The Little Hall: da mensa scolastica arcobaleno a sala polifunzionale

Nel sud dell’Inghilterra, una scuola elementare si è ispirata alle parole di un libro per bambini per tingere la mensa scolastica dei colori dell’arcobaleno e riprodurre il profilo delle case da fiaba. Il progetto dello studio De Rosee Sa però non punta solo all’estetica e alla bioedilizia, ma anche alla costruzione di un sentimento di appartenenza alla comunità: la mensa della “Prestwood Infant School” assicura ogni giorno un pasto gratuito ai bambini e, in orario extrascolastico, diventa centro polifunzionale per i residenti del quartiere.

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Experiential Beer Garden: un concorso per celebrare la birra

Si apre oggi il nuovo concorso di progettazione promosso da YAC (Young Architects Comptitions) ed Unindustria, il cui tema è degno dell’Oktoberfest: la birra. La nota distilleria emiliana e la piattaforma di competizioni online sfidano architetti, progettisti e designer ad immaginare una birreria unica nel suo genere, dove esperienze sensoriali, cultura e svago incontreranno il mondo della produzione artigianale della birra.

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Cantine Antinori: il progetto ipogeo di Archea

Nel Chianti Classico, a metà strada tra Firenze e Siena, una nobile famiglia coltiva una tradizione secolare che lega la vita della comunità alla produzione vinicola. Il progetto della Cantina Antinori è frutto di uno stretto legame tra paesaggio e territorio antropizzato, che ha portato i progettisti dello studio Archea ad immaginare un’architettura ibrida che vivesse in simbiosi con l’ambiente naturale e l’opera dell’uomo.

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Perspectives: il padiglione nella foresta è un piccolo rifugio dal mondo

Perspectives è un piccolo padiglione totalmente immerso nella natura, come una finestra sul mondo si apre verso un panorama mozzafiato, creando una piccola oasi di pace e relax nel verde della foresta inglese. Realizzato nel 2016 dallo studio inglese Giles Miller Studio e commissionato dalla Surrey Hills Arts e la Mittal Foundation, il padiglione sorge in cima a Surrey Hills a Winterfold, a sud di Londra.

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L’ufficio senza sedie: combatte la sedentarietà

Per risolvere il problema di lavoratori sempre più sedentari, RAAAF (Rietveld Architettura-Art-Affordances), uno studio di architettura sperimentale olandese che lavora nell’ambito delle installazioni artistiche e del visual design, ha progettato, in collaborazione con l’artista Barbara Visser, un ufficio concettuale senza le sedie e scrivanie tradizionali.

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Green Academy: i risultati del concorso per il recupero di un’ex cartiera

Sono stati pubblicati da YAC (Young Architects Competitions) i risultati di Green Academy: il concorso incentrato sul recupero dell’ex cartiera di Marzabotto (Bologna). L’immobile di 5 mila metri quadri, di proprietà di DISMECO srl, diventerà un centro d’avanguardia per la formazione ispirata ai principi della green economy ed ospiterà, tra l’altro, un museo dei bambini, un green business incubator, un museo della scienza e del riciclo e una scuola del vivere sostenibile.

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Lamborghini Road Monument: un landmark per un’automobile leggendaria

Celebrare la nuova creatura di casa Lamborghini e con essa il made in Italy. Il nuovo concorso “Lamborghini Road Monument“ lanciato da YAC (Young Architects Competitions) ha un committente la cui storia ha fatto leggenda e fa sognare con le sue quattrotuote dall’inconfondibile design. Automobili Lamborghini sfida progettisti e designer ad immaginare un landmark che segni l’ingresso stradale alle fabbriche dove queste auto vengono alla luce.

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Listelli in legno e forme sinuose per il padiglione temporaneo Off the Cuff

Autocostruzione e progettazione partecipata significa cura degli spazi, sperimentazione e acquisizione di competenze pratiche in pochissime ed intense giornate. Perciò, sopratutto in estate, moltissime associazioni e atelier organizzano laboratori, che si trasformano immancabilmente in esperienze preziose per tutti i partecipanti. Non fa eccezione il workshop Off the Cuff  tenutosi a Roma nei giardini di Monk dall’8 al 10 luglio, da cui è nata un’installazione di legno dalle forme sinuose. Lunghe sedute, un’altalena e diverse aperture vivacizzano il padiglione che si erge per sovrapposizione di listelli sfalsati e chiodati. Vuoti e pieni ricordano molte installazioni temporanee d’autore; sulla pianta ad otto le pareti si spanciano e si ritraggono creando piacevoli scorci e dividono irregolarmente l’interno ed esterno del labirinto.

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Il grattacielo Unipol di Cucinella a Milano: 23 piani di sostenibilità

Sarà il fratello minore dei vicini UniCredit e Solaria ma quasi certamente il grattacielo più sostenibile e spettacolare nello skyline di Porta Nuova a Milano. Nell’area dov’era prevista la realizzazione della torre dell’Hotel Grilli, poi cancellata, il grattacielo Unipol sarà il nuovo centro direzionale milanese alto 125 metri e porterà la firma dello studio Mario Cucinella Architects.

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COventidue: progetto di cohousing nel cuore di Milano

COventidue è il nuovo progetto di abitazioni in cohousing che a breve partirà in pieno centro a Milano. Tra settembre ed ottobre 2016 verrà stipulato il rogito per la cessione dell’immobile sito in Corso XXII Marzo 22 –  piazza Santa Maria del Suffragio- dal Fondo immobiliare “Comune di Milano I” gestito da BNP-Paribas REIM sgr, alla società COventidue, che per la realizzazione si è affidata a NewCohcohousing.it, portale che promuove in Italia un nuovo modello abitativo partendo da adesioni ed esigenze dei futuri abitanti. I lavori di ristrutturazione saranno avviati a fine estate in questo palazzo in stile Liberty in pieno centro a Milano.

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Sanaa: la tradizione dei mattoni in fango non si arrende alla guerra

La guerra è un mostro infernale capace di distruggere tutto: oggetti, persone e sentimenti rimangono schiacciati sotto il peso della violenza manovrata da spietati interessi economici. C’è qualcosa, però, che è capace di resistere anche a questo turbinio di cattiveria che, ormai, si sta abbattendo su ogni angolo del mondo. Stiamo parlando di una tradizione costruttiva che ha attraversato secoli di storia e proprio non vuole arrendersi alla follia dell’uomo contemporaneo. È quello che sta succedendo a Sanaa, nello Yemen, quotidianamente vessato dalla guerra civile, in cui le tradizionali case a torre costruite con i mattoni di fango sembrano proprio non voler abbandonare il paesaggio del Paese. 

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L’edificio di Alicante che si ispira ad una cicala

Un edificio ispirato alle forme di una cicala trova spazio nel Comune di Alicante, nella Comunità Valenciana, in Spagna, inserito in adiacenza del “Centro Cultural Las Cigarreras”, il più grande spazio culturale della città, composto da un edificio per mostre di arte contemporanea, una casa della musica, un edificio dedicato al patrimonio culturale della città e un giardino verticale.

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Il luna park tra i boschi è ad energia zero: lo azionano i visitatori

Nonostante ci troviamo nell’epoca in cui per divertirsi si usa il pc, la Playstation, la tv e altri dispositivi elettronici infernali che contribuiscono a far lievitare l’importo della bolletta, c’è qualcuno, a Treviso, che sembra apprezzare anche attrazioni alternative. A dimostrarlo è il parco divertimenti “Ai Pioppi” di Nervesa di Battaglia, nel trevigiano, che a poco tempo dall’apertura è già in grado di vantare un boom di visitatori attratti dall’idea di un Luna Park funzionante ad energia zero.

ENERGY CAROUSEL: LA GIOSTRA AD ENERGIA CINETICA 

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Divertimento a energia zero: il luna park nel bosco

Il parco divertimenti sorge in una foresta fitta e rigogliosa, caratteristica che ha suggerito il nome, “Ai Pioppi”. Le attrazioni che lo compongono non sono collegate all’energia elettrica, ma la loro “vita” è diretta conseguenza della forza motrice prodotta dai visitatori che si divertono con esse. 

Il Luna Park si compone di 50 giostre, da quelle più tradizionali come le catenelle, il pendolo, gli scivoli e le altalene, a quelle più originali e innovative. Una delle attrazioni si presenta, addirittura, come un omaggio all’uomo vitruviano, essendo caratterizzata da un anello con dei fermi in corrispondenza dei quadranti a cui vengono fissati mani e piedi dei visitatori per lasciarsi andare all’oscillazione e al divertimento. 

L’ideatore delle attrazioni a energia zero è Paolo Schiavetto, disegnatore tecnico locale, capace di trasformare un concetto in realtà assicurandosi, preventivamente, della sicurezza delle giostre che hanno permesso al parco divertimenti di essere inserito dalla rivista The Guardian tra le dieci attrazioni più bizzarre fatte a mano del mondo.

caption: foto di Osteria Ai Pioppi

caption: foto da idealista.it

La storia del Luna Park “Ai Pioppi” parte da Disneyland

Il Luna Park non presenta solo la particolarità di essere interamente eco-friendly e sostenibile dal punto di vista energetico, ma incuriosisce anche per via della sua storia. Il fondatore Bruno Ferrin, già proprietario di un’osteria in zona, ebbe l’idea dopo essersi reso conto che, quando ci si reca in un parco divertimenti come Disneyland o Gardaland e si sale sulle giostre, si viene imbracati e si vive l’attrazione in modo alquanto passivo. Di qui l’idea: creare un parco giochi in cui i visitatori non salgono sull’attrazione in azione per divertirsi, ma si divertono mettendo in azione l’attrazione.

La cellula da cui ha avuto origine l’intera struttura è stata una semplice altalena che Ferrin si era messo in testa di costruire accanto all’osteria di famiglia. Poi, visto il successo del piccolo gruppo di giostrine, il progetto si è esteso sempre di più, entrando nel cuore della foresta in cui svettano pioppi, ovviamente, castagni, olmi, faggi e betulle e diventando un posto costantemente frequentato da chi ha il desiderio di vivere un’esperienza diversa da tutte le altre.

Un ulteriore punto di forza del parco, oltre al divertimento “attivo” assicurato dal funzionamento delle giostre che le compongono, è costituito dai suoi costi contenuti, soprattutto per chi decide di pranzare all’osteria. Per questi ospiti, in particolare, l’ingresso è gratuito. 

caption: foto da idealista.it

Nel verde del bosco si sviluppano percorsi su ponti sospesi, composti semplicemente da assi di legno e funi, reti elastiche, liane, carrucole con funi, altalene, girotondi e scivoli. A queste attrazioni si accostano giostre di taglia maggiore, come pendoli e strutture azionate tradizionalmente con energia elettrica e che, in questo caso, non consumano neppure un centesimo. Tutte le giostre sono perfettamente in sicurezza e costantemente controllate dal personale.

A pochi mesi dall’apertura il parco di ad energia zero vanta già 50 mila visitatori all’anno e le previsioni delle presenze sono più che rosee, vista l’accoglienza calorosa che il luna park “Ai Pioppi” ha ricevuto da parte dei chi ne ha anche soltanto sentito parlare. 

Per l’Italia è motivo di orgoglio avere, nel proprio territorio, un parco giochi che, diversamente da quelli esistenti, si preoccupa di produrre energia pulita e priva di sfruttamenti di qualsiasi genere. Il tipo di sostenibilità promosso da questo progetto si può definire a 360 gradi, abbracciando l’aspetto ambientale, quello economico e, non meno importante, quello sociale. Le giostre, infatti, essendo azionate dall’attività di chi si sta divertendo con esse, spinge gli ospiti a interagire e a collaborare per un obiettivo comune, il movimento e il funzionamento della giostra eco-friendly e, più in generale, friendly.

caption: Ragazzo al parco di avventura © Noblige, via Dreamstime.com

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University Island: il concorso per il campus sull’isola abbandonata di Poveglia

Poveglia, isola dell’arcipelago veneziano, che dal 1380 ha assistito ad un lento e costante abbandono, sarà l’oggetto di un concorso per la realizzazione di un nuovo campus universitario.

Affascinante e misteriosa, complici i mancati collegamenti con la terra ferma, l’isola è oggi abbandonata e preda di una fittissima vegetazione, che ne nasconde le coltivazioni e le architetture.

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Poveglia, dall’aspetto incantato e melanconico, ha recentemente suscitato un rinnovato interesse da parte di privati ed amministrazioni, che intendono pensare ad un nuovo utilizzo dell’isola.

YAC, Young Architecture Competition, sulla scia della riqualificazione dell’isola, ha proposto di trasformarla in centro della cultura Veneta, realizzandovi un nuovo Campus Universitario in cui concentrare attività di tipo didattico e formativo, extra curriculare, di svago e riposo per i numerosi studenti che scelgono l’ateneo veneziano per i propri studi universitari.

L’arduo compito di immaginare la trasformazione di un’isola abbandonata in polo culturale è affidato ai partecipanti della competizione University Island”, bandita da YAC in collaborazione con RIAM. Ai partecipanti è richiesto di ripensare la partecipazione universitaria come una nuova esperienza a 360 gradi, che vada oltre le mere attività didattiche, di legare fortemente il costruito con il paesaggio naturale dell’isola e le preesistenze architettoniche, di progettare un complesso quanto più possibile autosufficiente.

Gli spazi da prevedere necessariamente nel progetto con cui partecipare al concorso di University Island saranno aule e laboratori, uffici di ateneo, biblioteca e sala lettura, mensa ed area ristoro, residenze per studenti, spazi espositivi e polivalenti, dotazioni sportive, un auditorium. 

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Iscrizioni, giuria e premi

Ci si può iscrivere per partecipare alla competizione University Island entro il giorno 8 Giugno 2016.

Gli elaborati devono essere consegnati entro e non oltre il 15 Giugno 2016.

In giuria, Peter Cook di Crab studio, Patrick Luth di Snohetta, Iannis Kandyliaris di BIG, Francesco dal Co di Casabella, Pierluigi Cervellati di Studio Cervellati e Associati, Alberto Ferlenga di IUAV, Andrea Boeri di Unibo, Alessandro Marata di CNAPPC e Francesca Graziani dell’Agenzia del Demanio, assegneranno i 3 premi, 4 menzioni gold e 10 menzioni d’onore.  Per i primi tre classificati è previsto un premio economico rispettivamente di 10 mila, 4 mila e 2 mila euro, mentre per le 4 menzioni gold è previsto un premio di mille euro ciascuna. Tutti i progetti premiati, comprese le 10 menzioni d’onore ed i 30 finalisti, riceveranno un anno di abbonamento alla rivista Casabella.

Per il bando ed ulteriori informazioni si rimanda al sito di YAC

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Nasu Tepee: la casa-tenda immersa nei boschi giapponesi

Nasu Tepee è una residenza privata realizzata nel 2013 e progettata dallo studio giapponese Hiroshi Nakamura & NAP nella prefettura di Tochigi, sull’isola di Honshu in Giappone. Completamente immersa nei boschi, la casa sorge in uno dei luoghi giapponesi più conosciuti per la villeggiatura estiva.

Passando attraverso i campi, una strada forestale conduce ad un boschetto di alberi misti. La posizione privilegiata in stretto contatto con la natura è stata scelta dai proprietari, una giovane coppia che nel fine settimana ama dedicarsi all’agricoltura organica e produrre da sé verdure fresche, con la volontà di preservare il più possibile l’ambiente circostante.

VACANZE NELLA NATURA IN PICCOLE CASE MOBILI

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La casa-tenda immersa nei boschi giapponesi

La casa Nasu Tepee è composta da un unico corpo di 186 metri quadrati, si articola in volumi composti da grandi falde che vanno da cielo a terra generando ambienti dal forte andamento verticale, scelta progettuale legata a due aspetti molto importanti, il primo relativo all’ubicazione: la forma allungata e piramidale segue l’andamento dei tronchi e dei rami, in modo da poter costruire la casa senza dover compromettere la natura circostante.

L’accentuata verticalità della casa-tenda, oltre a sottolineare l’aspetto peculiare del paesaggio giapponese in cui è immersa, serve per poter captare più luce naturale possibile. Diversi lucernari, studiati ad hoc per ogni stanza, creano dei vuoti in questi grandi tetti portando la luce naturale dei boschi all’interno della casa. Si generano dei tagli di luce che caratterizzano le diverse prospettive degli ambienti, essenziali e minimalisti, in cui la luce diventa uno degli elementi protagonisti. L’inclinazione diagonale è studiata in base ai movimenti delle persone all’interno dell’edificio, con altezza massima di 8 metri e minima di 2,60 metri. Il soffitto scende come una tenda da campeggio e consente la creazione di uno spazio di vita caldo che si confonde con gli alberi. La struttura della Nasu Tepee è in legno, le stanze sono collegate tra loro tramite varchi triangolari.

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L’altezza ed il posizionamento delle aperture della casa-tenda sono stati studiati per generare un effetto camino che permette il ricambio di aria e il raffrescamento estivo. Le falde diventano l’involucro stesso dell’edificio, in alcuni punti si trasformano in una doppia pelle che permette di riutilizzare il calore interno.

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La rinascita del complesso rurale di Casa Salina

Immersa nella campagna siciliana poco distante dalla città di Scicli in provincia di Ragusa sorge Casa Salina: un tempo complesso rurale edificato nel XIX secolo, oggi residenza estiva. La rinascita è avvenuta grazie ad un sapiente lavoro di squadra. Gli architetti Viviana Pitrolo e Francesco Puglisi hanno collaborato con la paesaggista Maria Giardina e con gli ingegneri Raffaele Campo e Giorgio Scrofani, rispettivamente impiantista e strutturista, al fine di mitigare le nuove esigenze abitative con le forme e i materiali della tradizione iblea.

UN FRANTOIO PUGLIESE TRASFORMATO IN CASA VACANZE DI LUSSO

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Il volume originario del complesso rurale è rimasto inalterato ed è composto da alcuni corpi di fabbrica accostati dalle altezze ridotte. La muratura è in pietra locale e i tetti, in parte piani e in parte a doppio spiovente, sono in legno. Casa Salina si dispone in parte su di un unico livello e in parte su due. La zona giorno e due camere con rispettivi servizi sono collocati al piano terra, che si apre da un lato verso la campagna e dall’altro verso il baglio, mentre al primo piano sono collocate altre due stanze da letto con i rispettivi spazi adibiti a servizio.

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Negli ambienti interni di Casa Salina le finiture originarie e i materiali locali si coniugano con arredi moderni. La muratura è stata lasciata a vista quasi in ogni ambiente: l’intonaco e i rivestimenti in gres porcellanato sono stati applicati solo nei locali di servizio. I pavimenti sono in basole di pietra calcarea e i nuovi serramenti sono in legno per non alterare la composizione delle facciate dell’abitazione rurale. 

Una serie di muri a secco di altezze differenti delimitano la proprietà e il baglio all’interno del quale è stata realizzata una piscina a sfioro. Il giardino, che si espande intorno al complesso, è stato piantumato prendendo in considerazione solo essenze originarie del luogo: ulivi e alberi di carrubo si alternano tra le aiuole e i percorsi disegnati nel prato con pietre calcaree.

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Il giardino sul tetto della stazione: Crossrail Place di Foster + Partners

Da tempo ormai, l’immagine di Londra non è più soltanto legata alla storia ed ai suoi monumenti. Big Ben, Westminster, Buckingham Palace e Tower Bridge restano le attrazioni turistiche per eccellenza, ma stanno pian piano lasciando spazio alla Nuova Londra, costruita da maestri e archistar dell’ultima generazione. La stazione di Crossrail Place a Canary Warf progettato dallo studio Foster + Partners è uno dei simboli della nuova città, con il suo giardino sul tetto già ultima e visitabile.

IL GIARDINO TROPICALE DELLA STAZIONE ATOCHA RENFE DI MADRID

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Viaggiando in questa strabiliante città, si ha l’occasione di assaporare una realtà completamente diversa da quella italiana. Tutto a Londra è architettura, innovazione, ricerca. Perdersi per le sue strade oggi vuol dire anche attraversare aree circondate da cantieri in corso, nuove costruzioni che si affiancano a quelle esistenti o che sempre più spesso ne prendono il posto per contribuire al cambiamento ed alla nuova immagine di Londra.

L’area di Canary Wharf è una delle aree che negli ultimi anni ha consolidato la sua immagine e che si propone come una delle tappe obbligate per chi decide di visitare la Londra contemporanea.

A Canary Wharf, la prima parte del complesso Crossrail è stata finalmente aperta al pubblico: si tratta di una delle 40 stazioni della rete di collegamento fra l’est e l’ovest della città di Londra, progettata dallo studio di architettura Foster + Partners.

L’edificio sostenibile chiamato Crossrail Place ospita un centro commerciale che arricchirà la zona tra il quartiere residenziale e quello finanziario. L’intero complesso sarà costituito da un edificio a 7 piani che si estenderà per circa 300 metri lungo il molo. La conclusione è prevista entro il 2018 ed oltre alla stazione, ci saranno negozi, cinema, ristoranti, caffè e un giardino sul tetto.

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Sono stati inaugurati 4 piani del Crossrail Place tra cui l’ultimo, dove trova collocazione il meraviglioso giardino disegnato dallo studio londinese Gillespies, specializzato in progettazione del verde, che offre una passeggiata panoramica in un bellissimo giardino protetto dalle piogge londinesi. “Il disegno del giardino risponde al linguaggio architettonico del tetto nella creazione di un ambiente adibito a parco originale e riparato. Offrirà ai visitatori un punto di vista del tutto nuovo per guardare i canali e la zona circostante”. Ha spiegato uno dei partner dello studio Gillespies che ha collaborato al progetto con Foster + Partners.

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Passando attraverso ponti di collegamento è possibile l’accesso a questo suggestivo mondo verde popolato da essenze vegetali originarie dei paesi visitati dalla Gran Bretagna durante le esplorazioni marittime: le essenze scelte per il giardino sul tetto del Crossrail Place di Foster, infatti, sono state selezionate per ricordare l’ambiente marittimo della zona e provengono dai paesi visitati dagli inglesi nel XIX secolo per commerciare le navi che furono costruite nei magazzini della zona della stazione dalla West India Dock Company. Questi tre depositi furono abbandonati nel 1960 fino alla chiusura del 1980, con il piano per riqualificare la zona e farne un polo finanziario.

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Il parco che sovrasta la costruzione di sette piani di Foster + Parners è coperto da una struttura in legno lamellare che mediante moduli triangolari consente il posizionamento delle lastre di ETFE, etilene-tetra-fluoro-etilene, una plastica autopulente e riciclabile che non ostacola l’ingresso delle componenti dello spettro luminoso che servono alla crescita delle piante del tetto verde. La copertura della stazione è, inoltre, aperta al centro per il passaggio di luce, aria e acqua meteorica.

L’effetto è davvero suggestivo sia per il contrasto con l’architettura circostante di vetro e acciaio che per la tranquillità che emana il giardino del Crossrail Place, facendo da contrappunto al rumore della metropoli all’esterno.

Un modo tutto nuovo per guardare Londra con occhi diversi.

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La scuola materna che insegna a coltivare: Nursery Fields Forever

Non si è mai troppo piccoli per imparare ad occuparsi delle piante e degli animali. È questa il motto della Nursery Fields Forever, l’asilo dove si impara anche a coltivare l’orto, progetto vincitore del concorso di idee londinese AWR International Ideas Competition. L’obiettivo dell’iniziativa è stato quello di trovare una proposta interessante e innovativa per una nuova scuola materna nella città di Greenwich, alle spalle della più famosa accademia di danza Laban Centre, firmata da Herzog & De Meuron. 

E così, dopo gli asili nido nel bosco, le fattorie didattiche e altri esperimenti progettuali nati con l’intenzione di portare sin da subito i piccoli a contatto con la natura, nasce la scuola che inizia all’agricoltura, che riesce a mixare perfettamente l’agricoltura urbana, la pastorizia e l’istruzione materna.

FATTORIE URBANE: A SINGAPORE ORTI E ALLOGGI PER GLI ANZIANI

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La scuola che insegna a coltivare: un team tutto italiano

Il tema del concorso lanciato da AWR e che ha visto trionfare il progetto della scuola materna Nursery Fields Forever è attuale più che mai. Al giorno d’oggi i bambini, che dovrebbero essere lasciati liberi di vivere la propria innocenza e la propria ingenuità, oltre che la spensieratezza tipica della loro tenera età, vengono costantemente spinti nell’inferno della tecnologia. In questo modo i piccoli tendono ad allontanarsi sempre più dalla natura e a cercare sempre meno nuove tecniche per curarla e, soprattutto, per rispettarla. In questo scenario, se il presente appare triste, ancora peggio sembrerebbe il futuro che, molto probabilmente, verrà lasciato nelle mani di giovani, ora bambini, incapaci di comprendere fino in fondo quanto è stata buona e clemente con l’uomo Madre Natura e inadatti ad impegnarsi per sfruttare le risorse naturali a loro disposizione rispettandone l’essenza. 

È per questo motivo che il team tutto italiano, precisamente romano, composto da Edoardo Capuzzo Dolcetta, Gabriele Capobianco, Davide Troiana e Jonathan Lazar per per la scuola materna di Greenwich ha pensato di presentare un progetto forte e innovativo, nato dall’intenzione di preservare l’infanzia dei bambini, ma anche la bellezza della natura. L’asilo con il suo orto didattico insegna ai piccoli umani a coltivare il giardino imparando così la reale provenienza del cibo. 

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I tre principi della scuola “agricola”

Secondo i componenti della squadra vincitrice, l’istruzione materna dovrebbe avere tre approcci paralleli: imparare dalla natura, imparare dalla tecnica, imparare dalla pratica. È soprattutto quest’ultimo principio a fare la differenza, a guidare verso una progettazione che permetta ai piccoli di comprendere, praticamente, un aspetto molto importante della vita dell’uomo, qualunque sia la sua età: la provenienza del cibo che si mangia

Il progetto Nursery Fields Forever, infatti, non prevede aule chiuse e tutte uguali tra di loro, ma ampi spazi aperti, adibiti a coltivazione di verdure e ortaggi, oltre che a pascolo per gli animali che si aggirano liberi tra una pianta e l’altra. In queste macchie verdi si inseriscono delle strutture coperte, con tetto a doppia falda, caratterizzate da ampie vetrate rivolte verso il paesaggio naturale circostante. Questi spazi sono destinati alle attività da svolgere al chiuso, quando le condizioni climatiche e le temperature non permettono di godere appieno della bellezza dell’aria aperta. 

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Imparare a coltivare a scuola: sostenibilità ambientale e sociale

La Nursery Fields Forever rappresenta un manuale di buon comportamento per i bambini nei confronti del pianeta, un memorandum su come agire rispetto a quella natura così benevola da offrire, a loro e alle famiglie, cibo da mangiare, animali da accudire, energia per sopravvivere. I bambini, infatti, oltre alle attività tipicamente agresti, come la coltivazione dell’orto e la cura degli animali, saranno introdotti anche al tema dell’energia rinnovabile. Gli allievi dell’asilo scopriranno il potere nascosto del vento e del sole, imparando il funzionamento delle turbine eoliche e dei pannelli fotovoltaici installati in loco.

Ma la Nursery Fields Forever è anche e soprattutto un progetto che punta alla sostenibilità sociale. Collaborando con i compagni nella cura di piante e animali presenti nella “scuola-fattoria”, infatti, i bambini avranno la possibilità di socializzare, di imparare l’importanza di lavorare insieme, di cooperare, di comunicare e di aiutarsi a vicenda per raggiungere un obiettivo comune, quello di coltivare la pianta o di accudire l’animale in questione.

Conseguenza diretta di questo metodo di insegnamento è la presa di coscienza, da parte dei piccoli, delle proprie capacità. Tutti possono occuparsi della natura se correttamente istruiti e disposti a dedicare il proprio tempo a questa attività. La Nursery Fields Forever vuole formare piccoli eroi, bimbi dall’autostima ben sviluppata e consapevoli dell’importanza di quello che imparano nella scuola materna.

Il progetto non è ancora stato realizzato e già piace a tutti, come dimostra la vittoria del concorso per il team che l’ha partorito, ma la speranza comune è che questi bimbi, una volta terminato l’asilo e conosciuto il mondo delle “scuole tradizionali”, non dimentichino quello che hanno imparato e che, al contrario, da adulti, ne facciano tesoro, dimostrando al mondo intero come si può iniziare a rendere migliore il modo in cui si vive già da quando si è ancora bambini.  

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Michael Reynolds per la prima scuola sostenibile in Uruguay

Riciclo, riuso e recupero sono le parole chiave che meglio descrivono i progetti Michael Reynolds, ma la sua ultima opera in Uruguay vanta un primato che la rende un modello da seguire: “Una escuela sustentable è la prima scuola completamente ecosostenibile del paese, costruita secondo i consolidati criteri della Earthship Biotecture.

In copertina: immagine da UnaEscuelaSustentable.uy

LE EARTHSHIP DI MICHALE REYNOLDS: ABITAZIONI CON PNEUMATICI E LATTINE

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Per molti Paesi nel mondo non sembrerebbe una novità la realizzazione di un edificio interamente sostenibile e autosufficiente, grazie alla capillare diffusione della progettazione secondo regole rispettose del pianeta. Per l’Uruguay, invece, la situazione è un po’ diversa. Soltanto da pochi giorni, infatti, lo stato sudamericano può vantare nel suo territorio un edificio, ancora in fase di realizzazione, sostenibile, autosufficiente e basato sul concetto del riciclo.

Una escuela sustentable è un progetto firmato dall’architetto Michael Reynolds che si fonda sulle tre “R” di Riciclo, Riuso, Recupero per dare vita ad una scuola ottenuta dall’applicazione di materiali altrimenti destinati allo smaltimento e al deperimento. Il progetto vanta la proposta della prima scuola al 100% ecosostenibile nell’Uruguay

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Michael Reynolds per la sostenibilità in Uruguay

Michael Reynolds, fondatore dell’associazione a scopo umanitario Earthship Biotecture, si reca a Jaureguiberry e decide di costruire un edificio per i bambini del luogo, così che anche loro possano avere un’istruzione adeguata e uno spazio dove potersi dedicare alle attività proprie della loro età. 

L’edificio si trova in una zona completamente rurale e, proprio per questo, ha come obiettivo quello di far crescere i bimbi a diretto contatto con la natura. Non a caso, prima di procedere alla realizzazione della scuola, il progetto è stato presentato a insegnanti, genitori e abitanti di Jaureguiberry attraverso una serie di conferenze e workshops volti a sensibilizzare la popolazione rispetto ai principi del riciclo e del riuso da applicare all’architettura. Il coinvolgimento degli abitanti della piccola cittadina di appena 500 anime, inoltre, non si è limitata all’aspetto “teorico”, ma si è esteso anche alla partecipazione attiva alla costruzione e al reperimento dei materiali costruttivi. I “rifiuti” impiegati per la realizzazione dell’edificio, infatti, sono quegli stessi rifiuti che, quotidianamente, le famiglie di Jaureguiberry producono e inviano allo smaltimento.

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I materiali di riciclo della scuola di Reynolds

Una escuela sustentable ha un’ampiezza di 270 metri quadri per ospitare ben 100 bambini all’anno. La sua struttura è costituita da pneumatici, bottiglie, lattine e cartoni riciclati abbinati a terra cruda e legno. La sua copertura prevede l’installazione di pannelli solari e di mulini del vento che permetteranno all’edificio di produrre energia elettrica e di presentarsi come un sistema completamente autosufficiente. Il progetto inserisce, inoltre, un apposito sistema di raccolta e ricircolo dell’acqua oltre ad una serra utile alla coltivazione di specie vegetali fruttifere e alla produzione di cibo. 

La costruzione dovrebbe durare circa 7 settimane, durante le quali si alterneranno gruppi di operai uruguaiani e volontari provenienti da tutto il mondo desiderosi di imparare e applicare il metodo costruttivo promosso dall’associazione di Reynolds. 

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Earthship Biotecture

Earthship Biotecture, attraverso le earthship (ovvero “navi della Terra”), si impegna a realizzare, grazie al contributo di volontari provenienti da tutto il mondo, case bio, autosufficienti ed ecosostenibili nei punti più disagiati della terra. 

L’obiettivo dell’associazione è di fornire un servizio assente nel luogo coinvolgendo le popolazioni locali e, soprattutto, sensibilizzando a quella che non è una semplice tecnica costruttiva ma un vero e proprio stile di vita. Il ricorso a materiali di scarto, infatti, è frequente nelle costruzioni di Earthship Biotecture, che punta buona parte del suo programma sulla sostenibilità economica, oltre che ambientale e sociale

Con questa nuova sfida, il progetto di Una escuela sustentable, l’associazione e, soprattutto, il suo fondatore si sono caricati di una missione speciale, che va ben oltre la semplice realizzazione di una nuova scuola: l’obiettivo è quello di dare un’opportunità migliore ai ragazzini della città, ma anche a genitori, insegnanti e abitanti tutti, offrendo loro l’occasione di imparare non soltanto dai libri che si leggono a scuola, ma anche dalla costruzione della scuola stessa. 

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FONTE IMMAGINI

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http://domusrobotica.com.ar/blog/wp-content/uploads/2015/07/1_build_0321.jpg

http://www.entornointeligente.com/images-noticias/2016/02/shaune-fraser-URUGUAY–Una-escuela-hecha-con-lo-que-la-gente-tira.jpg

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Cohousing nel bosco: vivere insieme nella natura

Vivere insieme, coabitare, condividere vita ed esperienze. Sì, ma in un bosco. A due passi da Torino è stato infatti presentato dall’associazione CoAbitare, in collaborazione con la cooperativa Sumisura, un progetto di cohousing nel bosco di Reaglie, che si pone l’obiettivo di realizzare molto concretamente un percorso di vita immerso nella natura, con momenti di collaborazione e di condivisione degli spazi e delle risorse, pur mantenendo un forte legame di vicinanza con la città poco distante.

COHOUSING: VIVERE INSIEME A BASSO IMPATTO NEL REGNO UNITO

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Il cohousing in Italia

La coabitazione in Italia è ancora una realtà marginale perché non si è ben compreso che il modo in cui una società abita non è un dogma indiscusso ma un processo in costante evoluzione. Le configurazioni architettoniche dei condomini urbani si conciliano poco con la logica del vivere partecipato; formare un gruppo di persone capaci di coabitare, richiede conoscenza, formazione e adeguamento reciproco. In uno spazio condiviso, infatti, socialità, vivibilità e sostenibilità si compenetrano e le persone si aiutano reciprocamente, compiendo scelte autonome ma orientate al bene comune.

L’associazione CoAbitare, dopo aver avviato alcune esperienze di cohousing in città, si avvia ora a questo nuovo progetto in mezzo al verde della natura.

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Il progetto del cohousing nel bosco

L’edificio è collocato in un’antica vigna del settecento e sorge in un parco di 88.000 mq, uno dei più grandi parchi privati del comune di Torino, a pochi chilometri di distanza dal centro della città. In questo modo i cohousers potranno mantenere stretti contatti con l’area urbana e creare sinergie con privati e associazioni per lo sviluppo di progetti.

L’immobile è formato da un unico corpo, con la struttura tipica della “casa di famiglia” e ha una superficie di 600 mq, suddivisi attualmente in cinque appartamenti. A questi si aggiungono circa 250 mq di locali accessori per il cohousing formati da legnaia, box, androne e magazzino che permetteranno di riorganizzare la casa in sei o sette unità abitative, con un miglioramento dell’efficienza energetica. Infine, una cantina di 70 mq, una soffitta e uno spazio da adibire a parcheggio, completano il tutto.

Uno dei responsabili dell’associazione spiega: ”A proposito degli spazi comuni coperti, l’idea attuale prevede una cucina per cene in comune, feste, ecc., un’area bimbi, uno spazio aperto ai turisti da adibire a b&b e/o per ospitare attività di associazioni, workshop, laboratori, il recupero della legnaia in cui è presente un forno per pane e pizze e uno spazio polivalente di circa 100 mq per uso interno, coworking, laboratori, cinema, bricolage”.

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Le attività all’aperto

Essere all’interno di un grande parco, principalmente collinare e boschivo, presenta molti punti di forza, sia dal lato agricolo ed energetico che per iniziative socio-culturali. Gli spazi di cohousing attorno alla casa possono accogliere orti, frutteti, vitigni e arnie, oltre ad un impianto fotovoltaico. Mentre, per quanto riguarda la socializzazione, sarà possibile fare sport, organizzare giochi e attività per bambini nel bosco, cinema all’aperto e fare grigliate.  

Un modo diverso di vivere in un bellissimo contesto naturale.  

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Progettare per gli ipersensibili: il centro terapeutico per autismo

Il centro NewYork Presbyterian ha deciso di convertire una vecchia palestra a centro per l’autismo e lo sviluppo del cervello (CADB) dove progettare spazi ambulatoriali per intervenire precocemente sui bambini autistici dai 18 mesi e diagnosticare la patologia fino all’età adulta.

Il progetto nasce dalla proficua collaborazione tra personale medico e lo studio DaSilva Architects che, per la prima volta, si è dovuto confrontare con questa tipologia di utenti ipersensibili.

ARCHITETTURA PER BAMBINI: L’APPROCCIO PEDAGOGICO PER UN CENTRO ACCOGLIENZA

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Dal punto di vista funzionale era necessario dotare l’edificio, adibito a vecchia palestra sgangherata, di una reception e di ambulatori per la valutazione di diagnosi e cura dei pazienti del centro terapeutico. Analizzando i casi di autismo in letteratura, studi hanno provato che a chi è stata diagnosticata questa patologia è più sensibile di altri alla vista, al suono e alle sensazioni derivate dall’ambiente che li circonda

L’ipersensibilità dimostrata da questi soggetti rende la progettazione delle strutture una sfida per gli architetti; una formazione preventiva sul tema è stata necessaria per poter immaginare un ambiente curativo confortevole e adattare un luogo già costruito a persone condizionabili da ciò che le circonda.

L’edificio originario, risalente al 1924, il Ginnasio Rogers, era una struttura costituita da muri in mattoni e grandi finestre con inferriate.

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Il centro terapeutico come un villaggio in cui sentirsi a casa

L’interno della palestra è stato ripensato adottando un approccio più da urbanista che da architetto: la casa di cura è stata concepita come un “villaggio del trattamento”, colorata e vivace. Gli spazi per la consulenza e le sale per i trattamenti del centro terapeutico sono stati strutturati come una serie di piccoli padiglioni luminosi all’interno dello spazio unico; gli ambienti sono connessi tra loro tramite percorsi, interrotti da spazi vuoti, come piccole piazze.

Ricreare un ambiente familiare e quanto più distante dal classico modello di ambulatorio medico è stata una precisa indicazione da parte della committenza. Si è tentato di evitare di progettare quella spiacevole sequenza di porte anonime e indistinguibili tipiche degli ambienti ospedalieri. I progettisti hanno voluto ricreare, seguendo la logica del “villaggio Disney”, “un’architettura di comunicazione più che di spazio”, come riporta Robert Venturi nel celebre Learning from Las Vegas, dando vita a una piccola cittadella ricca di elementi riconoscibili (la strada, le panchine, i parchi) per gli ipersensibili.

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Ogni stanza, in cui è prevista l’attività di analisi del centro, è stata progettata in modo flessibile per essere utilizzata da bambini, adolescenti e adulti. I volumi in cui si svolgono le terapie rivolte agli ipersensibili rispecchiano tre diverse figure tridimensionali, con tetti, porte e finestre che si aprono a zone di circolazione comune all’interno del più ampio spazio giorno illuminato. Colore, dimensione, forma, struttura e luce sono elementi giocati magistralmente per creare spazi adatti ai pazienti affetti da autismo e alle loro famiglie.

A soffitto è stato ricreato un cielo artificiale con nuvole e tutto l’interno ricrea un paesaggio esterno, quasi un “giardino della guarigione“, comprensivo di parchi, panchine e giardini.

L’acustica, la luce e la forma nel progetto

Il segreto della riuscita del progetto è stato l’attenzione a tre aspetti: l’acustica, la luce e la forma, con un uso sapiente dei materiali.

Dal punto di vista acustico sono stati escogitati tanti piccoli trucchi per rendere l’ambiente più confortevole. Sono state accuratamente eliminate le luci fluorescenti, che emanano un fastidioso ronzio e solitamente agitano molto i soggetti affetti da autismo.
Per tentare di attutire l’effetto di disturbo provocato dal rumore dei passi e distrazioni esterne, DaSilva Architects hanno inserito materiali che rendessero gli ambienti insonorizzati, utilizzando moquette e pannelli fonoassorbenti alle pareti. Nelle zone bagno, dove la moquette sarebbe stata antigienica, sono stati posati pavimenti in gomma morbida per uniformarsi agli altri locali.

Si è intervenuto gli impianti, in modo che non influissero negativamente sull’involucro insonorizzato: i progettisti hanno deciso di trasferire condizionatori, caldaie e ventilazione in una capanna collegata all’edificio, in modo da isolare la casa di cura dai rumori delle macchine.

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Nelle aree di passaggio, le “piazzette”, create tra un padiglione e l’altro, gli architetti hanno proposto pavimentazioni in sughero per smorzare il rumore del calpestio.

L’illuminazione, importante in qualsiasi spazio, per i pazienti ipersensibili del CADB può diventare motivo di malessere. Per alcune persone affette da autismo, infatti, la luce è un problema di tono: non può essere troppo calda, troppo fredda, troppo luminosa, troppo debole, troppo dura, troppo artificiale, o addirittura troppo naturale. Ha bisogno di essere ben bilanciata.

Per il centro terapeutico CADB, DaSilva Architects ha scelto di illuminare lo spazio con una miscela di fonti naturali e artificiali. Anche se la letteratura mette in guardia dalla troppa luce naturale in ambienti dedicati all’autismo, per non fornire distrazioni all’utente, le enormi finestre dell’edificio del Rogers Gymnasium, tuttavia, si trovavano più in alto rispetto al piano dell’osservatore, e questo non disturba gli utenti, beneficiando di una luce non diretta senza distrarre i pazienti con ciò che accade al di fuori. Per l’illuminazione artificiale, DaSilva Architects ha deciso di evitare l’uso totale di luci d’ambiente come quelle che si trovano in molti uffici, preferendo un variegato mix di fonti, installando sia plafoniere che fari che illuminano lateralmente. Tutte queste lampade possono essere oscurate nel caso in cui un paziente ne sia infastidito. Il risultato è un centro più simile a un salotto che a una casa di cura.

Proprio come succede per il suono, il rumore e la luce, molti di questi utenti sono ipersensibili alla forma degli oggetti. Un paziente potrebbe essere attratto da superfici scivolose, lucide, mentre un altro potrebbe trovare una superficie leggermente abrasiva insopportabile al tatto. Per contemplare il più ampio ventaglio di possibilità, la struttura del CADB presenta tessuti e materiali naturali, come sughero, gomma, porcellana, e lana. 

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Il centro terapeutico CADB dimostra che se non si possono eliminare i fastidi che l’ambiente provoca nella mente delle persone affette da autismo, almeno, concentrando la propria attenzione su chi fruirà ciò che si progetta, si può provare a rendere lo spazio di cura più confortevole agli ipersensibili.

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