Cultura e innovazione al nuovo Waterfront di Venezia

Le iniziative parallele portate dalla grande macchina Expo Milano 2015 hanno dato una bella spinta al progetto previsto per Marghera, che già da tempo era nel cassetto dell’amministrazione veneziana. L’esigenza di ridare un’identità al waterfront lagunare era da tempo sentita anche dal punto di vista morale e di riscatto di un’area in forte degrado che non è mai stata in grado di vestire al meglio il ruolo chiave che essa ha nei rapporti con Venezia.

PORTO MARGHERA E IL VEGA PARK PER RIQUALIFICARE IL WATERFRONT

{loadposition google1}

CHE COS’È IL VENICE WATERFRONT?

Il vasto progetto di rigenerazione urbana prevede il recupero dell’ex area industriale di Porto Marghera, nell’ottica di promuovere uno sviluppo più attento ai temi della sostenibilità e trasformare la non più comoda appendice industriale in un polmone nuovo capace di dare respiro ad una Venezia storica che rimane sempre più schiacciata dal peso dell’età, ma che è ancora capace di attrarre culturalmente tutto il mondo.

L’idea non è promuovere un progetto statico che si concluderà con la fine di Expo Milano 2015, ma mettere in moto una macchina capace di creare occasioni per un rilancio continuo che guarda ai prossimi vent’anni. Il lancio del progetto con la costruzione del padiglione collaterale “Aquae” è solo il punto di partenza al quale seguiranno delle fasi successive che nei prossimi cinque anni dovrebbero portare allo sviluppo di una serie di servizi a supporto dell’area.

Il tema chiave voluto fortemente dall’architetto Michele De Lucchi e dal paesaggista Andreas Kipar, progettisti dell’intervento, è basato su una “Green Tree Strategy” per la quale l’intervento rappresenta la chioma vitale di quell’albero che affonda nella città storica le proprie radici.

PADIGLIONE AQUAE

waterfront-venezia-b

Punto di partenza di questo processo è il padiglione polifunzionale “Aquae” che rappresenta il rilancio dell’area industriale con le eccellenze della ricerca e delle imprese, e la volontà di sottolineare l’importanza che il così detto oro blu ha per Venezia e per il resto del mondo, sia da un punto di vista concreto sia concettuale. L’idea è di creare un polo attrattivo culturale che possa diventare il punto di partenza di un processo che non si concluderà con l’Expo, ma che sarà capace di affermarsi con forza sul territorio.

waterfront-venezia-c

Il progetto di Venezia per l’Expo 2015 prova a reinventare l’idea di città tradizionale e lo fa in un’ottica che guarda alla sostenibilità attraverso la rigenerazione urbana ed il rilancio del territorio anche da un punto di vista culturale. Il padiglione, in questo contesto, diventa il catalizzatore di un’area nuova che ha voglia di cambiare e crescere, e che non rimane indifferente ai temi globali. Sicuramente un’opportunità che va sfruttata per tutto quello che mette in gioco, ma anche un’esperienza artistica capace di generare sensazioni e risvegliare la sensibilità umana davanti ai temi della sostenibilità e dello sfruttamento delle risorse, per provare a riscoprire un’attenzione in più su ciò che ci circonda. 

Read more

I risultati del concorso Food & Wellness club

Sono stati più di 1300 i professionisti da oltre 80 Paesi di tutto il mondo ad accogliere la sfida lanciata da YAC (Young Architects Competitions) in collaborazione con Marlegno s.r.l. per la progettazione di Food & Wellness club, un centro benessere in prossimità di F.I.C.O., il grande parco alimentare che aprirà a Bologna nel 2016.

L’edificio, dedicato alla cura del corpo, la meditazione ed il benessere, mira ad essere un’eccellenza architettonica internazionale, un luogo sostenibile e strettamente legato al tema del parco in cui si inserisce.

A decretare i progetti vincitori, tra i 276 presentati, una giuria composta da professionisti di rilievo internazionale come gli architetti Nicola Scaranaro (collaboratore di Foster + Partners dal 2005), Italo Rota (designer degli spazi interni del Musée d’Orsay) ed Edoardo Miles (esperto in materia di tutela paesistico ambientale), il professore Donald Bates (recentemente designato quale giurato per il premio Holcim Awards for Sustainable Construction), gli architetti Andrea Zamboni e Pier Giorgio Giannelli e l’ingegnere Angelo Luigi Marchetti.

Il montepremi, per un totale di 15 mila euro, di cui 8 mila per il primo classificato, è stato assegnato ai team che hanno saputo interpretare al meglio il tema proposto e ideato edifici in cui la luce, la sostenibilità, la cura della persona e l’esperienza sensoriale vissuta dal visitatore giocano un ruolo chiave.

I PROGETTI SUL PODIO

food-wellness-a

Ad aggiudicarsi il primo premio del concorso Food & Wellness Club è stato il team VSC che, guidato dalla citazione di Nietzsche “There is more reason in your body than in your best wisdom”, ha esaltato l’interazione dell’edificio con la luce, elemento in grado di plasmare gli spazi e contribuire al benessere psico-fisico dei visitatori.

Al secondo posto si colloca il team ArchiStuff (prima immagine in alto) che rivisita il tipico design delle industrie produttive anni Settanta proponendo un gioco di volumi sospesi su un piano dedicato alle piscine, giochi d’acqua multi-sensoriali e docce aromatiche.

food-wellness-c

Two Worlds è il progetto del team Floràn che si aggiudica il terzo premio per aver saputo interpretare, sviluppare e rendere evidente la tensione tra urbano e suburbano, agricolo e industriale.

LE MENZIONI

food-wellness-d

Al contrario del team vincitore del terzo posto, il gruppo ODD Studio, a cui è andata la menzione Gold ha preferito ridurre il contrasto tra esterno ed interno, artificiale e naturale e proporre un edificio quasi evanescente, senza confini netti.

food-wellness-e

L’altra menzione Gold va al gruppo MD2, che ha reso l’esperienza sensoriale dei visitatori il cuore del progetto. L’edificio è arricchito con materiali che evocano sensazioni percettive diverse (caldo, freddo, ruvido, compatto…) e conducono in un vero e proprio viaggio sensoriale, alla ricerca di se stessi.

Le altre menzioni d’onore vanno ai team: Fiore, A+B+C+M, ACD Studio, AI Studio, QuadratoBlu, Acqua_Terra, CTRL Studio, Bodega&Piedrafita, MP+RV, FPMG, con partecipanti da Austria, Grecia, Irlanda, Italia, Russia, Siria e Uruguay.

Ad aderire al concorso non solo progettisti e studenti, ma anche istituzioni accademiche e realtà imprenditoriali consolidate hanno patrocinato l’iniziativa: Università di Bologna Alma Mater Studiorum – Sede di Cesena, Universidad Nacional del Litoral di Santa Fe, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università di Roma La Sapienza, Università di Melbourne, LAB Architecture Studio, Studio Italo Rota, Foster + Partners, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Verona, ArchitettiBologna, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo, Forum P.A., Unindustria Bologna.

Read more

Gli edifici dinamici di Ned Kahn: tra arte, scienza e architettura

Trattare la pelle di un edificio come un’opera d’arte ideando facciate cinetiche ed allestimenti interattivi ad energia zero è possibile, lo dimostra l’artista americano Ned Kahn che da sempre fa confluire scienza e arte nelle sue opere. Il suo lavoro si basa sull’osservazione dei fenomeni fisici, prendendo ispirazione dalla natura e dal movimento dei fluidi, cercando costantemente di creare un’opera che interagisca con l’ambiente circostante e con gli spettatori.

In copertina: Brisbane Airport Domestic Terminal, Australia,foto di Urban Arts Project.

FACCIATE DINAMICHE: L’AEROPORTO DI BRISBANE

{loadposition google1}

“Le mie opere spesso incorporano acqua che scorre, nebbia, sabbia e la luce per creare sistemi complessi e in continua evoluzione. Molte di queste opere possono essere viste come “osservatori”, nel senso che incorniciano ed esaltano la nostra percezione dei fenomeni naturali -dice l’artista, che continua- Sono incuriosito dal modo in cui diversi pattern possono emergere quando le cose scorrono. Questi modelli non sono oggetti statici, sono modelli di comportamento, temi in natura ricorrenti.”

Ned Kahn raccoglie e divide i suoi lavori in Nebbia, Acqua , FuocoLuce, Vento e Sabbia, a seconda del principio da lui utilizzato per creare l’installazione, opere che possono essere allestimenti urbani come intere facciate di edifici.

Ecco alcune delle tante installazioni dell’artista californiano.

CLOUD ARBOR (LA NEBBIA)

ned-khan-facciate-cinetiche-b

Il Cloud Arbor, ideato nel 2012 in collaborazione con l’architetto Andi Cochran, è un’installazione permanente nel museo dei bambini di Pittsburgh. Una foresta stilizzata fatta di alti pali in acciaio inox contenenti nebulizzatori di acqua che a brevi periodi di tempo permettono di creare una nuvola che appare e scompare dissipandosi lentamente nell’aria e diradandosi tra questi arbusti fittizi, come la nebbia nella foresta. Adulti e bambini possono interagire giocando tra i tubi ed aspettando il momento in cui magicamente apparirà la nuvola, inoltre è un ottimo sistema di raffrescamento urbano nelle giornate più calde.

{vimeo}53629383{/vimeo}

SPOONFALL (L’ACQUA)

ned-khan-facciate-cinetiche-c

Lo Spoonfall è una parete costituita da una griglia metallica nella quale sono integrati 200 cucchiaini da caffè, si trova nella hall dell’Hotel H2 a Healdsburg in California. I cucchiaini posizionati in orizzontale vengono fatti oscillare grazie al riutilizzo delle acque piovane provenienti dal sistema di raccolta in copertura. La caduta dell’acqua genera il movimento dei cucchiaini in parete e produce un suono rilassante simile alle goccioline di pioggia. Un sistema semplice riproducibile facilmente, e soprattutto efficiente per rendere l’ambiente di attesa dell’hotel accogliente ed incuriosire gli ospiti.

{vimeo}51336805{/vimeo}

FIREFLY (IL FUOCO E LA LUCE)

ned-khan-facciate-cinetiche-d

Il Firefly in collaborazione con KMD Architecture è una installazione esterna in facciata realizzata nel 2012, commissionata dalla San Francisco Public Utilities Commission per la nuova sede amministrativa. Posta sulla facciata Nord dell’edificio, a coprire le turbine eoliche, la Firely è composta da un reticolo di migliaia di tessere di piccole dimensioni in policarbonato chiaro, incernierate su un unico lato e libere di muoversi con il vento. I moduli sono tenuti assieme tramite una maglia in acciaio che va ad agganciarsi alla struttura dell’edificio. In ogni trave orizzontale del sistema di supporto è presente un interruttore elettrico connesso al magnete presente in ciascun pannello, in questo modo il vento muove naturalmente gli elementi in policarbonato durante il giorno, generando un effetto simile alle increspature delle onde, mentre la mattina e la sera, tramite il magnete, si può aprire e illuminare momentaneamente con dei piccoli led di colore giallo-verde accompagnando il movimento dei pannelli con piccoli bagliori simili allo scintillio delle lucciole. L’illuminazione di questa opera richiede meno energia di una lampadina da 75watt, inoltre fruisce dell’energia prodotta dal sistema eolico integrato nell’edificio.

TECHNORAMA FACADE (IL VENTO)

caption: Wind Façade, Technorama Science Center, Winterthur, Switzerland, 2002. Foto: Technorama

Technorama Facade è una delle prime opere di Ned Kahn risalente al 2002. La facciata del centro di scienza Svizzero Technorama è pensata come una maglia metallica alla quale sono ancorati migliaia di piccoli tasselli di alluminio liberi di muoversi seguendo le diverse correnti d’aria. La facciata segue il vento plasmandosi in composizioni sempre diverse e riflettendo la luce. Il risultato è quello di una pelle estremamente flessibile e viva che richiama l’incresparsi dell’acqua sotto l’effetto della corrente. Oltre ad arricchire di valore artistico l’edificio, la facciata interessa anche la larga piazza del museo dalla quale è ben visibile.

Le Wind Fins appartengono ad un’opera più recente del 2012: Il Neiman Marcus Store in California. Il sistema di pannelli in alluminio spazzolato è integrato in facciata, dove vetrate continue definiscono il prospetto principale dell’edificio. I pannelli verticali sono costituiti da una serie di alette che si muovono indipendentemente l’una dall’altra rispetto al perno fisso costituito dal montante verticale della struttura di supporto. È un sistema di schermatura solare mobile, che si muove delicatamente sotto l’effetto del vento, riflettendo le luci ed i colori dell’intorno urbano, generando un gioco di colori e riflessioni in movimento.

ned-khan-facciate-cinetiche-f

Nel 2006 Ned Kahn realizza le Wind Leaves per il Waterfront di Milwaukee davanti al museo di Arte. Sono delle sculture altissime composte da un pilastro metallico al quale si agganciano tramite dei cuscinetti a sfera delle superfici ricoperte da piccoli dischi in acciaio inossidabile che riflettono la luce del sole. Come delle grandi foglie si muovono e ruotano attorno al pilastro per effetto del vento. Ma gli spettatori possono interagire in modo diretto con la struttura grazie a delle manopole che gli consentono di ruotare queste grandi foglie al vento.

ned-khan-facciate-cinetiche-g

 PEBBLE CHIME (LA SABBIA)

ned-khan-facciate-cinetiche-h

Sempre nel Milwaukee Waterfront, l’artista realizza tra le Wind Leaves, una serie di oggetti i Pebble Chime. I visitatori possono giocare con l’allestimento che funziona in modo simile ad uno xilofono, sembra quasi una foglia del Wind Leaves caduta a terra, la superficie però è in alluminio forato e al suo interno sono disposti dei chiodi, i visitatori possono far cadere dei ciottoli all’interno della foglia, in tal modo i ciottoli rimbalzando tra i chiodi produrranno musica.

{youtube}YzrXXcp70vU{/youtube}

Read more

La ristrutturazione in Salento che ha il sapore della tradizione

Nel centro storico di Patù (Lecce), piccolo paesino del Salento situato a pochi chilometri da Santa Maria di Leuca, una porzione di un palazzo del XVII secolo, trascurato e abbandonato da alcuni anni, è stata oggetto di ristrutturazione e trasformata in una doppia abitazione estiva: una per i proprietari e una per i loro ospiti. L’architetto Luca Zanaroli ha saputo trasformare e valorizzare gli ambienti dalla tipica volta a stella in pietra di tufo in cui ancora oggi si respirano il sapore della tradizione e il profumo di una vita genuina e lenta.

RISTRUTTURARE IN PUGLIA: LA TABACCHERIA DIVENTA B&B

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA RISTRUTTURAZIONE

Al fine di soddisfare le esigenze della committenza e separare i percorsi sono stati creati due ingressi indipendenti: l’antico accesso principale dalla corte è stato mantenuto e conduce alla porzione di casa padronale, mentre il portone dell’antica scuderia introduce alla zona giorno dedicata agli ospiti. Dove un tempo c’erano cavalli, selle e briglie ora si trovano un comodo e fresco soggiorno e una cucina, dove il lavello e il piano di lavoro sono stati ricavati dal vecchio abbeveratoio e dalla mangiatoia dei cavalli. 

Gli ambienti voltati dagli alti soffitti sono stati intonacati e tinteggiati a calce al fine di rendere le stanze più luminose e una di esse è stata soppalcata per poter ricavare un bagno e un guardaroba. I pavimenti del palazzo salentino in cementine decorate risalenti agli inizi del secolo scorso sono stati recuperati e risistemati: per colmare le lacune è stata utilizzata una malta di calce e cemento con un colore simile a quello della pietra originale. Le vecchie “chianche”, elementi in pietra calcarea pugliese, che pavimentavano la scuderia sono state smontate, pulite e riposizionate.

Inoltre, uno spazio esterno, un tempo adibito a recinto per gli animali e in contatto diretto con l’attuale zona giorno, è stato trasformato in giardino. È stato così possibile creare una cucina e un soggiorno all’aperto: un piano di lavoro in muratura e una zona pavimentata identificano questa porzione di giardino divisa dall’area trattata a verde da una vasca in blocchi di tufo recuperata in un mercatino. 

ristrutturazione-patu-b

ristrutturazione-patu-c

ristrutturazione-patu-d

Read more

Bioagriturismo: soggiorni di classe A

A Cesiomaggiore, in provincia di Belluno, una vecchia e fatiscente casa di campagna in classe energetica G, per usare la dicitura ufficiale, anche se in realtà era molto più energivora da poter essere definita in classe Z, è stata ristrutturata e trasformata in agriturismo di classe A dai progettisti dello Studio Tecnotherm. La definizione non si riferisce solamente ai servizi assicurati agli ospiti, ma soprattutto al livello di prestazioni energetiche tanto che l’edificio si è guadagnato l’appellativo di Bioagriturismo.

EDIFICI IN CLASSE A: IL CASO DELLE RESIDENZE IN LEGNO A BOLOGNA

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DEL BIOAGRITURISMO

L’edificio del bioagriturismo, situato a fondo valle, è sovrastato dalle alte vette alpine innevate e si presenta come un’ordinaria struttura dalla pianta regolare con il tetto a doppio spiovente, il basamento in muratura e le pareti in legno massiccio. All’interno, distribuiti su tre livelli, trovano posto quattro camere da letto con i rispettivi bagni, una sala lettura, una sauna e un ristorante vegetariano e vegano.

bioagriturismo-cesiomaggiore-b

bioagriturismo-cesiomaggiore-c

La struttura portante e la copertura sono in legno italiano multistrato. Ogni elemento dell’involucro è stato opportunamente coibentato e i nuovi infissi sono dotati di serramenti con vetro triplo. In questa zona, infatti, gli inverni sono molto freddi e le estati sono afose, quindi è necessario garantire un elevato grado di isolamento per assicurare un gradevole comfort degli ambienti abitati senza sprecare energia durante tutto l’anno.

L’impianto, che garantisce il riscaldamento, il raffrescamento e la produzione di acqua calda sanitaria, permette di avere un risparmio di energia primaria del 35%. Infatti, una pompa di calore ad aria permette di sfruttare sia l’energia solare indiretta presente nell’ambiente esterno sia l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici istallati sulla copertura senza combustioni e quindi senza generare emissioni di CO2 e di altri gas nocivi. Negli ambienti sono stati collocati una serie di ventilconvettori ultrasottili a installazione verticale o orizzontale a seconda delle esigenze. In questo modo è possibile riscaldare o raffreddare gli ambienti in maniera flessibile: l’impianto permette di isolare alcune stanze e non climatizzarle se non utilizzate.

bioagriturismo-cesiomaggiore-d

Read more

L’anagrafe delle opere incompiute in Italia

Un proverbio dice “chi bene inizia è a metà dell’opera”, ma nel caso che l’opera sia incompiuta vorrà dire che la sua realizzazione è stata errata sin dall’inizio. È il caso delle opere incompiute disseminate in Italia che fino ad oggi, ottimisticamente, sono costate 4 miliardi di euro buttati letteralmente al vento, costi monetari ai  quali va aggiunto il danno per aver deturpato il paesaggio di coste, valli, skyline urbani e tanti altri luoghi.

OPERE A METÀ: 600 STRUTTURE MAI TERMINATE IN ITALIA

{loadposition google1}

Monitorare gli sprechi delle opere incompiute in Italia

opere-incompiute-italia-b

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha finalmente ricevuto la documentazione presentata da tutte le Regioni italiane, ha attuato una norma voluta dal governo Monti per stilare -per la prima volta- una vera e propria anagrafe delle opere incompiute. Il risultato è a dir poco sconvolgente visto che, nonostante l’elenco non sia completo, al momento nessuna regione è esente da questo problema. Ad oggi l’anagrafe delle opere incompiute ne riporta oltre seicento, alcune rimaste a metà, altre appena cominciate.

Il tour delle opere incompiute parte dall’estremo Nord Italia, in Valle D’Aosta, dove sono stati spesi 8,8 milioni di euro per il terminal dell’aeroporto Saint-Christophe, mai terminata e per la quale servono oltre 3 miliardi per completarla, senza stimare però i danni ed i furti di materiali che il cantiere dell’infrastruttura ha subito negli anni ad opera di ignoti vandali. Nella località del Verduno una struttura costata ad oggi 159 milioni di euro di cui resta solo lo scheletro fatto di pilastri: sarebbe dovuto essere un ospedale tra Bra e Alba, in una zona però ad elevato rischio di franosità che fece porre fine prematuramente al cantiere. Si passa per Emilia, Veneto, e poi Toscana dove spicca lo svincolo della Cassia di Monteroni D’Arbia, un cantiere aperto quattro anni fa, costato al momento 30 milioni, ma ancora incompiuto e senza previsioni di termine.

Non solo grandi opere 

opere-incompiute-italia-c

La mano della mala edilizia però colpisce non solo a grande scala. Ad esempio nel  Lazio la lista comprende opere incompiute per un valore di ben 261 milioni di euro: dalla palestra di Vico al museo naturalistico di Palombara Sabina. Tuttavia è strano che, nonostante conti tantissime opere incompiute nell’elenco, la capitale non venga citata: basti ricordare la città dello sport di Tor Vergata costata oltre 400 milioni di euro e mai completata dopo un cantiere durato sette anni.

Per la regione Veneto che potrebbe apparentemente sembrare ligia alle leggi, si segnalano diversi flop edili e infrastrutturali pubblici, dall’ampliamento della scuola materna del Comune di Montecchio Maggiore, con un costo di 1,3 milioni di euro, alla piscina di Cassola per un importo di 18 milioni.

Della Sardegna, fra le sue opere incompiute, va certamente ricordato l’orto botanico della Maddalena, costato “appena” 520 mila euro: un’inezia se messo a confronto con le opere sprecate per il famoso G8 del 2009 sempre alla Maddalena.

La Regione Campania sembrerebbe la più virtuosa d’Italia con solo due piccole opere incomplete: un palazzetto dello sport e quattro alloggi popolari nel Comune di Calvi Risorta, ma sicuramente l’elenco, come abbiamo già ribadito, non è del tutto veritiero, tanto è vero che non è riporta neppure la città di Napoli.

Puglia, Calabria e Sicilia vengono bacchettate ma nell’elenco, anche nel loro caso, ci sono delle sviste fra le quali la diga del Pappadai (territorio di Fragagano, Taranto, San Marzano e Grottaglie), con ben 70 milioni di euro spesi in trent’anni e non una goccia d’acqua raccolta e poi ancora il teatro di Sciacca (un progetto di 40 anni fa) che fino ad oggi è costato 25 milioni di euro ma che risulta inutilizzato.

Una mappatura incompiuta per opere incompiute

opere-incompiute-italia-d

La procedura prevista dal Ministero nel 2013, per il monitoraggio, ha previsto che le Amministrazioni dovessero occuparsi di segnalare le opere edili e le infrastrutture incompiute sul proprio territorio. Nelle circolari inviate alle Regioni si legge quanto segue:

Il 24 aprile 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 il Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 42 del 13 marzo 2013, recante le modalità di redazione dell’elenco-anagrafe delle opere pubbliche incompiute, di cui all’art. 44-bis del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214. L’art. 3, comma 1, del citato D.M. prevede che entro il 31 marzo di ogni anno le Stazioni Appaltanti, gli enti aggiudicatori e gli altri soggetti aggiudicatori trasmettano al Ministero ovvero alle Regioni e Province autonome tutte le informazioni e i dati richiesti secondo le modalità contemplate in seno alla stessa norma. La trasmissione da parte delle Amministrazioni dei dati relativi alle opere incompiute, dovrà avvenire attraverso le apposite procedure informatiche, quindi non tramite l’invio cartaceo dell’elenco delle opere incompiute, secondo le modalità indicate nel sito da trasmettere agli indirizzi PEC specificamente individuati dal MIT e dalle Regioni e Province autonome.

È evidente che la pecca non è del Ministero, che ha avuto tutte le buone intenzioni, ma dei ritardatari o di chi ha evitato di mandare le segnalazioni. La potremmo definire l’anagrafe incompiuta delle opere incompiute in Italia. 

Read more

Architettura sull’acqua: 5 esempi sostenibili

Vivere sull’acqua è sempre stato un desiderio insito nella natura umana, nei secoli molti popoli indigeni hanno adottato soluzioni abitative galleggianti per proteggersi dalle fiere o dalle piogge incessanti e rimanere a contatto con la natura incontaminata, vicino alle fonti di sostentamento. Come dimostrano questi 5 progetti, l’architettura contemporanea ha saputo rispondere in modo molto particolare a questo ritrovato bisogno di abitare sull’acqua.

Scuola galleggianti in  Nigeria: Le Makoko Floating School

{loadposition google1}

Al giorno d’oggi si sta sempre più pensando a differenti modi d’abitare, indipendenti dalla terraferma e legati alla sostenibilità ambientale, per la risoluzione di un problema reale come l’aumento della popolazione mondiale e la diminuzione di cibo.

Cinque progetti di architettura sostenibile sull’acqua, dal più piccolo al più grande, da una casa a una città, dimostrano come una tale soluzione si possa adattare a ogni scala, forma, esigenza.

LA CASA SULL’ACQUA

architettura-acqua-b1

La casa Waternest di Giancarlo Zema Design Group è una dimora galleggiante con un diametro di dodici metri e un’altezza di quattro; cento metri quadrati per ospitare comodamente quattro persone e produrre energia pulita sufficiente per coprire i consumi, grazie ai pannelli fotovoltaici presenti sulla copertura. La struttura portante è in alluminio e legno lamellare riciclati, gli arredi interni sono ecologici e l’impianto di micro-ventilazione è del tipo a basso consumo. Grazie all’uso di materiali sostenibili, l’abitazione è riciclabile fino al 98%.

LA FATTORIA SEMI SOMMERSA

architettura-acqua-c

Bloom è uno dei più interessanti progetti di fattoria che ondeggia sull’acqua, presentato dagli architetti parigini Sitbon Architectes. Si tratta di una sfera semisommersa ancorata al fondale, del diametro di quarantacinque metri, in grado di produrre fitoplancton, cioè microorganismi che assorbono CO2 e, attraverso la fotosintesi, restituire ossigeno. Può, inoltre, monitorare il livello dei mari in caso di tsunami e avere tutte le attrezzature necessarie per desalinizzare l’acqua marina, producendo acqua dolce per il consumo domestico.

IL PARCO SUL FIUME

architettura-acqua-d

Nel Parco di Rotterdam, in Olanda, la Recycled Island Foundation ha pensato di avviare un progetto per la ripulitura dai rifiuti del fiume Nieuwe Maas, con un macchinario che trasforma la plastica recuperata dalle acque in piattaforme esagonali galleggianti, dove far crescere piante e fiori. Il lato sommerso dell’isolotto serve da appiglio per alghe, piante acquatiche e molluschi; in questo modo si realizzano piccole oasi di verde sfruttando il materiale plastico, impedendogli di raggiungere il Mare del Nord, inquinandolo.

IL QUARTIERE GALLEGGIANTE

architettura-acqua-e

Per uno dei porti più antichi di Amsterdam, Houthaven, è stato progettato un eco-quartiere galleggiante carbon neutral, composto da abitazioni, negozi, scuole, spazi per l’assistenza sanitaria e per il tempo libero. Una serie di penisole che, dalla terraferma, si estendono verso il mare, ospitano gli edifici autosufficienti dal punto di vista energetico, perché dotati di impianti solari, fotovoltaici e minieolici.

LA CITTÀ COME UNA NAVE

architettura-acqua-f

Inizia nel lontano 1995 il progetto americano della Freedom Ship, una mastodontica nave alta venticinque piani e lunga un miglio, una vera città galleggiante in grado di ospitare cinquantamila residenti. Negozi, abitazioni, scuole, ristoranti, giardini, un aeroporto, la mega struttura può sfruttare il moto ondoso, l’energia del sole e del vento per essere autosufficiente. Per gli elevatissimi costi di costruzione e la crisi economica alle porte, il progetto fu abbandonato all’inizio degli anni 2000.

Read more

Quartiere Weingarten a Friburgo: un modello di riqualificazione sostenibile

Con il termine Riqualificare si intende “rendere qualcosa qualitativamente migliore” ed è proprio questo che sta accadendo in una vasta area di Friburgo, in Germania, grazie ad un progetto avviato nel 2007. Nel giro di poco più di 10 anni infatti, l’area Ovest del quartiere Weingarten sarà completamente riqualificata dal punto di vista energetico grazie al piano “Weingarten 2020 che ha come obiettivo la riduzione dei consumi di energia e vuole porsi come modello per la futura riqualificazione della città.

In copertina: foto © Johannes Vogt, Mannheim / Sto AG, Stühlingen

FRIBURGO TRA I 6 MODELLI DI CITTÀ DEL FUTURO

{loadposition google1}

Quello per il Weingarten di Friburgo è un progetto ambizioso che non si limita ad intervenire puntualmente sui singoli edifici ma coinvolge l’intero quartiere e soprattutto agisce sia sul patrimonio edilizio, elevando le prestazioni di involucro e impianti, che sulla rete di approvvigionamento di energia, migliorandone l’efficienza: un approccio integrato che va ben oltre i principi del 5° Programma di Ricerca Energetica del Governo tedesco a cui si ispira, ovvero trasformare i risultati di ricerca in progetti in grado di verificarne l’applicabilità, l’efficienza e la futura commerciabilità.

Simbolo dell’operazione è il grattacielo di 16 piani situato al numero 50 di Bugginger Strasse; l’edificio, completamente trasformato in modo da raggiungere gli standard di casa passiva, costituisce il progetto pilota del piano: primo ad essere realizzato, permetterà il miglioramento degli interventi successivi, soprattutto in termini di soluzioni tecnologiche e abbattimento dei costi.

Quartiere Weingatren: la situazione di partenza

 caption: © Fraunhofer ISE

Il progetto di riqualificazione interessa un’area quasi esclusivamente residenziale in cui la maggior parte degli edifici, quasi tutti di proprietà della società di costruzioni Freiburger Stadtbau GmbH, sono stati realizzati negli anni Sessanta grazie ad interventi di edilizia sovvenzionata. Un design semplice ma efficiente, concepito per soddisfare un’elevata domanda abitativa in tempi rapidi e a costi contenuti, caratterizza le due tipologie edilizie predominanti ovvero 4 torri di 16 piani ed edifici in linea di 4 e 8 piani aggregati ad U in modo da formare una corte aperta destinata a verde.

Oltre alle case a schiera realizzate negli anni 2000 per far fronte ad una nuova richiesta di alloggi, nel quartiere sono presenti anche alcuni edifici pubblici come una scuola, un asilo, la chiesa protestante, la Facoltà di Scienze Applicate e alcuni negozi di vendita al dettaglio.

Il fabbisogno di riscaldamento, ad eccezione di alcune abitazioni con impianti autonomi, è soddisfatto tramite una rete di teleriscaldamento (4 linee che coprono, oltre alla parte occidentale, anche altri due quartieri limitrofi) alimentata da due impianti di cogenerazione, ognuno con una potenza termica di 7,27 MW, e tre caldaie da 10,11 MW di potenza ciascuna.

Obiettivi e tempistiche della riqualificazione  

 caption: foto da www.freiburg.de

La pianificazione è iniziata nel 2007 per i grattacieli di 16 piani e nel 2009 per gli altri blocchi in linea mentre i lavori di riqualificazione, partiti nel 2010 con il progetto pilota, si protrarranno fino al 2018. Il successivo monitoraggio dei risultati consentirà di verificare l’efficacia delle misure adottate: l’obiettivo è portare l’attuale consumo di Energia da 21,6 GWh a 14,5 GWH con una riduzione del 32%.

I principali interventi sul patrimonio edilizio consistono in:

  • Riqualificazione secondo standard passivi dell’intero patrimonio immobiliare della Freiburger Stadtbau, con un fabbisogno per riscaldamento e acqua calda sanitaria di 40 kWh/mq per edifici selezionati e di 60 kWh/mq per tutti gli altri;
  • Riqualificazione della scuola Adolf Reichwein per un consumo stimato di 60 kWh/mq;
  • Ristrutturazione della chiesa protestante.

Un progetto parallelo è stato inoltre intrapreso dalla Freiburger Stadtbau per informare i cittadini sui benefici di una casa passiva e per illustrare loro, tramite visite a domicilio, le norme comportamentali finalizzate al risparmio di energia.

Il Prototipo di Bugginger Strasse 50

 caption: foto da www.freiburg-future-lab.eu

Grazie al progetto pilota dell’edificio di 16 piani lungo Bugginger Strasse si è potuto realizzare il primo grattacielo passivo di Friburgo che, con i suoi 45 metri di altezza, è ritenuto l’emblema del piano “Weingarten 2020”.

Una ristrutturazione totale ha interessato non solo l’involucro e gli impianti ma anche la distribuzione planimetrica dei singoli appartamenti, in un’operazione in cui solo lo scheletro dell’edificio è rimasto intatto. Il piano terra, dove si trovano la portineria e una sala comune per le riunioni di condominio, svolge il ruolo di catalizzatore delle relazioni sociali insieme all’adiacente centro di quartiere e ad alcuni negozi.

caption: foto da www.heinze.de

Le logge, che scandivano la facciata dagli anni 60, sono state inglobate all’interno dell’edificio con conseguenti vantaggi sia dal punto di vista termico, grazie all’eliminazione dei ponti termici, sia dal punto di vista economico. Con il nuovo layout infatti, la superficie abitabile è passata da 7200 mq a 8200 mq; ogni piano ospita 9 appartamenti rispetto ai 6 della configurazione iniziale per un totale di 139 alloggi. Tale scelta progettuale ha però generato anche diverse problematiche, in particolar modo di illuminazione: ogni unità abitativa infatti, affaccia solo su un fronte ed è profonda 9 m; inoltre i balconi, inseriti con la ristrutturazione, creano ulteriore ombreggiamento. Tramite un software apposito numerose simulazioni per ogni tipologia di camera (la tipologia varia in base a dimensioni e asse di orientamento) hanno permesso il dimensionamento delle superfici trasparenti di ciascun ambiente nella condizione più sfavorevole. Per soddisfare i valori minimi del fattore medio di luce diurna è stato necessario inserire ampie vetrate mentre l’aggiunta di schermature solari è risultata indispensabile al fine di garantire un adeguato comfort nel periodo estivo.

Risultati estremamente performanti dal punto di vista dell’isolamento termico sono stati ottenuti grazie agli interventi sull’involucro. Un sistema composito di 20 cm in facciata ha consentito il raggiungimento di valori di trasmittanza (U) compresi tra 0,17 e 0,20 W/mqK mentre nei punti in cui la mancanza di spazio non rendeva possibile l’inserimento di materiali isolanti di adeguato spessore è stato utilizzato l’aerogel, una schiuma poco ingombrante e con conducibilità termica molto bassa. Lana minerale è stata applicata sia all’intradosso dei locali non riscaldati delle cantine (U= 0,25/0,30 W/mqK) che in copertura (U=0,21 W/mqK ) mentre per le superfici trasparenti, sono stati utilizzati infissi con triplo vetro, intercapedine con argon e telaio con distanziatori in acciaio e guarnizioni isolanti (Uw = 0,6 W/mqK).

Interessanti soluzioni sono state adottate per eliminare o ridurre al minimo i ponti termici. In particolar modo per l’inserimento dei nuovi balconi è stato utilizzato un giunto isolante e autoportante che separa termicamente gli elementi costruttivi a sbalzo impedendo fenomeni di condensa e muffa. 

Un impianto fotovoltaico di 26 KW di picco posto sulla copertura piana dell’edificio copre il 10% dei consumi di energia elettrica mentre l’ipotesi di utilizzare moduli fotovoltaici in facciata, valutata in fase progettuale, è stata scartata dato lo scarso rendimento causato dall’ombra degli aggetti e perché economicamente troppo onerosa.

caption:© Markus Löffelhardt

L’inserimento dell’impianto di ventilazione ha richiesto notevoli sforzi, soprattutto dal punto di vista tecnico. Necessario per l’areazione dei bagni ciechi e per il comfort termo-igrometrico degli ambienti, è stato realizzato con una soluzione in genere adottata per gli edifici destinati ad uffici, ovvero un sistema di ventilazione meccanica con recupero di calore. Con esso l’aria viziata è estratta dai locali di servizio (bagni e cucine) mentre l’aria pulita, prelevata dall’esterno e precedentemente filtrata, è immessa nei così detti “locali nobili” ovvero zona giorno e camere da letto. Nel periodo invernale uno scambiatore di calore ad alta efficienza a flusso incrociato recupera l’energia termica dell’aria estratta dall’appartamento e assicura il preriscaldamento dell’aria di rinnovo. Sebbene per le condotte di aspirazione ed immissione dell’aria siano stati utilizzati cavedi preesistenti, i costi totali dell’intervento sono stati piuttosto alti tanto che per la riqualificazione degli altri edifici era in fase di studio un sistema di ventilazione diverso, da installare direttamente in facciata.

L’ottimizzazione dell’impianto di teleriscaldamento, grazie all’inserimento di un sistema di accumulo che consente un’alimentazione più uniforme e minor costi di gestione, sommato agli altri interventi effettuati hanno portato ad un abbattimento dei consumi di riscaldamento dell’80%, passando da 86 KWh/mq a 15 KWh/mq.

I costi di ristrutturazione sono stati 13,4 milioni di euro ovvero 1680 euro a metro quadrato; la durata dei lavori è stata di circa 18 mesi, periodo in cui alloggi sostitutivi sono stati messi a disposizione degli inquilini dalla società di costruzioni.

Read more

Da fattoria a galleria d’arte: ricostruire nel costruito

Nella grande fattoria Barn, in Inghilterra, lo studio di progettazione Stonewood Design ha previsto un intervento di ripristino del fienile e della casa, ripulendo la struttura dalle stratificazioni della storia e riportando la tenuta alla conformazione originaria. L’edificio, risalente al XVII secolo, fa parte di una vecchia tenuta nel Cotswolds, una regione rurale dell’Inghilterra meridionale nota per le sue case in pietra calcarea e paesaggi pittoreschi. Il complesso, costituito in origine da un insieme di parti frammentate, è stato reso unico creando una connessione e una continuità tra granaio e galleria.

PIETRA E LEGNO PER IL RECUPERO DEL JONAŠ BARN

{loadposition google1}

L’intervento contemporaneo si distingue dall’impianto originale per l’uso di materiali differenti: la quercia chiara e il vetro di costruzione hanno lo scopo di staccarsi dalle pareti di pietra e dalle capriate in legno scuro a vista che caratterizzano il vecchio fienile, considerato come uno dei migliori esempi di architettura tradizionale da salvaguardare.

fattoria-galleria-arte-b

fattoria-galleria-arte-c

Il committente aveva chiesto ai progettisti di prevedere, all’interno del granaio, per natura un ambiente caldo, secco, leggero e chiuso ermeticamente, uno spazio per ospitare collezione d’arte, quadri e acquerelli. Il granaio è diventato nella mente degli architetti lo scenario ideale per concepire un telaio dove installare una galleria d’arte, denominata la Galleria Pod. La struttura in legno prevista, leggera, si inserisce tra le mura, il tetto e il pavimento originari con pochi punti di contatto, dando l’impressione al visitatore di trovarsi in presenza di una nave racchiusa nel suo arsenale. Creando un ambiente reversibile e smontabile, i progettisti hanno immaginato che la struttura possa subire nuove trasformazioni future senza pesanti interventi.

fattoria-galleria-arte-d

fattoria-galleria-arte-e

fattoria-galleria-arte-f

Grazie a questa strategia molto “discreta” di approccio all’esistente, le autorità locali per la conservazione non hanno avuto nulla da eccepire rispetto al progetto di restauro, approvando speditamente l’intervento. Porte e finestre originarie nel fienile sono stati sostituite con delle feritoie tradizionali e la muratura esterna è stata ricucita ove necessario. Le vetrate nella galleria sono in linea con le aperture originali e danno una vista sia interna che esterna della struttura. Il timpano del vecchio fienile è vetrato e si affaccia sul granaio.

L’effetto voluto di continuità tra le due parti permette dall’abitazione di abbandonarsi alla contemplazione della galleria come se si fosse di fronte a un paesaggio: dal granaio, il fienile sembra quasi il proseguimento di una navata di una chiesa. Dalla casa osservo l’arte. Il resto del fienile sarà utilizzato per esporre grandi opere d’arte, visibili dall’interno della galleria, o come spazio per il cavallo dei clienti. Scongiurata l’idea di un usuale “maquillage” della struttura, quello utilizzato nella fattoria Barn può essere un valido metodo per riportare in vita manufatti così preziosi e convertirli a nuovi usi.

Read more

Le case tipiche delle isole Eolie: sostenibilità e tradizione

Le case tipiche delle isole Eolie (Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Filicudi, Alicudi, Panarea), fortemente condizionate da fattori ambientali oltre che dall’influenza dell’edilizia Campana e di quella del Mediterraneo orientale, sono state costruite e si sono evolute nel tempo per garantire un comfort abitativo anche in condizioni climatiche svantaggiose, e in modo da resistere al meglio a terremoti di varia intensità, in un’area caratterizzata da una sismicità piuttosto elevata.

In copertina: foto di Adriano Bacchella

VIVERE SU UN’ISOLA: LE CASE DI PANTELLERIA

{loadposition google1}

L’orografia di queste isole è caratterizzata da terreni scoscesi, e ciò ha determinato il profilo degli insediamenti a gradoni terrazzati. La struttura della casa eoliana, che si è sviluppata dapprima in verticale tipo torre, e poi in orizzontale, è il risultato dell’adattamento nel tempo al clima locale, alla scarsità d’acqua e al suolo vulcanico che caratterizzano le isole.

Tipicamente le strutture delle case venivano realizzate con un sistema modulare di celle cubiche dal tetto piatto (detto astricu), a cui si affiancavano secondo le esigenze altri elementi cubici indipendenti, che non erano comunicanti tra di loro ma erano aperti sul bagghiu, il terrazzo-cortile caratteristico di queste abitazioni, che era il cuore della casa e il punto d’incontro per la vita sociale della famiglia.

caption: Il bagghiu di un casa eoliana con i biseli, le sedute in muratura. Foto Adriano Bacchella

Il bagghiu tradizionale consisteva in un terrazzo, sempre coperto da un pergolato sorretto dalle pulere – i pilastri tradizionali – sul quale di solito cresceva la vite. Tutt’attorno alla terrazza erano disposti i sedili in muratura, detti biseli e vi era anche un forno a cupola per la panificazione (il furnu); inoltre, al bagghiu, erano raccordati tutti I percorsi che conducevano alla casa, ovvero la cucina, le stalle, l’ovile, la tettoia per il ricovero estivo degli animali, gli essiccatoi per l’uva e per i pomodori, i magazzini e il lavatoio. Il bagghiu era il cuore della casa eoliana perché era lì che la famiglia passava il tempo insieme, il posto dove si mangiava, si lavavano i panni con l’acqua della cisterna, si riposava e si faceva appassire l’uva sui cannizzi.

caption: Il bagghiu di una casa di Panarea. Fonte Adriano Bacchella

caption: A sinistra, una casa tradizionale eoliana situata sulla costa orientale di Panarea. (Foto di Adriano Bacchella); a destra il tradizionale forno eoliano a cupola. ( Foto dell'agriturismo CasaGialla).

La raccolta dell’acqua piovana

Per raccogliere l’acqua piovana, preziosa in un territorio arido e con poche fonti naturali, il terrazzo era impermeabilizzato con il latte di calce mista a sabbia, e veniva costruito con una pendenza minima che permetteva all’acqua piovana di defluire attraverso dei canali in terracotta (detti casulere) che andavano ad alimentare la cisterna posta sotto al calpestio del bagghiu. Sulle casulere veniva spesso inserito un deviatore che faceva in modo che le prime acque canalizzate, sporche di polvere, foglie ed insetti, venissero scartate e non entrassero nella cisterna.

Isolamento termico e antisismicità degli edifici

Le fondamenta delle case venivano realizzate in blocchi di pietra lavica massiccia, mentre i muri erano di solito in pietra pomice, e il tufo veniva usato per la pavimentazione dalla terrazza: grazie all’utilizzo di questi materiale ad elevata inerzia termica l’edificio era adeguatamente isolato dal freddo invernale e soprattutto dalla calura estiva, per via della lenta escursione termica delle pietre laviche con cui erano costruite le pareti.

Inoltre il pergolato che ombreggiava il bagghiu attenuava il caldo torrido delle estati riparando anche gli interni della casa dai potenti raggi solari.

Per via della scarsa quantità di vegetazione a fusto alto si ha un ridotto utilizzo del legno nell’edilizia, le coperture delle abitazioni erano tuttavia realizzate in travi di legno dispose a 40 cm l’una dall’altra, e sulle travi veniva disposta una stuoia di canniccio  ricoperta a sua volta da uno strato di pietrame piuttosto fine e isolato con malta pozzolanica e calce, battuto per rendere il tetto impermeabile. Il tetto era così leggero e friabile rispetto alla massa solida dei muri: la diversa risposta che i muri (pesanti) e il tetto (leggero) hanno se sottoposti a vibrazioni ha fatto si che le abitazioni resistessero  alle frequenti sollecitazioni sismiche a cui sono sottoposte le isole eolie.

Orientamento delle case

L’orientamento delle case veniva scelto sia per ragioni di sicurezza, ovvero per avvistare in anticipo eventuali pericoli di attacchi via mare e cambiamenti climatici, ma anche per ragioni di confort abitativo (come per ripararsi dai forti venti di tramontana) e per sfruttare al meglio la ventilazione naturale all’interno degli ambienti: per questi motivi si prediligeva l’esposizione verso sud e a ponente, con la facciata principale sempre rivolta verso il mare.

Per evitare che i venti freddi entrassero in casa e per avere una migliore esposizione ai raggi solari, le aperture delle abitazioni erano poche e piccole, di solito orientate a mezzogiorno e a levante, mentre gli altri lati erano ciechi, fatta eccezione per la cucina che richiedeva un ricircolo d’aria maggiore rispetto alle altre stanze.

L’intonaco naturale da materiali locali

L’intonacatura a calce bianca, oggi popolare sulle isole insieme agli altri colori pastello che caratterizzano le abitazioni eoliane, è sopraggiunta solo negli ultimi anni: l’intonaco tradizionale poteva essere o di colore grigio, ottenuto da una miscela di pietra vulcanica con poca calce (che era costosa perché importata dalla Sicilia), oppure giallo ocra come a Panarea, e veniva creato mescolando la calce con l’ossido di magnesio depositato dalle fumarole della Calcara, una spiaggia a nord dell’isola.

Read more

Socialità come misura di sostenibilità: il Learning Hub di Singapore

Il nuovo compito che ci si propone di affrontare in un’ottica sostenibile è quello di indagare e scoprire il nuovo ruolo dell’architettura contemporanea, attraverso non solo il rapporto con l’ambiente e l’economia, ma anche i moderni sistemi che influenzano ed agiscono sulla socialità, soprattutto in quei luoghi che sono il cuore pulsante delle opportunità dal punto di vista delle idee e delle sperimentazioni.

La sfida è stata accolta dallo studio londinese di Thomas Heatherwick con un progetto concettualmente rivoluzionario per il nuovo Learning Hub della Nanyang Technological University di Singapore.

UNIVERSITÀ DI SINGAPORE: UN CAMPUS VERDE PER GLI STUDENTI

{loadposition google1}

L’edificio, completato nel marzo 2015, è strutturato in modo tale da abbattere la tradizionale concezione di università, basata su di un’organizzazione a corridoi ed aule, per favorire la creazione di uno spazio di lavoro improntato sulla condivisione. L’idea è promuovere l’interazione casuale tra studenti e professori per generare variabili più interessanti e stimolanti dal punto di vista dell’apprendimento.

LA STRUTTURA DEL LEARNING HUB

singapore-learning-hub-b

L’edificio è formato da un fascio di dodici torri tubolari collegate tra loro da un atrio centrale sul quale si affacciano tramite ballatoi. Le cinquantasei aule, che si aprono su questo spazio comune, sono gerarchicamente equivalenti, evitando la formazione di spazi avvantaggiati dal punto di vista delle relazioni. Al loro interno l’organizzazione dello spazio è dettata dalla flessibilità, per permettere di volta in volta di gestire lo spazio in maniera efficace in rapporto all’attività. Il distributivo, che mantiene il collegamento visivo tra tutte le aule, può assumere diverse configurazioni diventando, in base alle necessità, parte dell’aula, spazio espositivo o area relax e di conversazione.

singapore-learning-hub-c

I MATERIALI 

La volontà di combinare sistemi di costruzione locali ha portato alla scelta del calcestruzzo a vista come materiale dominante; ma l’idea principale era quella di far sembrare l’edificio come una sorta di grande blocco in argilla modellato. A tale scopo sugli elementi di risalita sono stati impressi nel calcestruzzo circa settecento disegni raffiguranti temi dell’arte, della scienza e della letteratura, con l’obiettivo anche di favorire uno spunto continuo allo studente.

singapore-learning-hub-d

TECNOLOGIA GREEN

L’atrio centrale, naturalmente ventilato, favorisce la circolazione dell’aria attorno alle torri e funge da canale per la creazione di una convezione naturale silenziosa all’interno delle aule, le quali riescono a mantenere temperature variabili tra i 25° e i 31°C. Le tecnologie messe in atto per mantenere il comfort delle aree interne hanno permesso all’edificio di ricevere il più alto standard ambientale per un edificio della categoria: il Green Mark Platinum della Building and Construction Authority (BCA) di Singapore.

Nonostante gli sforzi per dare all’edificio un aspetto armonioso, c’è da dire che esso rimane ancora molto crudo esternamente incontrando il parere non sempre favorevole di una critica competente; appare ovvio però che non è l’aspetto esterno a dare peso a questa architettura, e nemmeno la tecnologia messa in gioco, sebbene gli sia valsa il Green Mark Platinum. Ciò che appare importante sottolineare è il carattere sociale dell’edificio che tenta di sperimentare un approccio diverso al tema della sostenibilità.

Read more

Co-working nel parco pubblico: un ufficio tra gli alberi

Lo studio londinese Tate Harmer in collaborazione con gli artisti Natalie Jeremijenko e Shuster + Moseley, l’ingegnere Tim Lucas Prezzo e Myers, hanno progettato e costruito un rivoluzionario spazio di co-working temporaneo nel parco di Hoxton Square a Londra.

La struttura, che avvolge un albero, denominata TREExOFFICE, si propone di sviluppare un nuovo metodo per rendere fruibili e “produttivi” i parchi urbani. Le idee dei progettisti per le possibili destinazioni dell’ufficio sono tante: può essere affittato come postazione personale, come sede di associazioni che raccolgono fondi per l’ambiente e la riqualificazione o base per opere caritatevoli.

UFFICI NEL BOSCO: NON SEMPRE SONO UNA SOLUZIONE SOSTENIBILE

{loadposition google1}

treexoffice-coworking-londra-b

 treexoffice-coworking-londra-c

treexoffice-coworking-londra-d

treexoffice-coworking-londra-e

treexoffice-coworking-londra-f

TREExOFFICE è pensato come piattaforma per il co-working, unico nel suo genere, che offre spazi di lavoro individuali per 8 persone, e può anche essere noleggiato esclusivamente per piccole riunioni e eventi intimi.

Questi 25 mq di area da poter occupare crea nuove possibilità per lo spazio pubblico che assume una nuova veste e, per chi volesse una location per gli affari, si presenta come un originale postazione per stupire i propri clienti.

La struttura, in pannelli traslucidi collegati ad alette ricurve, consentono di celare l’interno dall’esterno garantendo una certa privacy senza rinunciare alla piacevole brezza e visione dell’esterno; un telo quasi invisibile al posto del soffitto ripara gli occupanti da inconvenienti dati dalla caduta all’interno di escrementi di uccelli. Niente deve disturbare il lavoro che si svolge nell’ufficio del parco.

Inoltre, un alimentatore wifi consente alle persone di essere collegate alla rete in ogni momento. Secondo i progettisti dello studio Tate Harmer, la forma organica dell’edificio si integra perfettamente nell’ambiente naturale della piazza e la struttura è stata progettata per essere agilmente smontata senza essere dannosa per l’oasi urbana

treexoffice-coworking-londra-g

treexoffice-coworking-londra-h

treexoffice-coworking-londra-i

treexoffice-coworking-londra-l

Se si ha intenzione di sfruttare l’opportunità, aperta a individui, imprese o gruppi, è necessario inviare un’e-mail all’indirizzo park.hack@groundwork.org.uk per  richiedere il codice di accesso per la prenotazione degli spazi oppure collegarsi al sito di Park Hark.

Gli introiti generati dall’affitto delle postazioni di TREExOFFICE saranno reinvestiti nella manutenzione  dei parchi di Hackney e spazi verdi, a beneficio di tutti coloro che vivono, lavorano e giocare nel quartiere. Lo spazio è gratuito per i gruppi durante il fine settimana.

Pensavate che ai giardinetti fossero l’ambiente giusto solo per anziani o mamme con bambini? Da oggi potete immaginare di trasferirci il vostro ufficio!

Read more

Da vecchia bottega artigiana diventa abitazione parigina

Una vecchia bottega artigiana, situata in un quartiere ovest di Parigi, è stata trasformata in abitazione. Il compito difficile di ricavare in uno spazio con poche aperture verso l’esterno e con due angusti patii interni sui quali si affacciano le finestre degli edifici circostanti è stato affidato all’architetto Maxime Jansens. Il risultato è stato la realizzazione di un appartamento a pianta aperta con leggere e trasparenti partizioni interne.

PARIGI: SOCIAL HOUSING A LES MARAIS 

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA NUOVA CASA

La casa è disposta su di un unico livello su di una superficie di circa 130 mq. Non esiste una divisione canonica tra zona giorno e zona notte e i due patii sono stati chiusi e coperti con dei lucernari in modo da collegare ogni parte dell’abitazione. Le tre ampie aperture del fronte strada che corrispondevano alle vetrine della bottega ora sono rispettivamente due finestre del soggiorno e una della camera da letto matrimoniale. 

Una volta varcato l’ingresso ci si ritrova direttamente nel salotto sul quale si affacciano tutti gli altri ambienti. La cucina occupa il primo patio, mentre il secondo, che mette in comunicazione due camere da letto e un bagno con il soggiorno, è occupato da un’area attrezzata a scrivanie e librerie per lo studio. Le stanze dei bambini, infatti, non hanno finestre e quindi ospitano semplicemente i letti. Invece, attraverso il soggiorno si accede direttamente alla camera da letto matrimoniale con il suo bagno privato.

bottega-loft-parigi-b

bottega-loft-parigi-c

Per ovviare ai problemi legati alla mancanza di aperture si è cercato di ridurre all’essenziale le partizioni interne per permettere alla luce zenitale proveniente dai lucernari di attraversare liberamente tutti gli ambienti. I muri delle camere in alcuni casi sono stati trattati come dei serramenti inserendo alcune porzioni vetrate alternate a superfici opache.

Cemento, legno e acciaio sono i materiali utilizzati e conferiscono agli ambienti un aspetto industriale. Gli arredi fissi della cucina hanno una struttura in cemento rivestito in resina, mentre la credenza è in legno di pino.

bottega-loft-parigi-d

bottega-loft-parigi-e

Read more

Wunderbugs: il padiglione ligneo che genera musica dal volo degli insetti

L’uomo passa la maggior parte del tempo a cercare di superare la natura come se questa presentasse dei limiti e non si accorge che le soluzioni che sta cercando si celano nei meccanismi naturali che un occhio attento e curioso può osservare e reinterpretare. Non è un caso che, come nel caso del padiglione in legno Wunderbugs realizzato a Roma dallo studio OFL Architecture, le migliori soluzioni tecnologiche nascono proprio da un’attenta osservazione dei fenomeni naturali.

NATURA E ARCHITETTURA SI INCONTRANO CON LA BIOMIMETICA

{loadposition google1}

ARCHITETTURA E NATURA: IL CONNUBIO PERFETTO

Ma cosa succede se ad ispirarsi alla natura è l’architettura? Come si può ricreare un suono naturale per generare uno spazio suggestivo ed affascinante?

wunderbugs-padiglione-roma-b

Lo studio romano OFL Architecture nel padiglione Wunderbugs sfrutta il volo degli insetti per generare musica, grazie a questo progetto si aggiudica il premio A+Awards2015 per la categoria “Architettura+Collaborazione”. Il padiglione vede infatti la collaborazione tra diverse figure professionali quali: architetti, designers, una biologa, un tecnico del suono, un compositore ed un apicultore.

A rendere così speciale questo padiglione, installato a Roma negli spazi dei giardini pensili dell’Auditorium Parco della Musica per la seconda edizione del Maker Faire Europe, sono gli insetti e l’interazione tra uomo e natura.

UN PADIGLIONE IN MODULI DI LEGNO ASSEMBLABILI.

wunderbugs-padiglione-roma-c

Wunderbugs è un padiglione caratterizzato dall’unione delle forme tipiche del barocco romano rilette ed integrate dalle geometrie naturali tipiche del mondo degli insetti. Costituito da moduli in legno ripetuti, il padiglione può assumere numerose conformazioni a seconda della combinazione dei moduli stessi: 1.104 moduli ad arco, 92 rombi con fori circolari che consentono di alternare i vuoti e i pieni. Archi e rombi sono tenuti assieme da 198 nodi in legno che servono a gestire l’andamento curvilineo del padiglione, permettendo di generare spazi sempre diversi tra loro.

UNO SPAZIO FATTO DI SUONI E SUGGESTIONI.

wunderbugs-padiglione-roma-d

Ma il vero fulcro, il cuore pulsante del progetto, non è tanto la scatola quanto il contenuto. All’interno dello spazio racchiuso dal sistema modulare in legno sono presenti sei sfere trasparenti sostenute da elementi verticali in legno. Ognuna rappresenta un ecosistema interattivo con terra, piante ed insetti. All’interno sono presenti dei sensori che, grazie ad Arduino, permettono di controllare il movimento, la temperatura, l’umidità e l’intensità della luce solare in ogni singola sfera.

wunderbugs-padiglione-roma-e

Si trasforma in un vero e proprio spazio di interazione tra i visitatori e i microsistemi naturali: i dati registrati nelle sfere insieme a dei microsensori che percepiscono le posizioni dei visitatori permettono di modulare all’istante la composizione musicale che viene trasmessa all’interno del padiglione. Una sala dei suoni a cielo aperto in cui architettura e geometria, uomo e natura, grazie all’utilizzo sapiente della tecnologia, generano uno spazio sensoriale ed armonioso. 

Osservare con curiosità la natura è dunque quel valore aggiunto alla progettazione che può fornire grandi stimoli e portare a soluzioni progettuali del tutto eccezionali.

{youtube}BNkBN2NjX24{/youtube}

Read more

Progetti di case prefabbricate in legno

I vantaggi della prefabbricazione, se associati a quelli del legno, materiale sostenibile per eccellenza, danno luogo a costruzioni doppiamente valide, caratterizzate da tempi di esecuzione ridotti, sicurezza e pulizia del cantiere, bassi consumi energetici e sostenibilità. Abbiamo raccolto alcuni esempi di progetti di case prefabbricate in legno.

{loadposition google1}

CASA GG: IL LEGNO E LA RIDUZIONE DEI CONSUMI

casa-gg-spagna-a.jpg

GG è una casa prefabbricata in legno con dei numeri vincenti: 4 moduli, 4 mesi e 1 kilowatt. Si riferiscono rispettivamente alla distribuzione degli spazi, suddivisi in 4 moduli, al tempo di realizzazione, di soli 4 mesi, e al fatto che in inverno le case sono riscaldate da un unico radiatore da un solo kilowatt acceso per due ore al giorno. Il progetto spagnolo di Casa GG è opera di Alventosa Morell Arquitectes e dimostra tra le altre cose che la prefabbricazione in legno riduce i tempi di realizzazione e può dar luogo ad abitazioni a basso consumo energetico.

UNBOXED: PREFABBRICAZIONE PER L’AREA MEDITERRANEA

unboxed-prefabbricazione-a.jpg

Unboxed è il progetto di un’abitazione unifamiliare in legno specificamente pensata per l’area mediterranea. Gli architetti Micaela Colella e Maurizio Barberio hanno realizzato uno spazio di grande qualità, con interni progettati in modo da essere flessibili e quindi adattabili con l’evolversi della famiglia. La struttura di Unboxed è composta da pannelli prefabbricati in legno ben isolati, studiati per abbattere i ponti termici ed è completamente riciclabile.

ÁPH80: PROTOTIPI TRASPORTABILI

casa-trasportabile-abaton-p.jpg

Piccole case prefabbricate in legno, dotate di ogni comfort e trasportabili. ÁPH80 è ancora solo un prototipo ma è destinato a diventare presto realtà. I suoi ideatori infatti, dopo la singola abitazione, sono già passati al concept di una serie di case assemblabili a creare un intero villaggio trasportabile. Potrà essere composto da abitazioni accostate l’una all’altra e disposte a formare piazze e stradine. I singoli moduli sono dotati di ogni comfort ed accessoriate con camera da letto, angolo cottura e soggiorno ed un bagno.

POP-UP HOUSE: LA CASA PASSIVA IN LEGNO DA COSTRUIRE IN 4 GIORNI

pop-up-casa-passiva-a.jpg

Pop-up house combina un sistema costruttivo a basso costo con performance termiche talmente elevate da essere una casa passiva. Lo studio di architettura Multipod, che l’ha progettata, l’ha definita una casa fai-da-te per sottolineare quanto sia semplice e rapido costruirla. La casa infatti si costruisce in soli 4 giorni, in 4 persone, senza l’ausilio di grossi macchinari. Ha una struttura in legno ed i pannelli modulari che la rivestono, che si incastrano con facilità tra loro, sono completamente riciclabili. 

Read more

La casa bioclimatica che guarda l’oceano

Nell’arcipelago delle Canarie sull’isola di Tenerife nei pressi della cittadina di Granadilla è stata finalmente realizzata una casa bioclimatica pensata nel 1995. L’architetto José Luis Rodríguez Gil pensava e studiava da diversi anni di progettare un’abitazione energeticamente quasi autosufficiente e dalle forme e dai colori in armonia con il paesaggio circostante quasi disabitato che sia affaccia verso l’oceano.

5 ESEMPI DI BIOCLIMATICA LOW-COST

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA CASA BIOCLIMATICA

L’edificio si sviluppa lungo l’asse Est-Ovest per sfruttare al meglio i venti dominanti: il volume a base rettangolare ha in questo modo la zona giorno esposta a Sud e la zona notte a Nord. Il muro in pietra di basalto, che fa da cesura tra le due parti, costituisce l’elemento generatore del progetto al quale viene addossato da un lato un parallelepipedo e dall’altro una struttura leggera in acciaio zincato e vetro con copertura inclinata a una falda.

casa-bioclimatica-granadilla-b

La casa è disposta su di un unico livello. La cucina, la sala da pranzo e il soggiorno sono ospitati in un unico ambiente che si apre verso la veranda e il paesaggio. La zona notte è costituita da quattro piccole camere da letto e da due bagni. Un lungo corridoio con due finestre posizionate agli estremi permette l’accesso a questi ambienti e favorisce l’afflusso di aria per il raffrescamento naturale.

casa-bioclimatica-granadilla-c

La scelta di inclinare la copertura della zona giorno ha comportato diversi vantaggi in termini di benessere ambientale inteso da più punti di vista: innanzitutto ha permesso di integrare nel volume sia i pannelli solari per la produzione di acqua calda sia i pannelli fotovoltaici per la generazione di energia elettrica; inoltre ha favorito l’inserimento di alcune aperture strategiche per agevolare la ventilazione naturale all’interno degli spazi abitati e la creazione di una veranda.

casa-bioclimatica-granadilla-d

casa-bioclimatica-granadilla-e

I materiali impiegati, privi di elementi nocivi come ad esempio i COV – Composti Organici Volatili – o le vernici sintetiche, sono stati alcuni reperiti in zona, come la pietra di basalto rivestita con lapillo vulcanico, materiale atossico e con un alto potere isolante, mentre altri, come il legno e la struttura in acciaio, provengono dall’industria della prefabbricazione.

Read more

Coltivare nel deserto. Una struttura in foglie di palma per la comunità

The Sabla è un piccolo mirabile progetto pensato per la comunità di AL Ayn, negli Emirati Arabi,  recuperando la tradizionale tecniche di costruzione con foglie di palma. La struttura, biodegradabile e versatile, nasce come serra per naturale ma si presta a più utilizzi.

In un mondo squassato dai cambiamenti climatici, la desertificazione è un fenomeno potenzialmente devastante per milioni di persone costrette già oggi a convivere con la penuria del bene più prezioso che abbiamo: l’acqua. Intorno ad essa si sprecano le parole, vengono organizzate opulente conferenze internazionali alle quali partecipano le massime autorità governative del pianeta, ma purtroppo latitano le contromisure, serie ed efficaci, nel tentativo di arginare un problema il cui spauracchio aleggia paurosamente anche sul futuro dell’Europa meridionale e dell’Italia.

Stop alla desertificazione con il recupero delle oasi

{loadposition google1}

Per fortuna, a dispetto della lentezza decisionale di molti governi, le piccole iniziative si moltiplicano, andando a interessare anche paesi dove negli ultimi anni l’acqua, più che per le colture, è stata utilizzata per irrigare enormi campi da golf circondati dal deserto: gli Emirati Arabi. Il progetto che vi presento, infatti, è stato pensato per tutelare l’agricoltura nell’oasi di Al Ayn, Patrimonio dell’Umanità UNESCO, nonché seconda città per dimensioni dell’emirato di Abu Dhabi, sebbene le sue caratteristiche lo rendano facilmente replicabile in molti paesi mediorientali e nordafricani.

THE SABLA

foglie-palma-emirati-b

Stiamo parlando del “Food Shelter” o “The Sabla”, come è localmente chiamata la serra naturale, ecosostenibile e totalmente biodegradabile presentata da Sandra Piesik e “3 Ideas Limited” alla terza conferenza delle United Nations Convention to Combat Desertification (UNCCD) tenutasi in Messico nel marzo scorso. Alla base del progetto convivono obiettivi ambiziosi, quali contrastare la desertificazione, recuperare antiche tradizioni e combattere la povertà, perseguiti mediante una proposta intrisa di valori culturali, economica e dal design accattivante.

LA MILLENARIA CULTURA ARISH

foglie-palma-emirati-c

A dispetto di un paese punteggiato di grattacieli in vetro e acciaio, The Sabla è costruito avvalendosi praticamente di un solo materiale: foglie di palma da dattero. Il loro utilizzo affonda le proprie radici nella secolare tradizione architettonica locale, ed in particolare a più di 7.000 anni fa, quando furono costruite le prime abitazioni Arish. È proprio partendo da un’analisi attenta di queste architetture che Sandra Piesik ha elaborato la sua proposta, mirabile esempio di integrazione di risorse naturali disponibili e sapienza accumulata in millenni di sperimentazione e riscontri pratici.

IL PROGETTO DI FOOD SHELTER/THE SABLA

foglie-palma-emirati-d

Dal punto di vista dimensionale, il progetto consta di 9 calotte modulari di 8×8 metri ciascuna accostate l’una all’altra per un totale di 600 mq di superficie coperta complessiva. La struttura di ogni singolo modulo è ottenuta arrotolando e intrecciando le foglie di palma da dattero, assicurate mediante legacci di corda e successivamente piegate in modo tale da assumere la forma desiderata. Facilità ed economicità nel reperimento di tale materia prima non sono gli unici vantaggi di The Sabla, che può vantarsi di essere interamente biodegradabile, in quanto anche i tessuti di rivestimento sono ottenuti naturalmente, e di non prevedere l’utilizzo di alcun tipo di macchinario in fase di produzione e posa in opera.

foglie-palma-emirati-e

IL CONCETTO DI ADATTABILITÀ

foglie-palma-emirati-f

Oltre che per la coltivazione, questo tipo di struttura può anche essere utilizzato per ospitare edifici scolastici, di assistenza sanitaria ed altre funzioni basilari nella vita di tutti i giorni. Abbondanza di materia prima, facilità costruttiva e progettuale conferiscono a questo “rifugio” spiccate doti di adattabilità e flessibilità, per non parlare del suo inestimabile valore simbolico, fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica mostrandole orgoglioso come più che i soldi contino le idee e la convinzione di metterle in pratica.

Read more

Dammusi di Pantelleria: abitazioni tradizionali esempi di sostenibilità

I dammusi sono le abitazioni tradizionali dell’isola di Pantelleria: unità abitative di derivazione araba (le loro origini sono, infatti, da ricercarsi nel periodo in cui gli arabi abitavano l’isola, tra il VI e il VII secolo d.C.), oggi diventate famose anche perché sono molti i dammusi panteschi di recente acquistati e ristrutturati da personaggi illustri e abbienti, divenuti case di villeggiatura estiva.

Abitazioni tradizionali della Papua Nuova Guinea

{loadposition google1}

Originariamente nate come unità abitative per le famiglie contadine che avevano necessità di spostarsi tra le diverse aree dell’isola in base alla stagione e alle colture che operavano, i dammusi di Pantelleria dovevano garantire un certo comfort ai suoi abitanti, che non poteva dipendere da altro se non dalle risorse naturali che la stessa isola offriva. Per questo motivo i dammusi di Pantelleria sono tutt’oggi considerati bellissimi esempi di architettura ecosostenibile che hanno permesso agli abitanti dell’isola, grazie ad una straordinaria collaborazione tra uomo e natura, di vivere nel migliore dei modi in un territorio sotto certi aspetti inospitale e difficile.

I dammusi di Pantelleria s’inseriscono alla perfezione nel paesaggio, caratterizzato dai terrazzamenti che servono e soprattutto servivano in passato per facilitare le pratiche agricole su terreni collinari e scoscesi, e inoltre delimitano i confini delle piccole proprietà in cui è suddiviso il territorio, dalla cui trama intricata sorge poi il dammuso, che era realizzato con le stesse pietre ricavate dalla bonifica dei terreni per la formazione dei terrazzamenti.

caption: una vista dei terrazzamenti di Pantelleria.

Le cupole e le loro funzioni all’interno dell’architettura del dammuso

Una delle caratteristiche architettoniche principali dei dammusi è rappresentata dai tetti a cupola estradossata, il numero delle quali denuncia esternamente la quantità esatta delle stanze di cui è composto il dammuso. La copertura a cupola, spessa di solito 35 – 40 cm, è realizzata in pietra coperta da uno strato di terra, su cui viene steso un impasto di pomice vulcanica come isolante, e uno strato di tufo rosso e latte di calce, come impermealizzante.

caption: le cupole estradossate di un dammuso, a Pantelleria.

Il tetto a forma di cupola assolve tre funzioni principali: l’ampia superficie esposta ai raggi solari, infatti, garantisce che all’interno degli ambienti non vi sia traccia di umidità; la stessa superfice esposta al sole veniva utilizzata esternamente per  l’essiccazione dei prodotti agricoli locali come uvetta, fichi e pomodori. Inoltre i fianchi rialzati della cupola consentono di far confluire l’acqua piovana attraverso un canale aperto, detto “cannalata”, che la dirige all’interno di una cisterna (la “jisterna”), dove si conserva la preziosa riserva di acqua.

La cisterna presenta di solito, oltre all’apertura superiore che permetteva di prelevare l’acqua piovana raccolta, un’altra apertura laterale, che serviva per entrare all’interno della cisterna per la pulitura, oltre che per creare un ricircolo d’aria che manteneva l’acqua fresca ed ossigenata. Non è raro che le cisterne dei dammusi siano di origine punica (ovvero costruite in principio in un periodo che va dall’IX secolo a.C. all’epoca romana).

Protezione dal vento e giardini

Essendo l’isola di Pantelleria soggetta a venti molto forti, i dammusi che sono stati costruiti in particolari aree molto esposte, hanno aperture rivolte verso un’unica direzione, mentre le altre facciate dell’edificio vengono lasciate cieche, per proteggere gli interni dal vento. La porta, disposta generalmente verso sud, è spesso fiancheggiata da due piccole finestre di dimensione 40×50 cm (che di solito sono le uniche della casa), in modo da sfruttare al meglio il calore e la luce negli interni.

Un altro elemento architettonico presente nel complesso dei dammusi è il giardino (u jardinu): i giardini sono solide costrizioni a secco edificate su pianta circolare, con muri che possono arrivare sino a tre metri di altezza, che avvolgevano uno o più alberi per ripararli dai forti venti marini. Gli alberi che di solito venivano riparati dal giardino erano alberi di agrumi e da frutta, palme da dattero e alberi di ulivo.

caption: un "Jardinu" di Pantelleria.

Il dammuso è un insieme di elementi architettonici particolari, che non sono stati nominati nell’ambito di questo articolo perché qui si sono solo voluti evidenziare alcuni aspetti sostenibili di una costruzione tradizionale, semplice ma efficace, che utilizza al meglio il materiale locale a disposizione, per creare degli esempi architettonici a cui forse dovremmo guardare più spesso oggi per le nuove costruzioni.

Read more

Piscina sostenibile senza cloro: le piante purificano l’acqua

Una piscina sostenibile senza cloro ha aperto a Londra a Maggio e fino al 2016 offrirà la possibilità di nuotare e rilassarsi a soli 15 minuti a piedi dalla stazione di King’s Cross nel mezzo di un cantiere edile. 

COME FUNZIONA UNA PISCINA BIO

{loadposition google1}

La piscina è in realtà un’opera d’arte che si intitola “Of Soil and Water” e si trova al King’s Cross Pond Club. È l’ultimo e più ambizioso lavoro temporaneo della King’s Cross public art, ideato da Marjetica Potrč, artista e architetto sloveno, e dai designer olandesi Ooze, Eva Pfannes e Sylvain Hartenberg. Il pubblico nuoterà di fatto open air all’interno di una vera e propria opera d’arte.

La piscina sostenibile è lunga 40 metri e larga 10 con profondità crescente ed è capace di accogliere fino ad un massimo di cento bagnanti per consentire all’acqua di rigenerarsi. L’acqua all’interno della piscina infatti non ha additivi chimici e la sua pulizia è affidata ad un sistema di piante e filtri per l’acqua. Niente più cloro quindi, ma attraverso un processo a ciclo chiuso naturale, piante acquatiche sommerse filtrano l’acqua e ne garantiscono la pulizia.

L’acqua proveniente dal Canale di Regent, mediante questo processo naturale con piante tipiche delle zone umide, viene purificata ed utilizzata per la piscina. La stessa acqua, a chiusura dell’impianto, sarà successivamente filtrata ed utilizzata per irrigare il parco in costruzione accanto al sito dove fiori selvatici ed erbe contornano la piscina contribuendo a rendere suggestivo il paesaggio e cambiandone l’aspetto in base alle stagioni. Questa vegetazione favorirà la presenza della fauna attorno allo specchio d’acqua.

Si avrà la sensazione di nuotare in un vero e proprio lagoall’interno della città.

L’installazione di questa piscina è conseguenza di altri interventi ecosostenibili degli stessi progettisti e ideatori ed è l’ultima parte del “Relay program”, un piano pubblico per la rigenerazione di 27 ettari di territorio a Nord di Londra, curato da Michael Pinsky e Stéphanie Delcroix.

A questo punto, nuotatori e curiosi, fateci sapere come sarà tuffarvi da quelle parti!

Read more

Pumphouse Point in Tasmania: il recupero del rifugio sul lago

Un’ambientazione da sogno quella in cui sorge il progetto di recupero degli australiani Cumulus studio. Il rifugio, oggi attrattiva turistica in Tasmania, è nato dalla riqualificazione dei due edifici esistenti la “Pumphouse” e la “Storehouse”.

LA RISTRUTTURAZIONE DEL RIFUGIO CASERA GIANIN

{loadposition google1}

Pumphouse-rifugio-tasmania-b

La Pumphouse si trova sul lago St. Clair, totalmente immersa nella natura della Tasmania, accerchiata dagli alberi e dalla vegetazione del Parco nazionale, patrimonio mondiale, ha come unico collegamento alla terra ferma una passerella in cemento di 250 metri di lunghezza. Uno scenario suggestivo ed onirico nel quale l’edificio, costruito nel 1940, originariamente afferente alla rete idroelettrica del paese, era in stato di abbandono da più di venti anni. La Storehouse si trova invece sulla riva del lago ed ospitava uffici e un’officina di manutenzione delle turbine.

L’intervento di riqualificazione e ristrutturazione dei due edifici ha permesso di realizzare 18 stanze, la maggior parte delle quali ubicate nella Pumphouse ed il restante nella Storehouse che inoltre ospita la cucina e diversi ambienti comuni come il salone e la zona pranzo.

Data l’ubicazione dei due edifici, per motivi logistici si è optato per elementi prefabbricati e standardizzati.

Pumphouse-rifugio-tasmania-c

Pumphouse-rifugio-tasmania-d

L’IMPORTANZA DEL CONTESTO NELLA PROGETTAZIONE

I lavori di riqualificazione hanno interessato principalmente gli interni, mentre per gli esterni si è deciso di mantenere le facciate originarie enfatizzandone il valore storico. L’edificio si eleva su tre piani e vi si accede da un portone in ferro che permette l’accesso al foyer, da cui è possibile raggiungere le stanze distribuite da un corridoio centrale nel quale trovano spazio ambienti comuni di attesa e per il relax. La scelta planimetrica è strettamente legata al paesaggio circostante, aperto alle due estremità il corridoio perde la mera funzione di distribuzione ed assume un valore spaziale superiore fungendo da binocolo sul paesaggio, mantenendo così un collegamento visivo continuo con la natura. In tal modo è come se la passerella che porta dalla terra ferma all’edificio continuasse e terminasse visivamente nella meravigliosa ambientazione che fa da intorno.

Pumphouse-rifugio-tasmania-e

INTERNI IN LEGNO LOCALE E COLORI NEUTRI 

Pumphouse-rifugio-tasmania-f

Gli interni, completamente ripensati e riprogettati per poter ospitare le stanze e gli ambienti comuni del rifugio, sono caratterizzati dall’utilizzo di pochi materiali: legno, metallo e intonaco. Le pareti dell’ingresso e delle aree comuni sono rivestite da legno grezzo non trattato, mentre nelle stanze viene utilizzata una pannellatura più raffinata in legno della Tasmania. Per i dettagli come lampade, corrimano, ecc. viene invece utilizzato il ferro verniciato di nero, e le parti intonacate hanno colori neutri dal bianco al grigio, cercando di creare ambienti accoglienti e rilassanti in cui si possa godere del comfort e del paesaggio visibile da ogni finestra e da ogni stanza.

 

Read more

Lubiana capitale verde europea 2016: verde, attiva, sana

“I feel sLOVEenia. Green. Active. Healthy” è Il motto del padiglione sloveno all’Expo di Milano 2015: un gioco di parole che vuole essere una dichiarazione d’amore alla natura incontaminata del paese e un elogio allo stile di vita sano e soprattutto attivo. Tutto ciò suona come un semplice slogan pubblicitario ma in realtà coglie l’essenza del paese e in particolare della sua capitale Lubiana che, grazie alla politica adottata negli ultimi 10-15 anni, è stata eletta Capitale Verde Europea del 2016

In copertina: Foto © Matic Štojs, Mostphotos

COPENHAGEN, CAPITALE VERDE D’EUROPA 2014

{loadposition google1}

LE RAGIONI DELLA VITTORIA DI LUBIANA

Già finalista nel 2015, la città di Lubiana ha conquistato la giuria fornendo una documentazione dettagliata che descrive, così come richiesto dal bando, sia la situazione attuale che gli obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2025, sulla base di 12 Indicatori: cambiamenti climatici, trasporto locale, aree verdi, natura e bio-diversità, qualità dell’aria, qualità acustica dell’ambiente, produzione e smaltimento dei rifiuti, trattamento dell’acqua, Eco innovazione ed occupazione sostenibile, prestazioni energetiche, gestione ambientale integrata.

Nella scelta della commissione della Capitale Verde Europea, maggior peso hanno avuto le misure adottate per la riduzione del traffico, la forte presenza di aree verdi e la creazione di nuove tramite il recupero di aree degradate e di zone industriali dismesse, ed i progressi ottenuti nello smaltimento dei rifiuti con l’ambizioso obiettivo “rifiuti zero”.

Indicatori a parte però, a fare la differenza è stato il riconoscimento del lavoro svolto, insieme alla regione balcanica, nella gestione della crisi dovuta alla recenti inondazioni che hanno afflitto il territorio.

LE AREE VERDI E IL RECUPERO DELLE AREE INDUSTRIALI DISMESSE

caption: © B. Jakše & S. Jeršič

La Capitale Verde Europea 2016 è coperta per circa tre quarti del suo territorio da zone verdi di cui l’81% si trova nella periferia della città, sotto forma di foreste, di zone agricole e in adiacenza dei corsi d’acqua mentre il restante 19% è all’interno dell’agglomerato urbano con parchi, giardini pubblici, parco giochi e spazi verdi tra gli edifici residenziali. Un patrimonio di circa 180 ettari di aree verdi e spazi aperti è curato dal comune ed incide per il 3% sul bilancio della città.

Una politica impegnata ad evitare ulteriore consumo di suolo mira ad intervenire sulle strutture insediative esistenti, soprattutto tramite il recupero e la rivitalizzazione di aree degradate e al miglioramento degli spazi pubblici già presenti nel territorio comunale. Questo ha portato alla creazione di 40 ettari di nuove zone verdi negli ultimi cinque anni e alla piantumazione di oltre 2000 alberi negli ultimi tre, in particolare lungo le strade principali e all’interno dei parchi.

L’attenzione al potenziamento delle aree verdi e degli spazi pubblici a Lubiana è stato direttamente proporzionale all’aumento della densità edilizia, una scelta non solo di immagine ma soprattutto di salvaguardia della salute e accrescimento della qualità della vita.

Tali strategie sono state sviluppate all’interno di un piano ben definito, non solo dal punto di vista della progettazione ma anche nella scelta dei criteri e delle misure di sviluppo, il tutto in accordo con i principi della sostenibilità. Due importanti riconoscimenti ne sottolineano il valore: il premio da parte del Consiglio Europeo degli Urbanisti nel 2011 e il Premio Fabiani nel 2013, ovvero uno dei maggiori riconoscimenti per l’eccellenza nella pianificazione territoriale ed urbanistica.

caption: © D. Wedam

Proprio nella pianificazione urbanistica molta attenzione è stata riservata ai progetti relativi ai grandi parchi urbani ovvero al completamento di quelli già esistenti (il più antico, il Tivoli Park, iniziato 200 anni fa e il Path of Memories and Comradeship –PMC, iniziato nel 1946) e alla creazione, dal 2007 ad oggi, di altri 5 parchi.

Il PMC, il percorso della memoria che corre lungo l’antica barriera di filo spinato eretta dalle forze di occupazione durante la Seconda Guerra Mondiale, già completato nel 1985, è stato continuamente arricchito durante il corso degli anni fino a diventare oggi la spina dorsale del sistema del verde, il più lungo viale alberato della città, con 7000 alberi, monumenti, zone di sosta ed altre attrezzature.

Tra i nuovi parchi oltre allo Zelena Jama Park, che sorge su un’ex discarica e lo Šmartinski Park, che si collega al parco cimiteriale, spicca senza dubbio il progetto di rinnovamento delle sponde del fiume Ljubljanica, insignito del Premio Europeo per gli spazi pubblici urbani del 2012. L’intervento, oltre ad estendere la già vasta area pedonale del centro fino al fiume attraverso la realizzazione di 4 ponti per pedoni e ciclisti, nuovi pontili, aree pavimentate e logge che scendono a gradonate verso il fiume, ha conferito all’area ulteriore valore aggiunto attraverso l’inserimento di catalizzatori sociali e culturali quali punti lettura, la “Libreria sotto gli alberi”, e il sito archeologico di Špica.

caption: © D. Wedam

Iniziative più piccole, ma non di minor importanza, legate alla qualità dell’ambiente dei quartieri e delle comunità locali sono state e vengono tuttora promosse dal Comune di Lubiana insieme ad alcune associazioni non governative. Solo per citarne alcune, nel 2010 la collaborazione tra abitanti ed artisti locali ha dato vita al progetto “Labyrinth of Art” in cui ogni persona poteva diventare custode di un albero mentre, sempre nello stesso anno, un cantiere abbandonato è stato trasformato in un sistema di piccoli orti urbani grazie alla cooperazione tra un gruppo di residenti ed una piccola organizzazione no profit.

caption: foto da visitljubljana.com

IL TRASPORTO LOCALE

Quello della mobilità locale è stato uno dei settori più carenti di Lubiana fino al 2010, quando si è cominciato a registrare il primo incremento nell’utilizzo dei trasporti pubblici dal 1987. Questa inversione di tendenza è stata resa possibile grazie ad alcune misure adottate dal Comune per migliorare la mobilità che dagli anni novanta fino a quel momento, favorita da una rete ferroviaria insufficiente, aveva visto un aumento del traffico proporzionale allo sviluppo della rete stradale e alla sempre maggiore accessibilità delle auto private.

Il Piano di Mobilità Sostenibile adottato nel 2012 agisce principalmente in due direzioni: potenziando le “infrastrutture verdi”, ovvero aree pedonali e piste ciclabili, e migliorando il trasporto pubblico.

Dati del 2011 alla mano, obiettivo principale per il 2020 è quello di ridurre gli spostamenti in auto del 34% (passando dal 67% al 33%) ed incrementare l’uso dei mezzi pubblici e gli spostamenti a piedi o in bici rispettivamente del 20% e del 14% (passando dal 13% al 33% e dal 20% al 34%).

Le piste ciclabili e la “Zona ecologica”

Ideale per essere percorsa in bici viste le dimensioni, la morfologia e la collocazione geografica, Lubiana vanta 192 km di piste ciclabili di cui 42 km aggiunti tra il 2006 e il 2013 insieme a 837 nuovi portabici. Il servizio di bikesharing introdotto nel 2011 ha superato tutte le aspettative con 1,6 milioni di spostamenti effettuati: 33 stazioni e 308 biciclette sono a disposizione 24 ore su 24 con un servizio self-service in cui la prima ora è totalmente gratuita.

La Zona ecologica, ritenuta dal 30% dei residenti la più significativa innovazione della città, è un’area nel centro della capitale chiusa al traffico veicolare e completamente rinnovata. Creata nel 2007 e in continuo miglioramento e ampliamento, attualmente occupa quasi 100’000 m². Ai suoi margini sono stati creati 100 parcheggi per motocicli in modo da fermare l’accesso dei motociclisti all’area mentre è stato considerevolmente ridotto il numero dei parcheggi delle auto destinandoli ad altre attività.

caption: © NIk Rovan

I trasporti pubblici

Alcuni dati del 2008 mostravano come solo il 10% degli spostamenti in città avvenisse tramite i mezzi pubblici mentre la maggior parte di essi era effettuato con auto private di cui il 39% non eccedenti i 5 km; inoltre ogni giorno 130’000 veicoli entravano nella città dai comuni limitrofi. Nel 2009 il comune ha perciò emanato delle linee guida per la regolamentazione e il miglioramento del servizio di trasporto pubblico.

Da allora la rete dei trasporti pubblici viene implementata ogni anno in base alle esigenze di cittadini e turisti e negli ultimi 5 anni è già stato registrato un aumento di passeggeri del 10%. 209 veicoli per i percorsi urbani e 63 per quelli interurbani fanno sì che il 96% della popolazione viva a meno di 500 m da una fermata dei bus e il 92% si trovi in un raggio di 300 m. Un piano di rinnovamento del parco autobus sta inoltre portando alla progressiva sostituzione dei mezzi più datati con veicoli conformi agli standard EURO V e EEV mentre tre veicoli elettrici sono già operativi nel centro della città.

Per favorire ulteriormente l’uso dei mezzi pubblici il Comune sta provvedendo alla realizzazione delle così dette Park&Rent areas, ovvero parcheggi nell’immediata periferia delle città dai quali è possibile raggiungere il centro tramite autobus.

Un’unica tessera prepagata, l’Urbana city card, può essere utilizzata per il trasporto pubblico, per il sistema P&R, per il parcheggio delle auto e per l’affitto delle biciclette; con essa si può anche usufruire dei servizi della biblioteca comunale.

A fare la differenza però è senza dubbio il servizio di trasporto su richiesta offerto a persone con disabilità: un’iniziativa la cui importanza è stata riconosciuta dall’Unione Europea che ha conferito a Lubiana l’Access City Award 2012 e che ha visto la capitale slovacca trionfare all’Eurocity Award 2013 nella categoria Smart Living.

PRODUZIONE E SMALTIMENTO DEI RIFIUTI

L’ambizioso obiettivo “Rifiuti Zero”, ovvero portare in discarica meno dell’1% dei rifiuti, è perseguito tramite un Piano Strategico e una serie di altre iniziative tutte caratterizzate da un unico comun denominatore: la comunicazione e il coinvolgimento degli utenti, ossia i cittadini.

Il programma di gestione rifiuti si muove sostanzialmente su due linee guida: un’accurata differenziazione prima di portare i prodotti di scarto in discarica e misure per ridurre la produzione di rifiuti.

La raccolta differenziata e lo smaltimento dei rifiuti

Un sistema di raccolta differenziata molto efficiente, con il 94% dei residenti coinvolti nella raccolta dell’umido, ha permesso di dimezzare la quota di rifiuti biodegradabili portati in discarica, passando dal 59.9% al 31.8% in sei anni (2006-2012). La separazione di carta, plastica, metalli e vetro ha fatto sì che venissero riciclati il 47% dei rifiuti nel 2012 e il 53% nel 2013 con l’obiettivo di raggiungere il 60% nel 2016.

Nel 2013 è stato introdotto il trattamento temporaneo dei rifiuti solidi residui prima del trasporto in discarica. Durante questo processo di trasformazione la frazione leggera viene separata dalla parte restante ed inviata ad un impianto per la produzione di combustibile. I primi dati indicano che potranno essere eliminati il 30-40% di tutti i rifiuti destinati alla discarica.

Le misure per la riduzione dei rifiuti 

Dal 2013 il Programma annuale di gestioni di rifiuti è fortemente incentrato alla riduzione della quantità di cibo che finisce nell’immondizia e all’allungamento del ciclo di vita degli oggetti.

Un’intensa campagna di comunicazione partita nello stesso anno è sfociata nell’apertura di un centro di riuso connesso con commercianti, artigiani e centri di raccolta di quartiere.

Il centro di smaltimento dei rifiuti mette a disposizione 30 diversi contenitori (ferro solido, pneumatici auto, ecc.) in modo che solamente una minima quota degli “scarti ingombranti” confluisca in discarica; inoltre ogni anno nei cimiteri vengono raccolte in appositi contenitori 348 tonnellate di candele che vengono portate in tre differenti centri di riciclaggio presenti nel territorio sloveno.

Negli ultimi due anni il centro di raccolta di oggetti usati è stato potenziato: oltre a indumenti e giocattoli vengono raccolti utensili da cucina e materiale didattico che, grazie alla cooperazione con scuole ed cittadini, vengono inviati a centri per senzatetto e per ragazze madri. L’obiettivo è quello di un’espansione progressiva del centro fino a diventare il principale punto di ingresso regionale di una rete connessa direttamente con organizzazioni di beneficenza (tramite la donazione di abiti usati, scarpe e prodotti tessili in genere) e con imprese sociali (che svolgono iniziative quali la riparazione di oggetti usati e la relativa vendita on line e nei mercati).

Le iniziative per la sensibilizzazione dei cittadini

L’accurata differenziazione prima del trasporto in discarica e le misure messe in campo per prevenire la produzione di rifiuti sarebbero inapplicabili senza un’adeguata sensibilità da parte di coloro che i rifiuti li producono: i consumatori.

Con il programma di comunicazione sono stati creati due siti internet e una pagina Facebook sempre aggiornati con comunicazioni per le famiglie, informative per i condomini, avvisi e segnalazioni di qualunque altro tipo di iniziativa; è stato istituito un centro di informazione e di supporto per gli utenti che non solo costituisce un’interfaccia diretta per i cittadini, che vi si possono rivolgere tramite sportello, mail, lettere, ma si fa anche promotore di iniziative come dimostrazioni pratiche per la separazione dei rifiuti e partecipazioni ad eventi di quartiere. Campagne di sensibilizzazione vengono organizzate nelle scuole dove mascotte a forma di drago spiegano tramite disegni i principi della raccolta differenziata ai bambini.

IL RUOLO DELLE CAPITALI VERDI EUROPEE

Incoronata Lubiana per il 2016, la Commissione Europea pensa già all’edizione del 2017 dell’European Green Capital Award (EGCA) ed ha fornito la lista delle città finaliste. Non stupisce il fatto che, ancora una volta nessuna città italiana concorra per tale premio, la cui finalità è quella di far sì che le città si ispirino tra loro, condividendo buone pratiche in uno spirito di sana competizione.

Città come Lubiana e prima di essa Stoccolma, Amburgo, Vitoria-Gastiez, Nantes, Copenaghen e Bristol, sono la dimostrazione di come il rispetto per l’ambiente, la qualità di vita e la crescita economica possono essere combinati con successo perché, citando tra le righe un antico proverbio indiano, il punto è: quando avremo abbattuto l’ultimo albero, pescato l’ultimo pesce e inquinato l’ultimo fiume, capiremo finalmente che non si può mangiare il denaro?

Read more

Tre “casedde” alle pendici dell’Etna trasformate in cantina enologica

Sul versante Nord dell’Etna a Castiglione di Sicilia in provincia di Catania su di un altopiano posto a 870 metri sul livello del mare, alcune “casedde”, tipiche costruzioni rurali della zona abbandonate da tempo e in parte crollate, sono state recuperate e trasformate in cantina enologica. I progettisti Santi Albanese e Gaetano Gulino del Gruppo VID’A hanno operato rispettando il contesto dominato da un lato dal vulcano e dall’altro dai monti Nebrodi e Peloritani senza modificare le volumetrie e soprattutto utilizzando materiali tradizionali.

UNA CANTINA A IMPATTO ZERO GRAZIE AI BIOMATTONI

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA CANTINA

Il complesso è costituito da tre fabbricati disposti a “L” sulla porzione di terreno pianeggiante che si affaccia verso la valle del fiume Alcantara in modo da formare una corte con al centro una cisterna. Tutt’intorno la vegetazione invade ordinatamente il pendio della montagna: filari di vitigni alternati a muretti a secco fanno da cornice al complesso architettonico.

pendici-etna-cantina-b

pendici-Etna-cantina-c

I tre distinti volumi, che sono costituiti da muri in pietra lavica e da coperture a doppio spiovente in legno di castagno e coppi siciliani, sono suddivisi per destinazione d’uso. L’edificio più grande ospita gli ambienti dedicati all’accoglienza e alla degustazione dei vini, il secondo è dedicato alla conservazione e all’affinamento del vino in botti di rovere, mentre il terzo fabbricato è adibito ad abitazione disposta su due livelli. Non è stato previsto uno spazio per la vinificazione.

pendici-etna-cantina-d

I muri e i tetti sfondati sono stati ricostruiti tali e quali: materiali e tecnologie costruttive impiegati sono quelli che da sempre si utilizzano nella zona. Tutto il recuperabile è stato salvato e le partizioni interne aggiunte si sono limitate agli elementi necessari per l’inserimento dei bagni e degli impianti. L’unico intervento consistente è stato realizzato nell’edificio dedicato all’abitazione: la costruzione era fortemente danneggiata ed è stato necessario ristudiare l’impianto strutturale per adeguarlo alle norme sismiche, ma questo non ha implicato uno stravolgimento del volume che appare immutato.

pendici-etna-cantina-e

pendici-etna-cantina-f

 

Read more

Alloggi per anziani nella fattoria urbana di Singapore

La popolazione mondiale sta rapidamente invecchiando (le stime indicano una crescita del 300% entro il 2050), in futuro il cibo potrebbe scarseggiare e la sicurezza alimentare essere messa a rischio. Questi tre problemi, che riguardano molti paesi asiatici, hanno ispirato lo Studio SPARK a presentare un concept di progetto per la città di Singapore che offre alloggi per gli anziani in un luogo stimolante e immerso nel verde, destinato all’agricoltura urbana.

URBAN FARMING. LA NUOVA RIVOLUZIONE CINESE

{loadposition googlebozzola}

Non più tristi case di riposo ma una vera e propria fattoria urbana, la Home Farm, alloggi ad alta densità abitativa integrati a sistemi di coltivazione verticale idroponica e tetti-giardino, che permette ai residenti di avere un’opportunità di lavoro dopo la pensione, collaborando alla crescita della comunità attraverso la coltivazione di orti urbani.

“Abbiamo lavorato a questo concept per la città di Singapore – spiega Stephen Pimbley di SPARK – ma il progetto è replicabile e applicabile in qualunque località che possa sostenere la crescita di vegetali a foglia verde sulle facciate e sui tetti degli edifici. Ci auguriamo che questo progetto si concretizzi in futuro: si tratta di una soluzione a problemi reali e urgenti che molte delle città in crescita nel mondo devono affrontare”.

alloggi-anziani-singapore-b

Il sistema idroponico è adattato per i giardini pensili, i terrazzamenti, i tetti e le facciate verdi verticali; qui il lavoro degli anziani si svolge sotto la guida di agricoltori professionisti e include tutta la filiera produttiva, dalla semina alla vendita in loco dei prodotti, garantendo sicurezza finanziaria e assistenza sanitaria ai pensionati.

L’edificio utilizza materiali semplici ed elementi modulari, è pensato per essere energeticamente efficiente e sostenibile, con un impianto per la raccolta dell’acqua piovana e il recupero delle acque grigie, un sistema di produzione di energia dai rifiuti e pannelli fotovoltaici.

alloggi-anziani-singapore-d

Il progetto offre numerosi vantaggi: oltre a garantire uno stile di vita salutare, promuove la sicurezza alimentare e contribuisce alla sostenibilità urbana e ambientale, all’impegno sociale ed economico.

Lo scopo dei progettisti è di trasmettere un forte messaggio sociale e di aprire un tavolo di discussione e confronto sulle potenzialità create dall’unione di due mondi separati, il sostegno di una società che invecchia rapidamente e il miglioramento della sicurezza alimentare.

alloggi-anziani-singapore-c

Read more

La passerella nella Valle dei Templi di Agrigento

Nella famosissima Valle dei Templi ad Agrigento – Sicilia – da alcuni mesi è possibile passeggiare tra l’area del tempio di Zeus e l’area del tempio di Eracle senza soluzione di continuità. Le due zone archeologiche erano, infatti, separate dalla Strada Statale 118 e il percorso di visita risultava frazionato. La realizzazione della passerella pedonale, progettata dallo studio Cottone+Indelicato Architects in collaborazione con Joan Puigcorbe, ABGroup Ingegneria e Sofia Montalbano, permette la fruizione del parco rimarginando la ferita causata dalla costruzione della strada.

ARCHEOLOGIA E ARCHITETTURA: IL VINCITORE DEL PREMIO DOMUS RESTAURO 2014

{loadposition googlenicora}

passerella-valle-dei-templi-a

IL PROGETTO DELLA PASSERELLA NELLA VALLE DEI TEMPLI

Semplicità e integrazione nel contesto sono le peculiarità della passerella. Il manufatto, secondo gli intenti dei progettisti, si pone come ricostruzione ideale delle antiche mura della città greca che erano state interrotte dalla strada moderna. Il cavalcavia pedonale è costituito da un elemento lineare a sezione alveolare rastremato alle estremità, protetto su entrambi i lati da un ringhiera realizzata con elementi verticali di altezze differenti e posizionati a distanze variabili secondo un modulo ben preciso.

passerella-valle-dei-templi-b

Il materiale prescelto è stato l’acciaio corten sia per le sue qualità di resistenza meccanica, sia  per la sua capacità di mutare colore nel tempo. Infatti la patina che si crea sulla sua superficie varia dalle tonalità del bruno scuro e quelle della terra. In questo modo l’invecchiamento della passerella non diviene un degrado, ma un valore aggiunto integrandosi maggiormente nel contesto.

passerella-valle-dei-templi-d

Il cantiere è stato gestito in modo da essere veloce per non interrompere il collegamento stradale di vitale importanza per il traffico veicolare, e soprattutto poco invasivo per limitare gli scavi e i rinterri. La passerella, prefabbricata e montata in loco, è stata ancorata ad un sistema di appoggio in elastometro armato che ha permesso di evitare la realizzazione degli scavi necessari solitamente per la realizzazione del tradizionale sistema di fondazione.

passerella-valle-dei-templi-e

passerella-valle-dei-templi-f

Read more

Edilizia sostenibile a Friburgo: esempi virtuosi in Germania

Nel Sud della Germania, dall’inizio degli anni ’90, la città di Friburgo ha identificato nel green building uno dei pilastri della sostenibilità. Politica, ricerca, imprenditoria e società civile hanno infatti concorso a rendere la città un luogo di grande innovazione edilizia e polo di attrazione per professionisti di tutta Europa. Dalla costruzione dei primi edifici sperimentali e la diffusione sempre più frequente di case a basso impatto energetico, si è arrivati all’obbligo dello standard di casa passiva per tutti gli edifici residenziali a partire dal 2011. Tale evoluzione ha avuto inoltre un grande impatto anche su aspetti sociali, economici e urbanistici.

Ci sono molte cose da vedere e da conoscere a Friburgo per i professionisti dell’edilizia sostenibile e della progettazione urbana, al punto che si può frequentare un seminario di aggiornamento professionale su questi temi.

EDILIZIA SOSTENIBILE A FRIBURGO

Gli eco-quartieri

Vauban è il quartiere modello di pianificazione urbana degli anni ’90, sviluppato grazie a consapevolezza ambientale e partecipazione dei cittadini, oggi simbolo della città sostenibile e della sua alta qualità della vita. La piazza rappresenta il centro sociale e culturale del quartiere: oltre ai bambini che giocano sul selciato, grazie al divieto di circolazione per le automobili, più volte la settimana si riempie per eventi e mercatini rionali. E poi c’è Rieselfeld, un quartiere ad alta densità abitativa, ma a stretto contatto con la natura. Mentre al villaggio solare le case con lo standard Energie-Plus producono più energia di quanta ne consumano (e si tratta di edilizia popolare!).

Scopri la città con Study Visit Friburgo

La prima casa multi-familiare passiva della Germania

Si chiama “Wohnen un Arbeltein” (Abitare e Lavorare) ed è stata realizzata nel 1999 da un “Baugruppe” (gruppo di costruzione) composto da 16 costruttori privati e proprietari ha costruito la prima casa multi-familiare passiva della Germania. Il progettista è Andreas Delleske.

edilizia-sostenibile-friburgo-b

Riqualificazione sostenibile di edilizia popolare

Weingarten è un quartiere costruito negli anni ’60-’70 e oggi abitato dalle classi sociali più svantaggiate. Grazie a un progetto di riqualificazione partecipata, Weingarten 2020, le associazioni di quartiere hanno potuto giocare un ruolo fondamentale . A Weingarten si può vedere l’edificio conosciuto a Friburgo come “Buggi 50”, il più alto edificio ristrutturato con standard passivo del mondo.

SEMINARI DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE

edilizia-sostenibile-friburgo-h

Grazie alla collaborazione tra la società italiana Punto 3 e l’agenzia per la sostenibilità friburghese Aiforia, con la partnership di Architettura Ecosostenibile, è possibile accedere a un seminario formativo della durata di 3 giorni sul tema dell’edilizia sostenibile, che si svolgerà a Friburgo dal 15 al 17 Ottobre.

I training sono una delle proposte realizzate nell’ambito dell’idea Study Visit Friburgo, che propone la città famosa per la sua sostenibilità a studenti di tutte le scuole, Università, gruppi, assessori e tecnici degli Enti Locali, professionisti e dirigenti d’azienda.

Le guide sono esperti di sostenibilità, madrelingua italiani, che coinvolgono i principali interlocutori cittadini per raccontare come sono pensate e realizzate le buone pratiche di sostenibilità urbana (traduzione consecutiva dal tedesco o dall’inglese). Nei seminari si incontrano i progettisti, i direttori dei lavori, i responsabili dell’Ufficio Edilizia dell’amministrazione cittadina.

E’ possibile iscriversi fino al 15 Settembre.

Iscriviti al training

Read more