ricovero a chi, di giorno e di notte, si trova emarginato in strada, soprattutto durante i climi rigidi.

rifugi-senzatetto-londra-b

rifugi-senzatetto-londra-c

rifugi-senzatetto-londra-d

rifugi-senzatetto-londra-e

rifugi-senzatetto-londra-f

Dal punto di vista strutturale, la pelle che ricopre la capsula può essere modificata a seconda delle esigenze dell’edificio a cui addossare i rifugi e alle disponibilità di recupero del materiale. La manutenzione, essendo ricoveri temporanei, sarà affidata a enti di beneficenza che dovranno gestire chi potrà usufruire dei baccelli.

Con la crisi economica, le persone che vivono senza fissa dimora sono in aumento. Emarginato dalla società ed isolato, in media un senzatetto muore a soli 47 anni, e le persone che vivono in strada hanno molte più probabilità di ricorrere al suicidio rispetto alla media. Subire insulti, molestie e aggressioni da parte del pubblico è un duro prezzo da pagare per chi vive questa situazione ai margini della società. L’integrazione architettonica di queste mini dimore può essere un primo passo per rendere più facile la vita di queste persone disagiate. Con “Case per i senzatetto” , James Furzer spera di cambiare il mondo. Un rifugio alla volta.

Read more

Unicredit Pavilion: una struttura leggera in larice nel centro di Milano

All’interno del nuovo quartiere Garibaldi-Porta Nuova, protagonista in questi anni di un vasto intervento di riqualificazione urbana ed architettonica, proprio in mezzo ai moderni palazzi Unicredit, ci si imbatte in un’architettura in grado di connettere piazza Gae Aulenti, il parco e le torri che lo circondano: è il nuovo Unicredit Pavilion, firmato dal Maestro Michele De Lucchi.

MILANO ED EXPO 2015: LA FORESTA DEL PADIGLIONE AUSTRIACO

{loadposition google1}

Concepito come un luogo di relazione e di cultura, il padiglione vuole essere uno spazio polifunzionale in grado di ospitare mostre, eventi e conferenze; un centro dove dialogo e condivisione diventano l’obiettivo delle iniziative che qui verranno organizzate. Serate, concerti e meetings, inoltre, potranno avere luogo contemporaneamente, grazie alla sapiente progettazione degli ambienti interni.

unicredit-pavilion-milano-b

unicredit-pavilion-milano-c

unicredit-pavilion-milano-g

“Si capisce subito che non è ne un condominio nè un edificio da uffici e si memorizza con la forza emozionale di un monumento, un simbolo tra la natura del parco e gli uomini dei grattacieli” (M. De Lucchi)

Scambi ed incontri aperti alla comunità che, secondo il progettista, “vengono generati da un seme che contiene il cuore della vita  e che cade sulla terra per poter radicarsi, crescere e vegetare;  un seme che è oggi un edificio di legno, al bordo di un grande parco cittadino.”  Affacciato verso le torri in vetro che lo circondano, il padiglione è sinonimo di sostenibilità e sensibilità verso la natura e l’ambiente; si presenta come un’architettura all’avanguardia contraddistinta da innovative soluzioni tecnico-costruttive attente alla valorizzazione delle risorse naturali ed al risparmio energetico.

Un seme, appunto, reso immediatamente riconoscibile grazie ad una leggera struttura in legno di larice arricchita dalla luminosità del vetro, che si integrano perfettamente generando così un’atmosfera armoniosa ed accogliente; un volume architettonico arrotondato che si pone in contrasto (ma anche perfettamente in sintonia) con le linee rigorose degli edifici circostanti. 

unicredit-pavilion-milano-d

unicredit-pavilion-milano-e

unicredit-pavilion-milano-f

Il padiglione si erge su tre livelli: al piano terra, innanzitutto, si trova un ampio auditorium che potrà accogliere fino a 700 posti, grazie alla versatilità dell’aula modulabile, che potrà essere suddivisa in ambienti più piccoli.

Percorrendo una scala elicoidale che nasce proprio dall’auditorium, si accede poi alla Passerella dell’Arte, dedicata alle esposizioni artistiche ed alle mostre temporanee; un percorso flessibile che potrà essere adoperato a supporto di altre attività ospitate all’interno della struttura attraverso la creazione di narrazioni visuali ed interattive.

Proseguendo verso il secondo livello, si giunge al Mini Tree, un nido d’infanzia a servizio dei dipendenti e non solo, che ospiterà fino a 60 bambini dai 3 ai 36 mesi; mentre al terzo piano è collocata la Greenhouse, un suggestivo open-space destinato ad accogliere conferenze ed eventi di business e caratterizzato da due “ali” apribili lunghe 12 metri e dotate di maxischermi, i quali permetteranno ai visitatori di seguire gli incontri anche dall’esterno.

Inaugurato pochi giorni fa, la serata inaugurativa del 28 Luglio ha dato inizio ad una lunga serie di eventi che proseguiranno anche dopo i mesi estivi e che vedranno la partecipazione di protagonisti nazionali ed internazionali.

Read more

Una scala vegetale per stimolare la creatività a lavoro

Il designer Paul Cocksedge e lo studio di ingegneria Arup hanno lavorato insieme ad un progetto davvero particolare: una scala vivente, vegetale, da posizionare all’interno degli uffici per l’impresa creativa Ampersand a Londra, nel quartiere di Soho.

SCALE E SPAZIO: LA STAIR HOUSE DELLO STUDIO ONYX

{loadposition googlebozzola}

OBIETTIVI DELLA SCALA VEGETALE

Si tratta di una scala a chiocciola di quattro piani senza pilastro centrale, commissionata ai progettisti con l’obiettivo di aumentare la creatività e stimolare il dialogo fra i dipendenti ma anche la fantasia e l’immaginazione, portando la natura dentro l’edificio.

Afferma il designer: “È uno spazio unico, perché è possibile guardare l’atrio da tutti i piani. Stavamo cercando di pensare ad una scala che, messa in quella posizione, potesse completare l’edificio aggiungendo qualcosa in più”.

scala-vivente-londra-b

scala-vivente-londra-c

GLI AMBIENTI IN UNA SCALA

Non è solo una scala che ospita fiori e piante, ma contiene diversi “ambienti” con differenti funzioni molto interessanti: al primo piano si può trovare una piccola biblioteca dove soffermarsi a sfogliare un libro, al piano intermedio un lampadario di Ingo Maurer, noto designer tedesco, suona con i suoi petali d’acciaio e, all’ultimo piano, ci si può preparare un ottimo tè circondati da piante aromatiche come la menta.

Il progettista spiega infatti: “Volevamo creare una scala che permettesse momenti in cui ci si può imbattere in qualcuno o avere una conversazione con qualcun altro con cui non avremmo mai avuto l’occasione di parlare se ci fossimo spostati in ascensore o con una scala tradizionale”.

Lungo i due corrimano sono disposte le piante che, insieme al legno chiaro dei gradini e della pavimentazione, danno un tocco di colore al bianco predominante negli uffici e creano un’atmosfera calda e rilassante. Secondo i progettisti era importante introdurre e valorizzare l’elemento naturale nel luogo di lavoro e, aggiungo, favorire una leggera e salutare attività fisica per contrastare la sedentaria attività lavorativa di un ufficio.

scala-vivente-londra-d

Read more

Woodscraper: i grattacieli del futuro sono in legno

Nel 1700 il termine “skyscraper” era riferito agli altissimi alberi maestri delle navi inglesi, ma dal XX secolo la parola viene comunemente utilizzata per indicare edifici altissimi, che “grattano il cielo”. L’immagine dell’edificio è la massima rappresentazione della città moderna: imponenti in tutta la loro altezza con una superficie apparentemente interminabile di “curtain wall”. Le forme esteriori sono, col passare degli anni, sempre più articolate e fantasiose ma la struttura portante rimane quella in acciaio e calcestruzzo che sosteneva i primi grattacieli statunitensi dei primi anni del ‘900.

BSKYB: L’EDIFICIO IN LEGNO PIÙ ALTO DEL REGNO UNITO È FIRMATO ARUP

{loadposition google1}

Tuttavia la riscoperta di uno dei materiali da costruzione più antichi e lo sviluppo tecnologico, con tecniche sempre più raffinate di lavorazione, sta modificando la consuetudine e fatto sì che nella lista dei materiali utilizzati per i grattacieli si inserisse anche il legno.

Woodscrapers: sperimentazioni

Dopo le prime sperimentazioni di qualche anno fa, come lo Stadthaus a Londra ed il Forté Apartments di Melbourne -che anche senza essere dei veri e propri grattacieli mantengono tuttora il primato di edifici con struttura in legno più alti del mondo- in diversi paesi è in programma la costruzione di numerosi woodscrapers, con uno sviluppo che superi i 30 piani: i più noti sono il grattacielo di Berg | C. F. Møller in collaborazione con gli architetti Dinell Johansson e il consulto di Tyréns, che hanno vinto il concorso HSB architectural competition, presentando il progetto di una torre di 34 piani a Stoccolma, e il grattacielo HoHo di 24 piani ad opera dei progettisti Rüdiger Lainer, che verrà costruito nell’ambito della riqualificazione della zona Seestadt Aspern, a Vienna.

Il Woodscraper di MGA per Baobab

L’ultimo ad essere presentato -puntando ovviamente al primato mondiale di altezza per un edificio in legno– sfiderà anche la Tour Eiffel ed è ad opera del team di MGA – Michael Green Architects, in collaborazione con lo studio DVVD, con sede a Parigi, finanziati da REI France, società di promozione e costruzione specializzata in costruzioni ecologiche.

woodscraper-baobab-parigi-b.jpg

woodscraper-baobab-parigi-c.jpg

Nel 2012 l’architetto Michael Green ha presentato il suo progetto Tallwood, un edificio di 30 piani a Vancouver, costruito interamente in legno, accompagnando il progetto con una ricchissima e specifica documentazione di ricerca (The Case for Tall Wood Buildings), una sorta di manuale di istruzioni per la costruzione di edifici in legno stilato insieme all’ingegnere strutturista Eric Karsh. Dal punto di vista strutturale il grattacielo di Michael Green prevedeva una struttura a telaio, con travi LSL (Laminated Stranded Lumber), meglio conosciuti in Europa come Intrallam.

Il grattacielo farà parte di un complesso di 6 torri, denominato Baobab, presentato nell’ambito della Reinventer Paris Competition, un’iniziativa delle autorità locali per la ricerca di innovazione nel campo del design urbano e della sostenibilità, che possa dare nuovo respiro e rivitalizzare l’architettura parigina. Il progetto sarà al centro delle operazioni di rinnovo di Porte Maillot, una parte strategica della “grande Parigi” che collega il distretto finanziario con La Défense.

La struttura mista, per un totale di 35 piani, consiste in una serie di pannelli X-LAM, pilastri in legno e un core baricentrico, ospitante scale ed ascensori, anch’esso in legno; solamente alcune travi saranno in acciaio per fornire una resistenza addizionale e maggiore flessibilità alla spinta laterale del vento in facciata. In questo modo si potranno risparmiare circa 3700 tonnellate di anidride carbonica (CO2) rispetto ad una struttura tradizionale in cemento armato: l’equivalente di circa 2200 automobili in circolazione per un intero anno.

Dal punto di vista della sostenibilità sociale, propone un nuovo modello di mixité sociale con la combinazione di un mercato, social housing e alloggi per studenti, orti urbani, hub per auto elettriche e mezzi pubblici. Il progetto Baobab si propone pertanto di introdurre una nuova visione della città, trasformando il sito di costruzione in un ingresso alla città e proponendo un nuovo modello per la città del futuro.

Read more

Orti urbani a Friburgo per la riqualificazione ecologica della città

Non sarebbe bello camminare per le strade della propria città ed imbattersi improvvisamente in piccoli spazi coltivati in cui la raccolta non solo non è vietata ma addirittura viene incoraggiata?

In diversi quartieri di Friburgo opportunità simili sono diventate realtà dall’estate del 2011, anno in cui la città tedesca ai confini della Foresta Nera, da sempre molto sensibile al tema della sostenibilità, ha deciso di seguire l’esempio di numerosi paesi di tutto il mondo invadendo la città con orti urbani.

In copertina: foto da waldgarten-wiehre.de

Visita la città di Friburgo e i suoi orti urbani.

{loadposition google1}

Gli orti urbani e la salvaguardia dell’ambiente

Cibo e sostenibilità ambientale sono infatti strettamente connessi tra loro: basta pensare che un terzo delle emissioni totali delle attività umane sono causate dall’agricoltura e che il trasporto di merci e alimenti contribuisce in maniera significativa all’ emissione di CO2 nell’aria per capire come i sistemi di produzione e consumo alimentare hanno ripercussioni dirette su problematiche stringenti come inquinamento, deforestazioni e consumo di suolo e di risorse idriche.

Progetti volti all’auto-produzione e al consumo di prodotti locali rappresentano una risposta concreta delle comunità che vogliono dare il proprio contributo alla salvaguardia dell’ambiente.

Con questo scopo un gruppo in continua crescita di cittadini di Friburgo ha deciso di dare vita a quella che loro definiscono una vera e propria “riqualificazione ecologica della città” e di cui gli orti urbani rappresentano una delle maggiori iniziative. 

Gli altri benefici degli orti urbani

caption: foto da www.ttfreiburg.de

Ma quali sono i vantaggi di avere orti comunitari all’interno dei centri urbani

“Noi siamo ciò che mangiamo” asseriva il filosofo Feuerbach e frutta e ortaggi a chilometro zero, senza l’utilizzo di fertilizzanti ed antiparassitari, oltre a limitare i danni all’ambiente, hanno effetti benefici sulla salute che sono riconosciuti dai medici di tutto il mondo. In alcuni quartieri di Friburgo sono stati seminati prodotti locali quasi dimenticati come fave ed alcune varietà di pomodori: prodotti biologici a filiera corta che assecondano la stagionalità e mantengono inalterate proprietà organolettiche e principi nutritivi.

Gli orti urbani svolgono inoltre un importante ruolo sociale ed educativo. Si tratta infatti di un sistema basato sulla cooperazione sociale e il networking in cui persone appartenenti a diversi ceti sociali condividono tempo ed energie mentre differenti generazioni mettono a confronto i diversi livelli di esperienza nell’abito della semina e della cura dei prodotti della terra.

Infine il giardinaggio urbano può essere eseguito ovunque: un tetto piano, una parete, spazi incolti e aree industriali dismesse, senza considerare che ogni cittadino può praticarlo sul proprio balcone privato.

Il comune di Friburgo ora ha messo a disposizione dei abitanti ampie porzioni di terreno inutilizzato, ma l’Urbanes Gärtnern è iniziato tramite il rinverdimento di zone grigie all’interno dell’abitato, come le aree recintate intorno agli alberi, a dimostrazione di come siano sufficienti pochi “ingredienti”, primi fra tutti forza di volontà e fantasia.

friburgo-orti-urbani-c

caption: foto da www.ttfreiburg.de

Le tecniche alla base del giardinaggio urbano

caption: foto da www.ttfreiburg.de

Alcuni orti sono stati realizzati in prossimità delle fermate dell’autobus, lungo le strade della città; abitanti e turisti spesso ingannano l’attesa visitandoli e chiedendo informazioni, i più curiosi aspettano addirittura la corsa successiva.

L’accesso ai giardini è libero ma, data la risposta positiva della popolazione, i responsabili del progetto riservano alcune particolari giornate (definite “open door garden”) per rispondere alle domande degli interessati e raccogliere eventuali nuove adesioni. Inoltre durante l’anno programmano eventi pubblici quali proiezioni di film, conferenze e workshop per illustrare in maniera più approfondita i principi e le tecniche di tale forma di giardinaggio.

In particolare viene introdotto il tema della permacultura ovvero un metodo di coltivazione in cui la progettazione dei terreni avviene secondo gli schemi e le relazioni presenti in natura consentendo una gestione etica della terra. Tramite un’imitazione quasi letterale degli ecosistemi, alberi da frutto, siepi e ortaggi sono posizionati per far sì che la produzione dell’uno diventi la nutrizione dell’altro in una disposizione tutt’altro che casuale. Il fine è quello di ottenere il massimo rendimento con poco lavoro e in maniera sostenibile: il terreno non deve essere arato, bensì deve essere mosso il meno possibile; non è contemplato l’uso dei pesticidi; non è prevista la sarchiatura; è vietata la concimazione “artificiale” a favore di letame e materiale organico: è per questo che in nessuno degli orti urbani di Friburgo manca il raccoglitore del compost.

caption: foto da www.ttfreiburg.de

Le domande più frequenti riguardano le tecniche utilizzate, ossia pacciamatura e letti rialzati.

Con la pacciamatura, il suolo viene ricoperto con materiale di origine organica portando numerosi benefici: miglioramento delle proprietà del terreno tramite la sostanze nutritive generate dalla formazione di humus; diminuzione dell’apporto idrico e mancata erosione del suolo in quanto il terreno rimane più umido; mancata formazione di erbe infestanti; protezione dagli agenti atmosferici ovvero dal gelo nei periodi freddi e dai raggi solari in quelli caldi.

La tecnica dei letti rialzati consiste nel porre le coltivazioni ad una quota più alta rispetto al terreno circostante e delimitandone l’area, meglio se con materiali naturali e riciclati (molto usati sono i pallet). In questo modo il terreno non viene calpestato (e quindi compattato) e di conseguenza non viene tolta aria alle radici; c’è un aumento della produttività: le piante possono essere posizionate più vicine tra loro non essendo necessario lo spazio per il passaggio; i letti rialzati tendono a riscaldarsi prima in primavera e restano produttivi per più tempo consentendo più lunghi periodi di coltivazione; infine c’è un migliore drenaggio grazie alla maggiore altezza rispetto al terreno dove ristagna l’acqua. 

Il gruppo Transition Town di Friburgo

caption: logo del movimento TT Freiburg e del gruppo Urbanes Gärtnern foto da www.ttfreiburg.de

In immagine: logo del movimento TT Freiburg e del gruppo Urbanes Gärtnern foto da www.ttfreiburg.de

Gli orti urbani sono un’iniziativa del Transition Town di Friburgo (TT Freiburg) un gruppo appartenente al movimento mondiale Tansition Town. TT Freiburg incoraggia i cittadini a lavorare attivamente per uno stile di vita sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale. Lo scopo è quello di fare in modo che i propri bambini vivano in quartieri urbani multifunzionali e a clima neutrale, con un’elevata qualità della vita e basso consumo di risorse.

Partita in Inghilterra con due gruppi nel 2006 la “Città di Transizione” ha avuto adesioni sempre maggiori in tutto il mondo tanto che nel 2014 le comunità riconosciute ufficialmente erano più di 2000. Si tratta di gruppi indipendenti ma connessi tra loro in una fitta rete di relazioni, amicizie ed esperienze diverse ed è questo il punto di forza del movimento: perché se molte persone lo fanno, in molti posti e a piccoli passi, si possono ottenere grandi risultati.

Read more

L’osservatorio delle nuvole. Lo studio della natura raffresca l’aria di Madrid

Tra la vasta distesa di edifici a Madrid, vi è un particolare tetto dove si trovano delle “nuvole” gonfiabili. Situata sulla copertura di CasaDecor e disegnato da Carolina González Vives, il progetto “Osservatorio delle nuvole”, è il risultato di un’attenta ricerca compiuta sul microclima delle oasi naturali. Vives e il suo team hanno studiato un modo per poter raffrescare e purificare l’aria di uno spazio esterno con il minor consumo energetico possibile, sfruttando il principio dell’evaporazione ed esaminato i meccanismi spontanei e naturali delle oasi in aree geografiche aride, dove la giusta combinazione di ombra, vegetazione ed acqua raffredda l’aria.

LA FORESTA TROPICALE DELLA STAZIONE DI ATOCHA DI MADRID

{loadposition google1}

Il principio base dell’autosostentamento dell’oasi si basa essenzialmente sulla forte dispersione termica che s’innesta tra il giorno e la notte: l’evaporazione dell’acqua, durante il giorno, e la sua condensa, durante la notte, permette all’area di irrigarsi autonomamente grazie allo sfruttamento degli agenti atmosferici che si generano, favorendo la sussistenza della vegetazione.

A CasaDecor, per riprodurre questo principio, sono state utilizzate tre basse “nuvole” di plastica bianca, dove viene trattenuta l’aria densa e fresca. Gli altri elementi del terrazzo, comprese le forme e le superfici delle colline artificiali sono state geometricamente calcolate al fine di riprodurre condizioni fisiche organiche. Decorative, le nuvole sono più sostenibili e meno costose rispetto all’aria condizionata ed agiscono anche come divisori sottili che forniscono ombra.

nuvole-tetto-madrid-b

nuvole-tetto-madrid-c

Questo “osservatorio atmosferico” vuole quindi trasformare un’isola di calore in un oasi fresca attraverso la creazione di nubi basse e di un sistema di vaporizzazione e creare un’opera architettonica che, grazie all’impego della corretta tecnologia, disegni uno spazio sociale, non domesticamente sfruttato e che mantiene, al contempo, l’identità originaria del luogo.

nuvole-tetto-madrid-d

L’ispirazione naturale si riscontra anche nella scelta compositiva: pochissimi elementi, costituiti da teli di plastica, servono ad enfatizzare la leggerezza dell’aria.Le nuvole hanno, inoltre, la funzione di ridurre al minimo necessario la presenza di mura perimetrali, che racchiuderebbero eccessivamente lo spazio. Con lo stesso fine, immagini stampate su specchi con differenti inclinazioni si incontrano e scontrano con le pareti più alte moltiplicando alle diverse scale la percezione del paesaggio. L’oasi naturale si traduce in uno spazio aperto divertente, con un bar ed un tappeto erboso artificiale contornato da piante in vaso, dirigendo gli occhi dello spettatore verso il magnifico skyline madrileno.

Un intervento di innovazione tecnologica, ma che possiede anche una valenza sociale, poiché favorisce le relazioni creando un habitat affascinante e attento al contesto in cui si colloca.

Read more